domenica 28 ottobre 2018

Exit poll con facebook, provinciali 2018 Trentino

In questo articolo voglio esporre un interessante esperimento fatto in occasione delle elezioni provinciali 2018 nella provincia autonoma di Trento.

Mi sono chiesto se ci fosse una correlazione tra il successo delle pagine facebook dei principali partiti in lizza e il risultato elettorale.

Le previsioni di voto sono state pubblicate la sera del 21 ottobre, subito dopo la chiusura dei seggi, su un profilo Twitter in modo da certificare data e ora del post.
previsioni di voto pubblicate su twitter

Le previsioni basate sul monitoraggio facebook si sono dimostrate molto vicine al risultato elettorale: dato con molte sorprese e quindi non facilmente prevedibile.

La coalizione del centro destra, prevista vincitrice, ha invece stravinto;
il centro sinistra è crollato decisamente,
il PATT ha tenuto e il Movimento 5 Stelle ha ottenuto un risultato deludente.

Ecco la tabella di raffronto:
Previsione dunque verosimile per i primi 4 raggruppamenti. Le intenzioni di voto sono state previste partendo da Facebook...
Sarà stato un caso?

Comunque sia espongo anche la tabella di dettaglio che ho utilizzato per elaborare le previsioni.
 All'interno della coalizione di centro destra, pur prevedendo il risultato complessivo, si sono registrate differenze nei vari partiti.

In particolare il risultato della Lega era sottostimato di molto mentre erano sovrastimati i movimenti più piccoli.
Probabilmente nell'ambito del centro destra si è verificata una redistribuzione dei voti a vantaggio della Lega. 
In queste elezioni provinciali la correlazione tra interesse sui social ed orientamento politico al voto si è verificata. 

Per gli appassionati di calcoli statistici allego anche la tabella originaria con i dati Facebook. 




sabato 27 ottobre 2018

Il Vangelo con commento di domenica 28 ottobre 2018.

Duomo di Modena. 
Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!».

Quando leggiamo i vangeli dobbiamo sempre tener presente che cosa sono.
Gli evangelisti non intendono tanto trasmetterci dei fatti, ma delle verità. La loro non è una cronaca, ma una teologia.

Il Vangelo con commento nel seguito.

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 10, 46-52) 

In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!».
Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.
Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.

Il commento al Vangelo. 

Quando leggiamo i vangeli dobbiamo sempre tener presente che cosa sono. Gli evangelisti non intendono tanto trasmetterci dei fatti, ma delle verità. La loro non è una cronaca, ma una teologia. Quindi non riguarda la storia, ma riguarda la fede.
Ecco perché i vangeli sono sempre attuali per la vita del credente e delle comunità. Ma se si vuole dai vangeli ricostruire il fatto storico veramente avvenuto, questo è pressoché impossibile. Ad esempio nel brano del vangelo di Marco che oggi commentiamo, cap. 10, versetti 46-52, l’evangelista ci racconta che Gesù guarisce un cieco.
Ma nello stesso identico episodio nel vangelo di Matteo i ciechi sono due. Allora se vogliamo sapere storicamente quanti fossero questi ciechi, erano due come ci scrive Matteo o uno come ci scrive Marco? Non lo possiamo sapere, ma la verità che ci trasmettono sia Matteo che Marco è identica. Vediamola.
Marco scrive: Giunsero a Gerico. E’ l’ultima città prima di iniziare la salita a Gerusalemme dove Gesù sarà assassinato. E mentre Gesù partiva da Gerico insieme ai suoi discepoli e a molta folla. Qui c’è una presentazione alquanto bizzarra di un individuo.
Marco scrive: il figlio di Timèo, Bartimèo. Bartimeo non è il nome del figlio di Timeo, significa “figlio di Timeo” in lingua aramaica. Quindi l’evangelista per due volte ripete “figlio di Timeo”. Perché questa ripetizione? Gesù nella sinagoga di Nazareth aveva detto che nessun profeta è accetto in patria, ma è disonorato, disprezzato.
Timèo significa “onore”; “figlio”, nella cultura ebraica non indica tanto colui che nasce dal padre, quanto colui che gli assomiglia nel comportamento. Allora figlio di Timèo è l’onorato, colui che ambisce ad essere apprezzato dalla gente, mentre Gesù è disprezzato.
Il fatto che l’evangelista lo ripeta due volte indica che anche lui, come Matteo, nella figura del cieco intende raffigurare – simbolicamente s’intende – i due discepoli Giacomo e Giovanni che, accecati dalla loro ambizione e dalla loro vanità – Gesù aveva detto in precedenza Avete occhi e non vedete – avevano chiesto a Gesù i posti più importanti.
Quindi questo cieco è immagine dei due discepoli. Sedeva lungo la strada. “Lungo la strada” richiama la parabola del seminatore e il seme gettato lungo la strada è quello che non arriva ad attecchire. Perché, commenterà poi Gesù, arriva il satana, che è immagine del potere, e subito lo toglie. Quindi chi ha desiderio di supremazia, di ambizione per superare gli altri, è refrattario al messaggio di Gesù.
Ascolta le sue parole, ma queste non arrivano nel suo cuore. Come Giacomo e Giovanni che hanno ascoltato l’annunzio della passione di Gesù e poi gli vanno a chiedere invece i posti più importanti. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare, come in questo vangelo grida il posseduto nella sinagoga, e a dire, ecco il motivo della cecità, “Figlio di Davide”.
Per lui Gesù è il Figlio di Davide. Abbiamo detto che “figlio” significa colui che assomiglia al padre. Ebbene l’attesa popolare del messia era che fosse il figlio di Davide, cioè si comportasse come il re Davide, il grande re che, attraverso un bagno di sangue, attraverso la violenza, conquistò il potere e riunì le 12 tribù.
Questa è l’attesa del popolo e l’attesa purtroppo anche dei discepoli. Loro non seguono il figlio di Dio, ma il figlio di Davide, ed è questo il motivo per cui sono ciechi. “Abbi pietà di me”, cioè vieni in soccorso alla nostra situazione di sottomissione ai romani.
“Molti li rimproveravano”, esattamente come per i posseduti dagli spiriti impuri, sono coloro che collaborano con Gesù, ma egli gridava ancora più forte: “Figlio di Davide”. Ecco il motivo della sua cecità, lui non segue il figlio di Dio, ma il figlio di Davide.
Gesù si fermò, ma lui non si avvicina al cieco; deve essere il cieco ad avvicinarsi a Gesù e seguirlo nella sua strada. E per ben tre volte appare il verbo “chiamare”. “Chiamare” significa che questo cieco, esattamente come Giacomo e Giovanni e gli altri discepoli, sono lontani da Gesù, lo accompagnano ma non lo seguono. “Chiamatelo”. Chiamarono il cieco, dicendogli: “Coraggio! Alzati, ti chiama!”
E inizia la conversione dei discepoli raffigurata nelle azioni del cieco. Egli, gettato via il suo mantello, il mantello indica la persona, e gettare via il mantello indica la conversione, la rottura con l’ideologia che lo aveva animato, balzò in piedi e venne da Gesù.
Come ho detto non è Gesù che va verso il cieco, ma è il cieco che deve andare verso Gesù e lo deve seguire nel suo itinerario verso Gerusalemme. Allora Gesù gli disse … E qui l’evangelista riporta la stessa domanda che Gesù ha fatto a Giacomo e Giovanni. Quindi si vede chiaramente la relazione tra i due episodi . “Che cosa vuoi che io faccia per te?” A Giacomo e Giovanni Gesù aveva chiesto: che cosa volete che io faccia per voi?
E il cieco gli rispose: “Rabbunì”. Non lo chiama più figlio di Davide, ma gli si rivolge con un termine rispettoso con il quale ci si rivolgeva a Dio, Rabbunì, che è differente da Rabbi. Rabbi, maestro, veniva adoperato per le persone, Rabbunì soltanto per Dio.
Quindi il cieco comincia a vedere. Capisce che Gesù non è il figlio di Davide, ma il figlio di Dio. “Che io veda di nuovo!” Quindi non era nato cieco, c’era un periodo in cui vedeva. E’ stata l’ideologia che lo ha accecato. Allora chiede di tornare a vedere.
Gesù non compie nessun gesto, nessuna azione nei confronti del cieco. Gesù gli disse: “Va’ la tua fede ti ha salvato”. Riconoscere in Gesù il figlio di Dio anziché il figlio di Davide è quello che salva l’individuo. E subito vide di nuovo, quindi è tornato a vedere, e lo seguiva nella strada. Quindi di nuovo si mette al seguito di Gesù come Gesù aveva invitato i suoi discepoli a fare.
La strada è quella verso Gerusalemme dove Gesù incontrerà la sua passione e la sua morte.

sabato 20 ottobre 2018

Il Vangelo con commento di domenica 21 ottobre 2018.

Chiesa di S. Andrea - Toscolano Maderno (BS). 
... Quindi questi rapporti tra superiori e inferiori, tra chi comanda e chi ubbidisce, non fanno parte della comunità cristiana.
... E poi Gesù dice: “Chi vuol diventare grande …”, quindi Gesù ammette l’ambizione alla grandezza, che però si manifesta attraverso il servizio.
“Tra voi sarà vostro servitore”. 

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 10, 35-45)

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra».
Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Il commento al Vangelo.

Dio è amore che si mette a servizio degli uomini. E cerca uomini che lo accolgono per fondersi con loro e farli diventare l’unico vero santuario dal quale si irradia il suo amore, al sua compassione e il servizio all’umanità.
L’ostacolo all’accoglienza di questo amore nei vangeli si chiama “ambizione”, “vanità”. Ambizione e vanità, che specialmente nelle persone religiose, diventano degli handicap. Infatti le rendono cieche e sorde all’annunzio del Signore. E’ quello che l’evangelista ci vuole insegnare con questo brano del vangelo di Marco, cap. 10, versetti 35-45.
Nonostante che Gesù per la terza volta – nel linguaggio biblico il numero tre significa “completamente, pienamente” – abbia annunziato qual è il suo futuro, cioè la morte a Gerusalemme per mano del potere religioso e civile, due discepoli, Giacomo e Giovanni si avvicinano a lui. In realtà non gli sono vicini, lo accompagnano, ma non lo seguono.
Si avvicinano per cosa? Gli dicono: “Vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo”, quasi con arroganza espongono questa loro esigenza. E cosa vogliono? Vogliono i posti d’onore. Gesù ha detto che a Gerusalemme sarà ammazzato, ma l’ambizione e la vanità – come abbiamo detto – rendono le persone cieche e sorde.
Lo chiamano Maestro, ma non lo ascoltano. Vogliono i posti più importanti.
E Gesù li tratta da ignoranti, dice che non sanno quello che chiedono. “Potete bere il calice che io bevo”, il calice in questo caso è indice di sofferenza, di dolore, di morte, “o essere battezzati” … il battesimo significa “essere immersi” nella prova nella quale Gesù sarà sottoposto. E loro con arroganza rispondono: “Lo possiamo”.
Di fatto Marco poi scriverà al momento della cattura di Gesù “Tutti allora abbandonatolo fuggirono”. Infatti Gesù dice: “Sì anche voi passerete la prova che io passo, “anche voi berrete a questo calice”, e sarete travolti da questi avvenimenti” ma in senso negativo.
Infatti soccomberanno tutti quanti al momento della prova. Ebbene la richiesta dei due discepoli provoca l’indignazione degli altri dieci, non perché si scandalizzino, ma perché tutti ambivano agli stessi posti d’onore e quindi l’ambizione di pochi suscita la divisione nella comunità, divisione che può portare alla morte.
Allora ecco l’importante insegnamento di Gesù. Gesù li deve chiamare, e se li chiama è perché gli sono lontani, prende l’esempio dei governanti e l’opinione che Gesù ha è molto negativa, dice “Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano”, cioè spadroneggiano, “ su di esse e i loro capi le opprimono”, letteralmente impongono la loro autorità.
Ebbene Gesù per tre volte afferma: “Tra di voi però non sia così”. Qualunque imitazione delle strutture di potere, di obbedienza, di sottomissione, che esistono all’interno della società e vengono poi fatte rinascere nella comunità cristiana, vanno eliminate. Sono tutte sospette e non appartengono a Gesù e al suo messaggio.
Quindi questi rapporti tra superiori e inferiori, tra chi comanda e chi ubbidisce, non fanno parte della comunità cristiana. Quindi Gesù è molto chiaro. “Tra voi però non è così”. E poi Gesù dice: “Chi vuol diventare grande …”, quindi Gesù ammette l’ambizione alla grandezza, che però si manifesta attraverso il servizio.
“Tra voi sarà vostro servitore”. Servire, per Gesù, non diminuisce e non toglie la dignità dell’uomo, ma è ciò che gli conferisce la vera grandezza. Quindi il servizio è quello che dà all’uomo la vera grandezza. Naturalmente un servizio perché si è obbligato, perché in tal caso è un servizio che umilia. Il servizio che volontariamente viene esercitato per amore dell’altro, mettere quello che io ho a disposizione dell’altro, per comunicargli vita.
E Gesù continua: “Chi vuol essere il primo”, quindi Gesù non esclude la possibilità per alcuni di essere il primo, laddove il primo significa il più vicino a lui. “Chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti”. Lo schiavo in quella cultura, in quella società, era il livello più infimo. Quindi Gesù ammette grandezza, ammette anche l’essere primi, ma come si arriva a questa grandezza, ad essere i più vicini a lui?
Attraverso il servizio reso per amore agli altri e accettando di essere considerati gli ultimi della società. Perché? Ed ecco la grande rivelazione di Gesù, in una cultura e in una religione, come in tutte le altre in cui le divinità pretendevano di essere servite dagli uomini, “Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”.
Questo è il Dio di Gesù. Il Dio di Gesù non è un Dio che chiede, ma un Dio che dona, non è un Dio che chiede agli uomini di servirlo, ma è lui che si mette a servizio degli uomini. E gli uomini che accolgono questo servizio, trasportati dall’onda di questo amore che si traduce in comunicazione di vita, di opere, si mettono anche loro a servizio degli altri, moltiplicando così l’azione creatrice del padre.

domenica 14 ottobre 2018

Il Vangelo con commento di domenica 14 ottobre 2018.

Chiesa di San Michele - Priò (TN). 
La vera ricchezza non è possedere ma donare... 

Il Vangelo con commento nel seguito.

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 10, 17-30)

In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”».
Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.
Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».
Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà».

Il commento al Vangelo.

Nel Vangelo di Marco. ogniqualvolta l’evangelista adopera il termine “strada”, è sempre per indicare la semina infruttuosa. E’ il seme che viene gettato, ma vengono gli uccelli.
Immagini che poi Gesù aveva commentato come il Satana che prende il messaggio. Il Satana è l’immagine del potere, della ricchezza, di tutto quello che impedisce l’accoglienza del messaggio di Gesù. Il brano che oggi commentiamo comincia proprio con “mentre andava per la strada”. Quindi l’evangelista ci dice già che la semina sarà infruttuosa.
“C’è un tale”, l’evangelista non ci dice chi sia, “che gli corre incontro e si getta in ginocchio”. In questo Vangelo sono due i personaggi che hanno queste caratteristiche: uno che corre incontro a Gesù, che è l’indemoniato di Gerasa (Mc 5,6), cioè la persona posseduta da qualcosa di più forte di lui, prigioniero, e l’unico che si mette in ginocchio davanti a Gesù è il lebbroso (Mc 1,40), che veniva considerato un escluso da Dio.
Quindi l’evangelista ci vuole dire che questo personaggio è prigioniero di qualcosa che è più forte di lui, e in qualche maniera è escluso da Dio. Ebbene questo tale, angosciato, si rivolge a Gesù chiedendo cosa deve fare per avere la vita eterna.
E Gesù, nella sua risposta, lo rimanda a Dio, ai comandamenti di Dio e non enumera tutti i comandamenti – i comandamenti erano divisi in due parti, la prima riguardava gli obblighi assoluti nei confronti di Dio, ed erano esclusivi di Israele, l’altra il comportamento e i doveri nei confronti degli uomini ed erano comuni a tutte le culture del tempo.
Ebbene Gesù elimina la prima parte, quindi per la vita eterna non importa la relazione che si è avuta con Dio, ma soltanto i doveri nei confronti degli altri. E, della seconda parte, ne enumera cinque, più un precetto. “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso” – testimoniare il falso no significa dire una bugia, ma era la menzogna che spediva l’accusato alla morte, quindi la falsa testimonianza che poi causa la morte dell’imputato, com’è successo per Gesù – e qui l’evangelista ci infila “non frodare, non imbrogliare”. Era un precetto tratto dal Libro del Deuteronomio, che si rivolgeva ai datori di lavoro, non imbrogliare il tuo salariato, ma la sera stessa dagli la sua paga.
Quindi l’evangelista insinua che in questo individuo che si avvicina a Gesù ci sia questo problema. E “onora il padre e la madre” – onorare significa il mantenimento economico, era disonorevole lasciare i genitori nell’indigenza. Questo individuo si riempie la bocca dalla contentezza perché aveva osservato tutto quanto fin dalla giovinezza.
Dice “«maestro, tutte queste cose” - la lingua greca fa vedere che si riempie proprio la bocca, questo individuo dice tàuta pànta, sentiamo proprio un’espressione che riempie la bocca - “le ho osservate fin dalla giovinezza». Allora Gesù lo fissò” – fissare un individuo significa penetrare dentro la sua vera realtà – lo sguardo di Gesù è sempre volto a una comunicazione di vita, d’amore - e gli disse … Gesù non dice come a volte i traduttori riportano “una sola cosa ti manca”, come se mancasse la ciliegina sulla torta, sei tanto bravo, guarda adesso fai un altro passo, Gesù dice “uno ti manca”.
Nella loro cultura quando mancava “uno”, mancava tutto; allora Gesù gli dice “non hai niente”.
Perché “non hai niente”? Perché vedremo in questa narrazione che l’individuo era ricco. E infatti Gesù dice: “quello che hai dallo ai poveri e poi avrai un tesoro in cielo”, cioè Dio sarà la tua sicurezza.
E’ andato da Gesù per avere di più, e Gesù invece lo invita a dare di più.
“«E poi vieni e seguimi». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò via rattristato. Possedeva infatti molti beni”. Ecco perché l’evangelista ci ha presentato questo individuo che corre, come l’indemoniato. E’ posseduto. Lui credeva di possedere i beni, in realtà ne era lui posseduto.
Dai Vangeli si comprende che si possiede soltanto quello che si dona, quello che si trattiene per sé, non si possiede, ma ci possiede. L’uomo pensava di possedere i beni, in realtà ne era lui posseduto. E quindi non gli ha fatto bene incontrare Gesù; ha incontrato Gesù angosciato e se ne va via rattristato.
Vediamo adesso la reazione dei discepoli alla radicalità di Gesù. Loro rimangono sconcertati dal fatto che Gesù metta come condizione al ricco, per entrare nel Regno di Dio, cioè nella comunità cristiana, di abbandonare tutte le sue ricchezze.
Allora Gesù, vedendo questo sconcerto, si rivolge ai suoi discepoli e conferma che - per i ricchi, s’intende - “è difficile entrare nel Regno di Dio”, perché i discepoli, per il fatto di aver accolto Gesù e il suo messaggio, sono già nel Regno di Dio. Quindi Gesù non sta indicando quanto sia difficile in linea generale, ma quanto lo sia per i ricchi. Perché?
Nel Regno di Dio c’è posto per i signori, ma non per i ricchi. Il signore è colui che dà, mentre il ricco è colui che ha e trattiene per sé. E quindi Gesù fa l’esempio popolare del cammello e della cruna dell’ago, per indicare l’impossibilità del ricco, perché la comunità di Gesù è il luogo della generosità
Ebbene, di fronte alla conferma di Gesù, alla sua radicalità, c’è lo sconcerto dei discepoli che, ancora più stupiti, si dicevano: “E chi potrà essere salvato?” Qui non si intende la salvezza eterna, perché abbiamo già visto che anche il ricco, se si comporta onestamente, rettamente, basta che osservi i comandamenti, e neanche tutti; non importa dei doveri verso Dio, ma di quelli con i doveri verso il prossimo, anche lui ha la vita eterna.
Qui la salvezza non riguarda la vita eterna. Il verbo greco tradotto con “salvare” significa “sostenere, fuggire da un pericolo”.
Cioè il ragionamento dei discepoli è questo: se a un ricco, che poteva entrare nel gruppo, gli metti come condizione di disfarsi di tutte le sue ricchezze, noi come andiamo avanti, come ci manteniamo? E’ questo il problema sollevato dai discepoli.
“Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio!»” Gli uomini pensano che la felicità consista nell’avere sempre di più, Gesù, che è Dio, insegna che la felicità, la vita, consista nel dare, non nell’avere. Più si dà e più si acquista la capacità, da parte di Dio, di dare agli uomini.
E qui c’è la reazione di uno dei discepoli che viene presentato con il soprannome negativo, Simone, chiamato Pietro, quindi quando c’è soltanto il soprannome negativo indica che è all’opposizione di Gesù. Infatti contesta: “Ecco, noi abbiamo lasciato tutto” – che poi si vedrà non è neanche vero – “e ti abbiamo seguito”.
C’è un problema: Pietro segue Gesù, almeno lui crede, ma non lo accompagna, cioè non ha fatto propri gli ideali di Gesù. Ebbene, ecco la risposta di Gesù “In verità” – quindi è un’affermazione solenne che va al di là della risposta a Pietro, ma riguarda la comunità dei credenti di tutti i tempi – “non c’è nessuno che ha lasciato casa”, e poi qui c’è una contrapposizione, “o fratelli, o sorelle, o madre, o padre, o figli, o campi”, non c’è una congiunzione e…, e…, e…
Gesù per seguirlo non chiede di lasciare tutto, ma di lasciare soltanto quello che impedisce la piena libertà dell’uomo. Se è la casa – casa significa il patrimonio familiare -, se sono i fratelli, se sono le sorelle, o il padre o la madre … quindi se c’è uno di questi impedimenti, lascialo, abbandonalo, perché ti impedisce la pienezza di vita.
Questo abbandono deve essere fatto per causa di Gesù e per causa del Vangelo, è questo il problema di Simone. Simone segue Gesù, ma non ha capito ancora la Buona Notizia di Gesù, quest’amore universale che va concesso a tutti quanti.
Ebbene Gesù assicura “che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto” – cento volte tanto indica una benedizione da parte di Dio e, mentre si lascia soltanto la o la casa, o i fratelli o le sorelle, la benedizione è complessiva, “cento volte” – “in case” – e qui c’è la congiunzione - “e fratelli e sorelle e madri e figli e campi”.
C’è una sparizione, tra gli impedimenti da lasciare c’era il padre, ma il padre ora non si ritrova tra le benedizioni. Il padre indica l’autorità, colui che comanda, viene abbandonato e non lo si ritrova nella comunità cristiana, non c’è nessun padre nella comunità se non il Padre dei cieli. E il Padre dei cieli non governa gli uomini emanando leggi che questi devono osservare, ma comunicando loro interiormente il suo Spirito.
Insieme a questo ci sono le persecuzioni, ma, aggiunge Gesù, “e la vita eterna”. Cioè le persecuzioni che possono sopraggiungere, non impediscono la pienezza di vita, la vita quella che è eterna.

sabato 6 ottobre 2018

Il Vangelo con commento di domenica 7 ottobre 2018.

Levico Terme. 
Il matrimonio significa aver trovato in un’altra persona una sicurezza ancora più grande del proprio padre e un amore incondizionato più forte della propria madre. Quando c’è questo si ha il coraggio di lasciare la famiglia di origine ed unirsi a un’altra persona, al partner, e diventare una sola carne, cioè una sola realtà.

Il Vangelo con il commento nel seguito.

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 10, 2-16)

In quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla».
Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto».
A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».
Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.

Il commento al Vangelo.

Il verbo “tentare”  appare nel Vangelo di Marco al suo inizio (1,13), nell’episodio delle tentazioni del deserto, dove Gesù appare tentato da Satana e poi, nel corso del Vangelo, sempre in bocca ai farisei (8,11), una volta con gli erodiani. Sono loro, i fanatici difensori dell’ortodossia, gli zelanti custodi della tradizione, gli strumenti del Satana. E questa è l’accusa che fa l’evangelista.
Vediamo questo episodio.
Alcuni farisei si avvicinano a Gesù per tentarlo. Perché per tentarlo? Perché vedono che Gesù sta prendendo le distanze dalla legge e vogliono trovare uno strumento per poterlo accusare e poi condannare a morte. Già i farisei, insieme agli erodiani, avevano deciso di dover eliminare Gesù.
Quella che chiedono a Gesù è una cosa ovvia e risaputa, “Se è lecito a un marito ripudiare la moglie”. Chiaro che sì, tutta la tradizione religiosa, avallata dalla Parola di Dio, lo permetteva. Ebbene Gesù prende le distanze e dice “che cosa vi ha ordinato Mosè?” Gesù, da ebreo, avrebbe dovuto dire “che cosa ci ha comandato Mosè”; Gesù prende le distanze.
Il Dio di Gesù è un Dio-amore e l’amore non si può formulare attraverso delle leggi, ma soltanto attraverso delle opere che comunicano vita. Ecco perché Gesù prende le distanze.
E la risposta che loro danno è presa dal libro del Deuteronomio al cap. 24 (v. 1), che dice che Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla. Ebbene, Gesù anche qui prende le distanze e li accusa “per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma” . Per Gesù non tutto quello che è scritto nella legge, al quale si attribuisce autorità divina, ce l’ha realmente; in parte è cedimento a perverse reazioni umane.
Quello che sta dicendo Gesù è grave perché era prevista la pena di morte per chi osava affermare che anche una sola parte della legge non era stata pronunciata o voluta da Dio, ma era Mosè che l’aveva scritta. Ebbene, per Gesù la legge scritta non sempre riflette la volontà di Dio, e per questo non ha valore duraturo e permanente.
E Gesù non si rifà al Dio legislatore, il Dio di Mosè, ma al Dio della creazione, e cita il Libro della Genesi (1,27; 2,24), dove c’è scritto che l’uomo, fatto maschio e femmina - la creazione - “l’uomo lascerà suo padre e sua madre perché si unirà a sua moglie, e i due diventeranno una sola carne”. Questo è il significato del matrimonio.
Il padre, in tutte le culture, indica colui che dà la sicurezza, la protezione, la madre è l’amore incondizionato; ebbene, il matrimonio significa aver trovato in un’altra persona una sicurezza ancora più grande del proprio padre e un amore incondizionato più forte della propria madre. Quando c’è questo si ha il coraggio di lasciare la famiglia di origine ed unirsi a un’altra persona, al partner, e diventare una sola carne, cioè una sola realtà.
Per questo dice Gesù che non si può dividere. Due persone si possono dividere, ma quando si è uno solo, non ci si può dividere, a meno di non mutilarsi.
Ebbene, i discepoli, naturalmente, non sono d’accordo con questa visione restrittiva di Gesù e “in casa lo interrogano su questo argomento”. E Gesù lo conferma perché lui prende sempre le difese della parte più debole, quindi si mette sempre dalla parte più debole. In questo frangente, gli presentano dei bambini, dei ragazzini, e i discepoli lo rimproverano perché non vogliono che Gesù accolga anche queste persone che sono considerate le nullità della società, e quindi qui si permette a Gesù di fare una dichiarazione importantissima.
“Non glielo impedite. A chi è come loro, infatti, appartiene il Regno di Dio”. I bambini, i ragazzini, a quell’epoca erano esseri insignificanti, gli ultimi della società, allora a questi discepoli, che sono animati dal desiderio di ambizione, di essere i più grandi, Gesù ricorda che il Regno di Dio, cioè la comunità dove Dio governa gli uomini è proprio quella degli ultimi della società. Quindi quelle persone che vengono considerate gli ultimi, sono in realtà i primi ad entrare nel Regno del Signore.