sabato 29 giugno 2019

Il Vangelo con commento di domenica 30 giugno 2019.

Il sentiero di San Francesco - Campo Tures (BZ). 
Ad un altro è Gesù stesso che rivolge l’invito, gli dice: “Seguimi”.
Perché? Perché gli è morto il padre, che rappresenta la tradizione.

Ma a costui che vuole seppellire il padre, cioè venerare questa tradizione, Gesù replica:
“Lascia che i morti seppelliscano i loro morti”. 

Quindi la tradizione è un mondo di morti che va gestito dai morti, ma la persona che accoglie Gesù deve aprirsi completamente alla novità.

Il Vangelo con commento nel seguito.

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 9, 51-62)

Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé.
Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio.
Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».
A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio».
Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio».

Il commento. 
   
    Per comprendere il messaggio degli evangelisti bisogna rifarsi alla loro lingua e alla loro cultura. C’è un’espressione che troviamo nell’Antico Testamento che è «volgere la faccia verso qualcuno», che indica ostilità. Per esempio, nel libro del profeta Geremia si legge: “volgo la mia faccia contro questa città”, e la città è Gerusalemme.
    Oppure nel libro del profeta Ezechiele a cui vedremo che l’evangelista si riferisce, il Signore dice: “Figlio dell’Uomo volgi la faccia verso Gerusalemme e parla contro il suo santuario”. Sapendo questo, vediamo di comprendere il messaggio dell’evangelista.
    “Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe levato in alto – l’evangelista annunzia già la morte, però allo stesso tempo l’esaltazione di Gesù – Gesù prese la ferma decisione”, letteralmente l’evangelista scrive “indurì il suo volto”. Si rifà a questa espressione che abbiamo detto prima «volgere la faccia contro qualcuno», quindi l’atteggiamento di Gesù è ostile. Non solo, l’evangelista dice “anche lui indurì il suo volto”.
    Il riferimento a chi è? Il riferimento è a Ezechiele, il Figlio dell’uomo che ha vòlto la sua faccia contro Gerusalemme, contro il suo santuario. “E si mise in cammino verso Gerusalemme”; Gerusalemme viene citata come Ierusalem, che indica la città sacra, l’istituzione religiosa, non come Ierosolima, che indica la città geografica.
    Quindi Gesù prende la decisione di andare a scontrarsi con il centro dell’istituzione religiosa e giudaica. “E mandò messaggeri”, il termine greco è «angelo», che vuol dire messaggero, “davanti”, ma non «davanti a sé». L’evangelista scrive letteralmente “davanti al suo volto”, cioè questo volto indurito, questo volto che promette uno scontro con l’istituzione religiosa.
    “Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani”: sappiamo che tra Samaritani e giudei non correva buon sangue, anzi se le davano di santa ragione, ma i Samaritani in questo vangelo, quello di Luca, fanno sempre un’ottima figura, vengono sempre presentati sotto una buona luce.
    “Per preparargli l’ingresso. Ma essi non vollero riceverlo”. Perché non l’hanno voluto ricevere? Lo dice l’evangelista: “Perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme”. Ma i messaggeri non hanno detto come, hanno solo detto che è in cammino verso Gerusalemme; sembra il Messia che fa il suo ingresso trionfante a Gerusalemme, acclamato come il figlio di Davide, prende il potere e poi sottomette tutti i popoli pagani e, in questo caso, anche la sottomissione dei Samaritani.
    Ecco perché i Samaritani non vogliono riceverlo, “ma come, vai a Gerusalemme per prendere il potere e poi rivolgerti contro di noi, è chiaro che noi ti sbarriamo la porta!”
    Ma i messaggeri non hanno detto che Gesù va “contro Gerusalemme”, hanno usato questa espressione “indurire la faccia”. “Quando videro ciò i discepoli Giacomo e Giovanni… – Giacomo e Giovanni vengono messi in risalto dall’evangelista per il loro fanatismo, il loro zelo: nel vangelo di Marco vengono chiamati «figli del tuono» –, …dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?»”
    Questa è una citazione del profeta Elia. Il profeta Elia è colui che aveva tanto zelo per Dio, il profeta terribile che castigava i suoi nemici, che faceva piovere fuoco dal cielo e castigava i suoi nemici. “Gesù si voltò e li rimproverò”, li sgridò. Il verbo è quello usato per i demoni; quindi Gesù pensa che sono come posseduti da questa ideologia fanatica, religiosa, nazionalista, che impedisce loro di comprendere il piano del progetto di Dio. “E si misero in cammino verso un altro villaggio”, quindi siamo in Samaria. La reazione di Gesù all’atteggiamento dei discepoli è che questa volta chiama al suo seguito addirittura dei Samaritani e saranno quelli che poi porteranno con successo il suo messaggio.
    La reazione di Gesù è chiamare proprio i Samaritani, sui quali invece Giacomo e Giovanni volevano far scendere il fuoco dal cielo. E l’evangelista qui ci presenta tre personaggi anonimi – il numero tre secondo lo stile di Luca rappresenta la totalità – ai quali Gesù chiede una rottura radicale con il passato, per la casa, la famiglia e, soprattutto, con il padre che rappresentava la tradizione.
    Al primo – camminavano per la strada – della Samaria che si dichiara disposto a seguire Gesù, egli dice: “le volpi e gli uccelli” che erano considerati gli animali più insignificanti ed inutili. Gli esseri più inutili hanno un rifugio, “ma il Figlio dell’uomo”, che è questo uomo che realizza in sé il progetto divino, “non ha dove posare il capo”, quindi significa la totale emarginazione, incomprensione.
    Ad un altro è Gesù stesso che rivolge l’invito, gli dice: “Seguimi”. Perché? Perché gli è morto il padre, che rappresenta la tradizione. Ma a costui che vuole seppellire il padre, cioè venerare questa tradizione, Gesù replica: “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti”, quindi la tradizione è un mondo di morti che va gestito dai morti, ma la persona che accoglie Gesù deve aprirsi completamente alla novità.
    Lo stesso per l’ultimo che dice: “Ti seguirò, Signore, ma permetti che io mi congedi da quelli di casa mia”. Gesù dice: “Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è degno del regno di Dio”.
    La nuova realtà del Regno non permette nostalgie del passato. Il vino nuovo esige otri nuovi.

sabato 22 giugno 2019

Il Vangelo con commento di domenica 23 giugno 2019.

Sentiero San Francesco - Campo Tures (BZ). 
L’evangelista scrive letteralmente “date voi stessi da mangiare”, ecco il significato della Eucaristia.

Non è soltanto offrire un qualcosa, ma è offrire sé stessi all’altro, è questo che comunica vita.

Non ci può essere Eucaristia senza condivisione di quello che si è e di quello che si ha.

Il Vangelo con commento nel seguito.

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 9, 11-17)

In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.
Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta».
Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini.
Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti.
Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.

Il commento. 
 
    Gesù con i suoi discepoli si ritira presso Betsàida, fuori dal territorio giudaico perché vuole istruire i suoi da qualcosa che gli sta a cuore. Per questo li allontana dall’ambiente profondamente nazionalista, fanatico.
    Scrive l’evangelista: “Ma le folle vennero a saperlo e lo seguirono”. Per le folle Luca usa il verbo «seguire» che indica la sequela di Gesù. “Egli le accolse e prese a parlare loro del Regno di Dio”. Non parla del regno di Israele che ormai è defunto, ma del Regno di Dio, cioè il regno universale dell’amore di Dio, che non è destinato né a un popolo, né a una religione, ma è aperto a tutta l’umanità.
    L’effetto dell’annunzio del Regno di Dio è anche la vita che comunica, ecco perché – prosegue Luca – “e guarire quanti avevano bisogno”. Poi l’evangelista ci mette un’indicazione importante perché ci fa comprendere che qui non vuole raccontare un semplice fatto, ma dare una profonda indicazione teologica.
    “Il giorno cominciava a declinare”, questa identica espressione la troviamo al cap. 24, ver. 29 nell’episodio di Emmaus dove Gesù si fa riconoscere nella Eucaristia. Quindi l’evangelista ci vuol dire «attenzione, tutto il brano è in chiave eucaristica».
    “E i Dodici… – con la cifra dodici si intendono i discepoli che provengono da Israele, come le dodici tribù – gli si avvicinarono”. L’evangelista distingue tra le folle che seguono Gesù e i discepoli. I discepoli no, non lo seguono. Si avvicinano. I discepoli accompagnano Gesù, ma non lo seguono perché il loro ideale di Messia del Regno è completamente diverso da quello che Gesù ha annunziato.
    E intervengono dicendo: “Congeda la folla”. La folla non s’è stancata, sono i discepoli che sono stanchi e vogliono come sbarazzarsene. E la scusa è: “Perché vada nei villaggi, nelle campagne dei dintorni per alloggiare e trovare cibo”. Siamo in zona deserta, quindi è un pretesto per sbarazzarsi di tutta questa folla che in realtà segue Gesù.
    Ma ecco Gesù che dice loro, letteralmente: “Date voi stessi da mangiare”. Qui Gesù non sta dando l’indicazione “provvedete voi al cibo” ma, siccome il significato è quello eucaristico, è molto più profondo e più ricco. L’evangelista scrive letteralmente “date voi stessi da mangiare”, ecco il significato della Eucaristia. Non è soltanto offrire un qualcosa, ma è offrire sé stessi all’altro, è questo che comunica vita. Ma loro obiettano: “Non abbiamo che cinque pani e due pesci”. Vediamo in questo episodio tanti numeri. I numeri nella Bibbia e nel Nuovo Testamento non vanno mai interpretati con il significato matematico, ma sempre figurato. E poi vedremo il numero cinque che lievita: cinque, poi cinquanta, poi addirittura cinquemila. Cinque più due, comunque, fa sette e sette significa tutto quello che hanno.
    “A meno che – brontolano i discepoli – non andiamo noi a comprare i viveri”. Ecco il contrasto tra Gesù e i suoi discepoli: Gesù parla di dare, cioè di condividere, e loro invece ragionano con il comprare. Cioè chi ha i soldi compra, mangia e vive; a chi non ha i soldi nulla di tutto questo. “Per tutto questo popolo”, non «gente»: l’evangelista adopera il termine «popolo» e i Dodici lo usano quasi in maniera dispregiativa.
    “C’erano infatti circa cinquemila uomini”. Questa stessa espressione “circa cinquemila uomini”, la troviamo nel cap. 4 degli Atti degli Apostoli, dove si indica il numero della comunità primitiva. Non è un censimento: cinque, cinquanta, cinquecento, cinquemila, sono tutti multipli dell’azione che indica lo Spirito Santo. Pentecoste, cinquantesimo giorno, è il numero che indica l’azione dello Spirito Santo. Quindi nel Nuovo Testamento, cinquanta e i suoi multipli sono l’azione dello Spirito Santo. Cinquemila indica un’azione estesa al massimo, cinque per mille.
    “Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sdraiare»”: perché Gesù si occupa di questo dettaglio? Non possono mangiare come vogliono? In piedi, seduti… No. Gesù dice “fateli sdraiare”, e questo è un verbo tipico di Luca, ed è lo stesso che ritroviamo nell’episodio di Emmaus. Nei pranzi festivi i signori mangiavano sdraiati, adagiati sui lettucci. Chi poteva fare così? Chi aveva dei servi che lo servivano.
    Allora Gesù dice che il compito della sua comunità, dei discepoli, è quello di far sdraiare, cioè di far sentire i suoi dei signori. “A gruppi di cinquanta”, ecco che torna di nuovo il numero cinquanta, che indica l’azione dello Spirito. I profeti nell’Antico Testamento erano riuniti a gruppi di cinquanta. “E così fecero”.
    E qui l’evangelista anticipa i gesti di Gesù sul pane e sul vino nell’Eucaristia. “Prese i cinque pani, alzò gli occhi al cielo – in segno di comunione piena con il Padre – recitò su di essi la benedizione, li spezzò”, le stesse parole dell’Eucaristia, quindi in questo episodio l’evangelista raffigura il significato profondo dell’Eucaristia.
    Non ci può essere Eucaristia senza condivisione di quello che si è e di quello che si ha. “E li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla”. I discepoli non sono i padroni di questo pane, ma ne sono i servi. Non sono i proprietari, ma devono distribuirlo alla folla, senza chiedere chi lo merita e chi no. Notiamo che qui Gesù non chiede alla folla di purificarsi; prima di mangiare bisognava compiere il lavaggio rituale delle mani. Nulla di tutto questo. Non bisogna purificarsi per accogliere il pane, che è il Signore, ma l’accoglienza del pane, la vita che il Signore dà, è quella che purifica.
    “Tutti ne mangiarono a sazietà”; qui l’evangelista vede la realizzazione della  profezia di Dio fatta nell’Antico Testamento al profeta Eliseo, “così dice il Signore, ne mangeranno e ne faranno avanzare”. “Tutti ne mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste”. Dodici come il numero delle tribù d’Israele.
    La condivisione del pane, la condivisione di quello che si ha e che si è, riesce a sfamare tutto il popolo di Israele.

domenica 16 giugno 2019

Comunali Levico 2019: chi ha vinto e chi ha perso, veramente.

Finalmente si è conclusa una campagna elettorale lunga e purtroppo inquinata da attacchi personali che hanno fatto passare in secondo piano la discussione sui programmi: il gossip, amplificato dai media, ha avuto il sopravvento e la capacità di capire ed analizzare le varie posizioni è stata quanto meno disturbata.

Al ballottaggio ha vinto Gianni Beretta al quale vanno i complimenti quale neo sindaco.
Con l'onore delle armi ha perso Tommaso Acler per 72 voti di scarto.

Ma chi ha vinto veramente?

Il 59% degli elettori che ha ritenuto di non recarsi a votare!

Sicuramente le schermaglie scadute a beghe di paese, che non hanno fatto onore alla qualifica di città avuta da Levico nel periodo asburgico, hanno contribuito a “stufare” la gente.

Per chi ha dei figli è ben nota la dinamica: un dispettuccio tira l'altro e alla fine ognuno ribalta la colpa sull'altro: “E' stato lui ad incominciare...”. E i genitori mettono in castigo entrambi i contendenti.

Chi ha perso veramente: la politica intesa come partecipazione dei cittadini alle “cose” della città.

Ad entrambi gli sfidanti, Beretta ed Acler, spetta il difficile compito di riconquistare la fiducia di quel 59% che di fatto li ha messi entrambi in “minoranza” in termini percentuali.

Buon lavoro.

sabato 15 giugno 2019

Il Vangelo con commento di domenica 16 giugno 2019.

Il duomo di Bressanone (BZ). 
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:

"Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso." 
    
Può comprendere il messaggio di Gesù solo chi, come lui, è pronto al dono della vita, che non indica necessariamente il sacrificio estremo della croce, ma soltanto chi orienta la propria vita mettendo come unico valore assoluto della propria esistenza – quello che è davvero non-negoziabile – il bene dell’uomo.

Il Vangelo con commento nel seguito.

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 16, 12-15)

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.
Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».

Il commento. 
 
    Può comprendere il messaggio di Gesù solo chi, come lui, è pronto al dono della vita. Sentiamo cosa dice Gesù nel Vangelo di Giovanni.
    “Molte cose – ma in realtà è «molto» – ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso”. Perché? Ancora non sanno che morte farà Gesù e soprattutto non hanno ancora lo Spirito che Gesù consegnerà prima sulla croce, e poi quando si presenterà risorto ai discepoli.
    È lo Spirito, cioè la potenza dell’amore di Dio che viene comunicata all’uomo e lo rende capace di amare generosamente, come da Dio si sente amato. Ecco perché Gesù dice “molto ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso”.
    Quello che Dio è, il suo amore, non può essere conosciuto se non attraverso gradi di conoscenza, di esperienza, sempre più profondi. È l’amore ricevuto che si trasforma in amore comunicato, quello che permette di dilatare il nostro cuore e a Dio di infonderci il suo amore.
    Quindi più noi amiamo, e più riusciamo a comprendere Gesù, espressione visibile di un Dio che è unicamente amore. I discepoli non sono ancora capaci di accogliere questo perché non sono pronti al dono della vita.
    Allora può comprendere il messaggio di Gesù solo chi, come lui, è pronto al dono della vita, che non indica necessariamente il sacrificio estremo della croce, ma soltanto chi orienta la propria vita mettendo come unico valore assoluto della propria esistenza – quello che è davvero non-negoziabile – il bene dell’uomo.
    Chi vive così permette a Dio di comunicargli chi Dio è. E continua Gesù: “Quando verrà lui, lo Spirito della verità – per la terza volta viene chiamato così questo Spirito –  vi guiderà a tutta la verità”. Già altre volte Gesù aveva avuto modo di dire che la verità non si ha, ma si è . La verità non è una dottrina rivelata, ma un modo di vivere.
    Ecco perché Gesù aveva già detto che la verità si fa. È importante questa distinzione. Chi pretende di avere la verità, proprio in base alla verità che ha, alla propria dottrina, si permette di giudicare gli altri, e questo divide dagli altri.
    Essere nella verità e fare la verità, invece, significa inserirsi nel dinamismo d’amore dello Spirito di Dio che orienta, porta l’uomo ad esprimere tutte le sue forze verso il bene dell’uomo. Mentre chi ha la verità si divide, si separa dagli altri, chi è nella verità si avvicina e si mette a servizio degli altri.
    “Vi guiderà a tutta la verità perché non parlerà da se stesso, ma vi dirà tutto ciò che avrà udito” – ed ecco la garanzia della presenza dello Spirito nella comunità cristiana –  e vi annuncerà le cose future”. Cosa significa questo? Non è una nuova rivelazione da parte dello Spirito, ma l’attualizzazione del messaggio in modi e forme nuove per la vita della comunità.
    Non un nuovo messaggio quindi, ma la comprensione dello stesso. La comunità cresce, emergono nuovi bisogni, nuove necessità, come si fa a rispondere? Solo la presenza dello Spirito, che mette come valore assoluto, quello non-negoziabile, il bene dell’uomo, fa scoprire nuove risposte ai nuovi bisogni della comunità. Questa è la garanzia della presenza dello Spirito di Gesù nella sua comunità.
    “Egli mi glorificherà perché prenderà quello che è mio – quello che è di Gesù è la pienezza dell’amore del Padre, lo Spirito – e ve lo annuncerà”. Non è una dottrina quella che viene annunziata, ma uno Spirito, una energia d’amore, che si può comprendere soltanto attraverso opere che manifestano questo amore.
    Più ci apriamo all’amore degli altri e più permettiamo a Dio di manifestare se stesso e più arriveremo a comprenderlo. Ecco perché le autorità religiose non conoscevano chi è Gesù e non conoscevano chi è Dio, perché erano chiuse all’amore; per loro l’importante era il bene della dottrina e non il bene dell’uomo.
    E conclude Gesù: “Tutto quello che il Padre possiede è mio”, la pienezza del Padre è la pienezza dell’amore espressa dallo Spirito e il Padre l’ha comunicata al figlio: “Per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà”.
    Gesù continua a riproporre lo stesso messaggio: l’annuncio non è una dottrina, ma è un’esperienza d’amore. E il compito della comunità non è tanto di trasmettere dottrine, ma far fare esperienze d’amore, di vita, a tutti i credenti.

TYSC 2019: 3° classificata la Scuola Secondaria di Primo Grado Levico Terme.

Trentino Young Scientist Challenge - edizione 2019.
Tre alunni della prima media sez. C dell'I.C. Levico Terme hanno conquistato il terzo posto!
Giada Pedrin, Thomas Iacob e Michele Giacomoni alla premiazione con le autorità. 
La sfida, che si basa sull’iniziativa di successo internazionale Young Scientist, ha l’obiettivo di avvicinare studenti e studentesse di scuola secondaria di primo grado al mondo scientifico attraverso l’approccio metodologico del learning by doing (imparare facendo).


L’esperienza, basata sul lavoro in gruppi efficaci e cooperativi, è finalizzata a sviluppare competenze cognitive attraverso la tecnologia e le scienze con l’obiettivo di stimolare creatività, pensiero critico, collaborazione e comunicazione. (cit. unitn.it)

Le scuole che hanno aderito all’edizione 2019 sono:
  • Scuola Secondaria di 1° grado "G. Bresadola"
  • Istituto comprensivo di Levico Terme
  • Scuola Secondaria di 1° grado «dell'Argentario»
  • Istituto Comprensivo Mezzolombardo-Paganella
  • Istituto Comprensivo Pergine 2
La presentazione al Muse: materiali, cartelloni e Powerpoint. 
Il progetto proposto da Giada Pedrin, Thomas Iacob e Michele Giacomoni ha  conquistato il terzo posto su oltre 300 progetti in gara.

Vi illustriamo brevemente il progetto.

Il titolo: "BARCHETTA A MOTORE" Principio di azione e reazione.

I componenti utilizzati nel progetto. 
I nostri tre alunni hanno voluto verificare, con prove sperimentali, alcune loro ipotesi in merito alla relazione che intercorre tra le dimensioni di un'elica e la velocità di avanzamento di una barca a motore.

In sintesi hanno trovato, seguendo una procedura sperimentale, che raddoppiando la superficie di un'elica, la velocità della barchetta non raddoppia tenendo lo stesso motore.

Per arrivare a queste conclusioni hanno realizzato un modellino di barchetta in polistirolo e gli hanno montato un motorino elettrico giocattolo di recupero. Hanno poi montato tre eliche di superficie differente: sono stati cronometrati, in una vasca, i tempi di percorrenza della barchetta con le tre differenti eliche.

Le tre eliche utilizzate nell'esperimento. 
Il terzo principio della dinamica dice che ad ogni azione corrisponde un'azione eguale e contraria.

Perché dunque raddoppiando l'elica non è raddoppiata la velocità?

Perché la potenza del motore è rimasta la stessa, è solo cambiata la superficie con la quale veniva trasmessa detta potenza all'acqua.

Ma perché passando dall'elica più piccola alla più grande c'è stato un certo miglioramento?
Sull'asse delle ascisse la superficie delle eliche (cm2) e sulle ordinate il tempo di percorrenza (s). 

Perché la modalità di trasmissione della potenza era migliore utilizzando una superficie di trasmissione maggiore.

L'elica migliore per quel motore e quella barchetta, guardando il grafico, è quella più grande, anche se non garantisce risultati secondo le ipotesi iniziali...

Questi tre ragazzi, alla ricerca del terzo principio della dinamica, hanno utilizzato, nel loro progetto, il metodo scientifico sperimentale.

Hanno proprio imparato facendo!

sabato 8 giugno 2019

Spettacolo di fine anno della scuola media de Gasparis

Spettacolo di fine anno della scuola media de Gasparis giovedì 6 giugno 2019: noi che negli anni '70 la musica...

Noi che negli anni '70 ci sembrava più che normale che nascessero, uno dietro l'altro, nuovi artisti come Eagles, Pink Floyd, Led Zeppelin, Rolling Stones, Dire Straits ecc...

Noi che negli anni '70 la musica la pagavamo comprandoci un 33 giri in vinile e la custodivamo poi gelosamente in ordinati scaffali.

Noi che negli anni '70 non avevamo il CLIL ma imparavamo l'inglese ascoltando il testo delle canzoni.

Noi che adesso siamo genitori, non possiamo che commuoverci nel sentire le giovani generazioni cantare alcuni di quei mitici pezzi degli anni `70 allo spettacolo di fine anno della scuola media de Gasparis presso il PalaLevico.

Il Vangelo con commento di domenica 9 giugno 2019.

Cappella di San Francesco e Chiara (Campo Tures BZ). 
Ed ecco la clamorosa rivelazione: “e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”.

Si realizza il progetto di Dio per l’uomo: un Dio che non è lontano, un Dio che non è distante.

Non un Dio che assorbe le energie dell’uomo, non un Dio che attira l’uomo a sé, ma un Dio che chiede all’uomo di essere accolto per fondersi con lui e dilatarne la capacità d’amore.

Il Vangelo con commento nel seguito. 

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 14, 15-16.23-26)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre.
Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».

Il commento.

Solo dopo aver reso i suoi discepoli capaci di amare, attraverso il dono del suo amore espresso nella lavanda dei piedi, amore che si fa servizio, Gesù chiede amore per sé. Infatti, per la prima volta, Gesù dice: “Se mi amate osserverete i miei comandamenti”. È strano quello che chiede Gesù.
Gesù ha lasciato un unico comandamento. Come mai ora parla di comandamenti al plurale? C’è un unico comandamento, quello dell’amore vicendevole, “amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato”, cioè servitevi – l’amore non é reale se non si esprime attraverso forme di servizio. Questo è l’unico comandamento.
Le manifestazioni visibili di questo unico comandamento, per Gesù hanno valore di comandamenti. Ma non sono dei precetti esterni che l’uomo deve osservare, ma la manifestazione esteriore di una realtà interiore. Il fatto di sentirmi tanto amato, immeritatamente e incondizionatamente dal Padre, mi porta ad amare gli altri. Questi sono i comandamenti.
“E io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito”; questo è un termine greco che significa esattamente «colui che viene chiamato in aiuto», in soccorso. Allora può essere anche protettore. Questo Paràclito non è il nome dello Spirito, ma la sua funzione.
Quindi la funzione dello Spirito è colui che viene chiamato in aiuto, ma la funzione di questo Spirito che Gesù lascia, non è che risponde ai bisogni della comunità, infatti Gesù dice: “Perché rimanga con voi per sempre”. Mentre il Paràclito è colui che viene chiamato in aiuto nei momenti di emergenza, questo Spirito che viene chiamato sì Paràclito, cioè protettore, soccorritore, la sua presenza non è dovuta a situazioni di pericolo della comunità, ma è costante.
Gesù sta invitando i suoi alla piena serenità, piena fiducia, “non preoccupatevi di nulla”. Lo Spirito non interverrà quando voi ne avrete bisogno, ma lo Spirito è sempre presente per cui precede i momenti di necessità, i momenti di difficoltà della comunità.
Quindi il suo aiuto, l’aiuto dello Spirito, non nasce dalle difficoltà, ma le precede. Questa è la base della serenità della comunità. E continua Gesù: “Se uno mi ama – e qui Gesù raggiungerà il vertice della rivelazione – osserverà la mia parola”, che significa aver riconosciuto nel messaggio di Gesù la risposta al desiderio di pienezza di vita che ogni persona si porta dentro.
Ed ecco la clamorosa rivelazione: “e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”. Si realizza il progetto di Dio per l’uomo: un Dio che non è lontano, un Dio che non è distante. Non un Dio che assorbe le energie dell’uomo, non un Dio che attira l’uomo a sé, ma un Dio che chiede all’uomo di essere accolto per fondersi con lui e dilatarne la capacità d’amore.
Potremmo dire con un’espressione, che non siamo noi che andiamo in cielo, ma è il cielo che viene ad abitare in noi, ecco perché la vita, questa vita, è indistruttibile. Quindi ogni comunità, ogni credente, è l’unico vero santuario dal quale si irradia l’amore di Dio.
Mentre nel vecchio santuario le persone dovevano andare, e non tutte erano ammesse, questo nuovo santuario sarà lui che andrà incontro alle persone, specialmente gli esclusi e gli emarginati dalla religione.
Si realizza quello che Giovanni aveva scritto nel Prologo, che il verbo, la parola di Dio, il progetto di Dio ha messo la sua tenda fra noi. L’unico vero santuario è l’uomo e la comunità cristiana, quindi un Dio che chiede di essere accolto per fondersi con l’uomo, non il Dio che assorbe le energie degli uomini, ma il Dio che comunica loro le sue energie.
Un Dio che non chiede all’uomo che viva per lui, ma di lui e, con lui e come lui, sia un dono d’amore per tutta l’umanità.
Quindi “verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”; questa è la manifestazione stupenda del progetto di Dio sull’umanità. E poi continua Gesù, dicendo: “Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi, ma il Paràclito, lo Spirito Santo”, per la prima volta lo chiama «santo», che non indica soltanto la qualità, la sua santità, ma l’attività.
E l’attività dello Spirito è separare l’uomo che lo accoglie dalla sfera delle tenebre, della morte, per portarlo nella luce e nella vita.
“Il Padre manderà nel mio nome”, il nome di Gesù, in ebraico Jeshua, significa «il Signore che salva», quindi il salvatore, “lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà…” – questo «ricordare» significa «comprendere» – “tutto ciò che io vi ho detto”. Perché questo?
Perché più si ama e più si permette allo Spirito di entrare dentro di noi, e più le realtà di Dio, un Dio-amore, saranno visibili e le potremo comprendere.

sabato 1 giugno 2019

Il Vangelo con commento di domenica 2 giugno 2019.

Duomo di San Ciriaco (AN). 
Se fino ad ora hai vissuto per te, ora vivi per gli altri. Questa è la conversione che Gesù chiede che venga predicata.

È la conversione, il cambiamento radicale della propria esistenza – orientando la propria vita al bene degli altri – che ottiene il condono, la cancellazione dei peccati. Il termine “peccati” non indica le colpe degli uomini, ma l’orientamento sbagliato della propria esistenza.
 
Il Vangelo con commento nel seguito.

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 24, 46-53)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».
Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

Il commento. 

È molto amara la conclusione del Vangelo di Luca. Dopo tante fatiche, dopo tante azioni di Gesù con i suoi, sembra che i suoi discepoli non abbiano capito proprio niente. Gesù continua, nell’apparizione ai suoi discepoli da risorto, il suo insegnamento e spiega loro che “il Cristo patirà, come sta scritto nelle Scritture, ma poi risorgerà dai morti il terzo giorno”. Il numero tre non indica soltanto una scadenza cronologica, ma significa completezza, totalità. Gesù sarà ucciso, ma poi tornerà in vita completamente, pienamente.
    “E nel suo nome – nel nome del Cristo –  saranno predicati a tutti i popoli”: qui l’evangelista adopera il termine ‘etne’ che indica i popoli pagani, quindi il messaggio di Gesù non è riservato soltanto a Israele, ma è universale, per tutta l’umanità. E cosa verrà predicato? “La conversione”: il termine adoperato dall’evangelista per “conversione” indica un cambiamento di mentalità che poi si traduce in un cambiamento nel comportamento, significa orientare diversamente la propria esistenza.
    Se fino ad ora hai vissuto per te, ora vivi per gli altri. Questa è la conversione che Gesù chiede che venga predicata. Qui purtroppo la traduzione riporta “la conversione e il perdono dei peccati”, come se venissero annunziate e predicate due cose differenti. No, è “la conversione per il perdono dei peccati”. È la stessa espressione che ha adoperato Giovanni Battista quando ha annunziato un battesimo che è segno di conversione per il perdono dei peccati. È la conversione, il cambiamento radicale della propria esistenza – orientando la propria vita al bene degli altri – che ottiene il condono, la cancellazione dei peccati. Il termine “peccati” non indica le colpe degli uomini, ma l’orientamento sbagliato della propria esistenza, “cominciando da Gerusalemme”, la città santa.
    E Gesù annunzia che manderà su di loro colui che il Padre ha promesso, cioè lo Spirito Santo, la stessa forza d’amore, la stessa potenza di Dio; però, Gesù chiede “voi restate”, e l’evangelista adopera il verbo “restare seduti”, quindi state immobili, “finché non siate rivestiti della potenza dall’alto”.
    Ancora i discepoli non hanno lo Spirito, si manifesterà a loro il giorno della Pentecoste, allora Gesù li invita a stare calmi. “Poi li condusse”, il verbo ‘condurre’ è lo stesso che viene adoperato nel libro dell’Esodo per indicare la liberazione di Dio al suo popolo; quindi quello che Gesù sta facendo è la conclusione del suo Esodo: portare fuori i suoi discepoli dall’istituzione religiosa, che non era più una terra di libertà, ma una terra di schiavitù e di morte.
    “Li condusse fuori verso Betània e li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e venne portato su in cielo”. È solo l’evangelista Luca che ci parla dell’ascensione di Gesù, quella che troviamo nel vangelo di Marco è una aggiunta successiva, posteriore, ma non fa parte del testo originale dell’evangelista. L’ascensione di Gesù non significa una lontananza, ma una presenza ancora più intensa; non una separazione, ma un unirsi ai discepoli nella loro attività.
    Essere trasportato in cielo non significa a livello spaziale, “cielo” è uno dei termini che si usavano per indicare Dio. Gesù, colui che è stato condannato a morte come un delinquente, manifesta la pienezza di Dio. Questo non lo separa dagli uomini, ma addirittura li unisce per potenziare la loro attività.
    La conclusione è drammatica, inaspettata, deludente: “Essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme – Ierusalem, la città santa, sede dell’istituzione religiosa – con grande gioia”, quasi trionfanti, e non ci saremmo mai aspettati una conclusione del genere: “e stavano sempre nel tempio lodando Dio”.
    Nel tempio? Ma non si sono accorti che quando è morto Gesù il velo del tempio s’è spaccato a metà e ha rivelato che dentro non c’era nulla? Non si ricordano quando Gesù ha definito il tempio un covo di ladri, di banditi? Ma non si ricordano quando Gesù ha detto loro che “questo tempio sarà demolito”? Ebbene, l’attrazione della religione, dell’istituzione religiosa, è più forte dell’insegnamento e del sacrificio di Gesù.
    “Tornano nel tempio per lodare Dio”. L’evangelista termina in una maniera drammatica, come per dire “e non avevano capito niente”. Ci vorrà ancora un intervento di Gesù, ci vorrà la discesa dello Spirito Santo, ci vorranno ancora tante situazioni, prima che la comunità comprenda che deve lasciare Gerusalemme per aprirsi al mondo pagano per portare l’amore universale del Signore.