sabato 29 febbraio 2020

Il Vangelo con commento di domenica 1 marzo 2020.

Veduta panoramica della Basilica di San Petronio - Bologna
«Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai»
Per Gesù il potere è idolatria. Gesù è figlio di un Dio amore che si esprime attraverso il servizio, mentre il diavolo è immagine del potere che domina le persone. 

Il Vangelo con commento nel seguito.

DAL vangelo secondo matteo (Matteo 4, 1-11)
In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”».
Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché  il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».
Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Ma Gesù gli rispose: «Vàttene, satana! Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».
Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.

Il commento. 
La prima domenica di quaresima si apre con il vangelo di Matteo che presenta le tentazioni del Cristo. Sono tre tentazioni. Il numero tre significa quello che è completo, quello che è definitivo. Quello che adesso leggeremo non è un episodio dell’esistenza di Gesù, ma l’evangelista vuol farci comprendere che in tutta la vita Gesù fu sottoposto a queste tentazioni, o a queste seduzioni.
Ma vediamo cosa ci dice l’evangelista. “Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal diavolo”. Con il termine “allora”, l’evangelista allaccia questo episodio a quello che lo precede, il battesimo di Gesù, quando Gesù ha ricevuto lo Spirito del Padre, il Padre lo riconosce come suo figlio perché Gesù manifesta il suo desiderio, il suo impegno di renderlo presente come amore per l’umanità. Conseguenza di questo impegno di Gesù, lo Spirito conduce Gesù nel deserto. Il termine “deserto” richiama almeno tre cose:
l’esodo, la liberazione del popolo dalla schiavitù egiziana
Durante questo esodo ci fu un periodo di tentazioni e prove alle quali Dio sottopose il suo popolo.
il deserto era anche il luogo dove si radunavano tutti quelli che volevano conquistare il potere, con delle sommosse, con delle rivolte.
“Per essere tentato dal diavolo”. Il verbo “tentare” nel vangelo è applicato ai farisei, ai sadducei, ai dottori della legge nella controversia con Gesù, e Gesù, ad ognuna di queste tentazioni, i farisei, i sadducei, i dottori della legge, risponde con citazioni della scrittura, esattamente come l’evangelista ci anticipa qua. Il termine “tentazione” ha una connotazione negativa; in realtà il diavolo – come vedremo – non tenta Gesù affinché compia qualcosa di negativo o azioni peccaminose. Nulla di tutto questo.
Il diavolo non si presenta come un nemico, come un rivale di Gesù, ma come un suo alleato che lo vuole aiutare nella realizzazione del suo programma. Pertanto, più che di tentazioni, dovremmo parlare di seduzioni del diavolo. Il diavolo appare soltanto in questo episodio in tutto il vangelo di Matteo.
“Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti”, l’evangelista ci tiene a sottolineare che quello di Gesù non è il digiuno religioso che serviva per ottenere il perdono o la benevolenza da parte del Signore. Il digiuno religioso iniziava all’alba e terminava al tramonto; il fatto che l’evangelista sottolinei che ha digiunato quaranta giorni e quaranta notti, significa che non è un digiuno religioso.
E’ una prova di forza come quella che ha fatto Mosè prima di ricevere le tavole dell’alleanza. “Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei il figlio di Dio»”. Il tentatore non mette in dubbio la figliolanza divina di Gesù, che nel battesimo è stata confermata dalla voce del Padre che ha detto: “Tu sei mio figlio”, questa espressione del tentatore “Se tu sei il figlio di Dio”, quindi non è un dubbio, ma significa “giacché sei figlio di Dio”, giacché sei figlio di Dio usa le tue capacità a tuo vantaggio.
Infatti, “«Dì che queste pietre diventino pane»”. La prima tentazione è usare le proprie capacità per il proprio vantaggio. Ma Gesù non userà le proprie capacità a proprio vantaggio, ma per il vantaggio degli altri. Sarà Gesù che si farà lui pane per gli altri. E Gesù risponde: “«Sta scritto: ‘Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio’»”.
Queste tre tentazioni si rifanno a tre episodi conosciuti nel libro dell’Esodo, tre prove alle quali Dio ha sottoposto il suo popolo nel deserto e questa è la prova della manna. Cosa vuol dire Gesù citando questo testo del libro del Deuteronomio, capitolo 8 versetto 3? Come i padri del deserto, ascoltando la parola, sono stati sfamati con la manna, tanto più il nuovo popolo, la nuova liberazione di Gesù, ascoltando la sua parola, sarà sfamato.
Gesù non compirà un gesto prodigioso per sfamare la propria fame, ma la sua parola aiuterà quanti lo accolgono e quanti lo seguono a condividere il pane con gli affamati.
“Allora il diavolo lo portò nella città santa”, cioè Gerusalemme, “lo pose sul punto più alto del tempio”. Perché questo particolare? Perché in un apocrifo, il IV Libro di Ezra, si pensava che il messia, che nessuno conosceva, si sarebbe manifestato improvvisamente apparendo nel punto più alto del tempio, nel pinnacolo. Quindi è l’aspettativa del popolo. Allora il diavolo, che si mostra come aiutante di Gesù, dice “Fai quello che il popolo s’attende, fai quello che il popolo desidera, anzi dagli un tocco di più”.
E gli dice per la seconda volta: “«Se tu sei figlio di Dio»”, cioè “giacché sei figlio di Dio”, “«Gettati giù»”, cioè mostrati come la gente aspetta nel punto più alto del tempio, ma dai un tocco di forza straordinario che faccia comprendere che tu sei veramente il figlio di Dio. “Gettati giù”, e poi il diavolo cita il salmo. In questa contrapposizione tra botta e risposta attraverso citazioni scritturistiche, l’evangelista ci vuol far comprendere che appunto non è un episodio quello che lui sta raccontando, ma in tutta la vita Gesù sarà contrastato dai farisei, dagli scribi, dagli anziani, che penseranno di avere la scrittura dalla loro parte per bloccare o per inibire l’azione di Gesù.
E infatti cita il salmo 91, versetti 11-12, “«Ai suo angeli darà ordini a tuo riguardo ...»”, cioè sfida il Signore e poi fidati di lui.
Questa tentazione la ritroveremo poi in bocca ai sommi sacerdoti, agli scribi e agli anziani, al momento della crocifissione di Gesù “Se sei il figlio di Dio”, giacché sei il figlio di Dio, “scendi dalla croce”, cioè manifesta un Dio di potere. Gesù rispose: “«Sta scritto anche: ‘Non metterai alla prova il Signore Dio tuo’»”.
Anche questo è un brano della scrittura, il libro del Deuteronomio, capitolo 6 versetto 16, ed è l’episodio di Massa, una delle tentazioni del popolo nel deserto, quando il popolo si chiese “Ma Jahvè è in mezzo a noi, sì o no?” Quindi il popolo dubitò della presenza del Signore. Gesù ha piena fiducia nel Padre e non ha bisogno di invocare interventi esterni straordinari che confermino questa fiducia.
“Di nuovo”, ecco qui la traduzione non esatta, perché qui dice, “Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo”, non ce l’ha mai portato, quindi non può essere tradotto con “di nuovo”. Il termine greco va tradotto esattamente con “questa volta”. Questa tentazione è diversa dalle altre, le due precedenti sono stati precedute dall’affermazione “Giacché sei il figlio di Dio”, se sei il figlio di Dio, quindi in conseguenza delle capacità e della potenza per essere figlio di Dio, per questa il diavolo non mette in ballo il fatto della figliolanza divina perché è una tentazione che è adatta ad ogni uomo.
Allora “Questa volta il diavolo lo portò sopra un monte altissimo”. Perché il monte altissimo? Nell’antichità il monte era il luogo della residenza degli dei e indicava la condizione divina. Quindi il diavolo offre a Gesù di possedere la condizione divina. Va ricordato che, a quell’epoca, tutti quelli che detenevano un potere, avevano la condizione divina. Il faraone era un Dio, l’imperatore era figlio di Dio. Quindi tutti coloro che detenevano il potere avevano la condizione divina e il diavolo offre a Gesù la condizione divina. Come?
“Gli mostrò tutti i regni e la loro gloria”, cioè la loro ricchezza, “e gli disse: «Tutte queste cose ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai»”. Cioè il diavolo propone a Gesù la condizione divina adorando il potere per dominare il mondo. “Allora Gesù gli rispose: «Vattene satana!»” Lo chiama satana, il nome ebraico. L’evangelista vuol far comprendere che queste sono le tentazioni che a Gesù vengono dal suo popolo. “«Sta scritto infatti: ‘Il Signore Dio tuo adorerai: a lui solo renderai culto’»”. Anche questa volta è una citazione della scrittura, dal libro del Deuteronomio, capitolo 6 versetto 13, dove il Signore mette in guardia il suo popolo dal pericolo dell’idolatria entrando nella terra di Cana.
Per Gesù il potere è idolatria. Gesù è figlio di un Dio amore che si esprime attraverso il servizio, mentre il diavolo è immagine del potere che domina le persone. “Allora il diavolo lo lasciò ed ecco gli angeli gli si avvicinarono e lo servivano”.
Gesù ottiene la protezione degli angeli rifiutando la tentazione. Queste tentazioni di Gesù, come abbiamo detto all’inizio, non sono un episodio isolato della sua esistenza, ma l’evangelista ci anticipa tutto quello che accadrà per tutta la vita di Gesù, continuamente sedotto dal prendere il potere, perché era questo che il popolo si aspettava.
E, quando il popolo s’accorgerà che Gesù non è un messia di potere, lo rifiuterà e lo ucciderà.

sabato 22 febbraio 2020

Il Vangelo con commento di domenica 23 febbraio 2020.

La basilica di San Petronio - Bologna. 
"Se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra" 

Gesù non chiede di essere tonti, ma di essere buoni, di disinnescare la violenza con proposte di bene ancora maggiore!

Il Vangelo con commento nel seguito.

DAL VANGELO SECONDO MATTEO (Matteo 5, 38-48)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.
Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».

Il commento.
Può sembrare scoraggiante l’invito che Gesù fa e che leggiamo nel vangelo di Matteo: “Siate perfetti come è il Padre vostro perfetto”, perché noi pensiamo subito alla perfezione di Dio, con tutto quello che immaginiamo, di potenza di grandezza di Dio.
Vediamo invece cosa intende l’evangelista con questo invito alla perfezione. Il vangelo che commentiamo è il capitolo 5 di Matteo, dal versetto 38. Gesù continua a prendere le distanze dalla legislazione di Mosè per presentare un’alternativa di società e un modo nuovo per rapportarsi con il Signore. E dice Gesù: “«Avete inteso che fu detto: ‘ Occhio per occhio e dente per dente’».
Questa legislazione di Mosè in realtà fu un grande passo avanti in quello che riguardava la gestione della vendetta che prima era illimitata. E’ famoso nella Bibbia il vanto di Lamec, che troviamo nel libro del Genesi, capitolo 4 versetto 24, dove Lamec si lamenta e dice: “Ho ucciso un uomo per una mia scalfittura e un ragazzo per un mio livido”.
Quindi la vendetta era illimitata. Mosè invece ha cercato di mettere un limite, occhio per occhio, dente per dente. Ebbene Gesù prende le distanze da questo e chiede di fare un passo in avanti. “«Ma io vi dico: ‘Non opporvi al malvagio’»”. Non significa questo invito di Gesù ad essere delle persone passive che accettano ogni prepotenza. Il cristiano non è questo, anzi. Ma significa spezzare il cerchio della violenza, proporre iniziative di bene, di amore e di pace, che disinneschino questo odio e questa violenza che si abbattono su di te.
Per questo quando Gesù dice “«Se uno di da uno schiaffo sulla guancia destra tu porgigli anche l’altra»”, non significa passare da stupidi. Gesù non ci chiede di essere stupidi, tonti, ma buoni fino in fondo. Di fatto l’unica volta nel vangelo di Giovanni che Gesù prende uno schiaffo, mica ha presentato l’altra guancia, ma ha detto: “Se ho sbagliato mostrami dove ho sbagliato, se non ho sbagliato perché questa violenza?”
Quindi Gesù invita a non opporre alla violenza che viene addosso altra violenza, altrimenti questa cresce e poi dopo diventa un crescendo interminabile di violenza che genera altra violenza. Per questo Gesù non chiede – ripeto – di essere tonti, ma di essere buoni, di disinnescare la violenza con proposte di bene ancora maggiore.
Il credente è colui che, di fronte alla violenza dell’altro, gli fa comprendere: “Guarda la tua capacità di volermi fare del male non sarà mai così grande come la mia di volerti e farti del bene”. Questo è l’invito di Gesù. Poi Gesù passa a toccare uno dei piedistalli della spiritualità ebraica, “«Avete inteso che fu detto: ‘Amerai il tuo prossimo …’»”, l’amore la prossimo era un amore limitato, perché arrivava fino a dove esisteva il concetto di prossimo, che era molto relativo.
Il concetto più stretto significava colui che appartiene al mio clan familiare, un po’ più largo a quello della mia tribù, un po’ più largo ancora alla nazione di Israele, ma non di più. Quindi era un amore che aveva dei limiti. “«’E odierai il tuo nemico’»”. L’odio al nemico era anormale in questa società, ma soprattutto era giustificato dall’odio che Dio aveva per i peccatori. E’ tipico il canto del salmista nel salmo 139, versetti 21-22 dove dice: “Quanto odio Signore quelli che ti odiano. Li odio con odio implacabile, li considero miei nemici”.
Mai si odia con tanto gusto come quando si odia in nome di Dio, perché ci si sente giustificati in questo odio. Ebbene Gesù prende le distanze da tutto questo. “«Ma io vi dico: ‘Amate i vostri nemici’»”. Quindi Gesù propone un amore di un livello superiore che non solo non conosce i limiti dell’amore che arriva fino al prossimo, ma li supera. E’ questa la novità esclusiva di Gesù, è un amore che arriva a inglobare anche il nemico.
E per ‘amare’ Gesù non ha scelto il verbo greco fileo, da cui filosofia, filantropia, una more di benevolenza che riceve qualcosa in cambio, ma il verbo agapao, da cui la parola agape che tutti conosciamo, che significa un amore che è indipendente dalla qualità di colui che lo riceve, è indipendente dalla risposta dell’altro. Quindi di un amore che non guarda i meriti della persona che viene amata, un amore che si genera per il bisogno dell’altro, non per la risposta che se ne può avere.
“«’E pregate per quelli che vi perseguitano’»”, quindi è chiaro che per nemico si intende quello che perseguita la comunità cristiana. Ebbene Gesù chiede di fare un passo in avanti, questo amore non diventa reale finché non si trasforma in amore per quelli che lo perseguitano. Se c’è questo accade qualcosa che trasforma l’esistenza del credente, “«Affinché siate figli del Padre vostro»”.
Essere figlio in quella cultura significa colui che assomiglia al padre nel comportamento. Allora, se chi ama il nemico e prega per il nemico assomiglia al Padre, si vede che questa è la qualità d’amore di Dio, un amore di Dio che arriva a tutti quanti, anche a quelli che sono considerati i suoi nemici.
E poi Gesù dà un’immagine di cosa significa questo amore, “«Egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni»”, è un’offerta di vita che è rivolta a tutti. Il Dio di Gesù non è buono, è esclusivamente buono, lui non guarda i meriti delle persone, ma guarda i loro bisogni. Non è il Dio che premia i giusti e castiga i malvagi, ma a tutti, giusti e malvagi, offre il suo amore.
E poi Gesù fa un altro esempio, “«E fa piovere sui giusti e sugli ingiusti»”. Quindi questi esempi, che sono comprensibili a tutti, il sole e la pioggia, vogliono dire che l’amore di Dio è un amore dal quale nessuna persona si può sentire esclusa. Gesù non discrimina tra meritevoli e no, tra puri e impuri, ma il suo amore si rivolge a tutti quanti.
E poi Gesù dice: “Se amate e salutate”, e prende le categorie ritenute più lontane da Dio, i pubblicani, quelli che erano impuri fino all’essenza stessa della persona e i pagani, quelli che avevano altre divinità. “Se amate e salutate quelli che vi amano e vi salutano che fate di più? Siete come quelli che sono impuri profondamente e quelli che sono senza Dio, i pagani”.
 Ed ecco l’invito finale di Gesù: “«Voi dunque siate perfetti …»”, che significa essere pieni, completi, “«come è perfetto il Padre vostro celeste»”. Ecco, dopo tutto questo, allora capiamo bene cosa significa questo invito alla perfezione. Significa essere buoni fino in fondo. E questa non è una virtù, un eroismo straordinario possibile soltanto ad alcuni, ma essere buoni fino in fondo è dentro le capacità e le possibilità di ogni persona.
Quando si realizza questo la vita del credente si intreccia con quella di Dio e diventa una sola cosa; l’uomo permette a Dio di essergli Padre e sperimenta la sua presenza intima, profonda, in ogni avvenimento della propria esistenza e della propria vita.

sabato 15 febbraio 2020

Il Vangelo con commento di domenica 16 febbraio 2020.

La Certosa di Pavia. 
Gesù dice, che prima del rapporto con Dio, è necessaria una buona relazione con i fratelli.
E il rapporto con i fratelli deve essere caratterizzato da un linguaggio di schiettezza, non un linguaggio diplomatico, non un linguaggio di convenienza, ma chiaro e diretto.

Il Vangelo con commento nel seguito.

DAL VANGELO SECONDO MATTEO (Matteo 5, 17-37)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli. Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio”. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna.
Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono.
Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!
Avete inteso che fu detto: “Non commetterai adulterio”. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore.
Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna. E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna.
Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio”. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio.
Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare: “sì, sì”, “no, no”; il di più viene dal Maligno».

Il commento. 
L’annuncio di Gesù delle beatitudini come nuova alleanza tra Dio e il suo popolo, non deve essere stato ben accolto dal popolo stesso e neanche dai discepoli. Perché? Loro s’aspettavano la venuta del regno come segno di grande splendore e manifestazione di potenza, Israele si sarebbe impossessata delle ricchezze delle nazioni pagane che avrebbe dominato.
E quindi l’invito di Gesù con le beatitudini, che non è quello di arricchirsi ma addirittura quello di condividere e di mettersi a servizio degli altri, non deve essere stato accettato. Ecco perché Gesù dice ‘no’. E’ il capitolo 5 di Matteo versetto 17, “«Non crediate che io sia venuto a …»” e usa il verbo non abolire, che si può adoperare per una leggere, ma ‘abbattere, demolire’, che si adopera per un edificio, “«…la legge o i profeti»”, modo con il quale si indica quello che noi chiamiamo Antico Testamento.
Quindi Gesù dice: “Quella costruzione del regno che ha attraversato tutta la legge e i profeti, io non sono venuto a demolirla”, ma “«sono venuto a dare pieno compimento»”, non come voi pensate, ma come vi dico io, cioè non attraverso l’accumulo delle ricchezze, ma attraverso la pratica della condivisione, non attraverso il dominio degli altri, ma attraverso il servizio. E, soprattutto, non per un popolo in esclusiva, ma rivolto a tutta l’umanità.
E Gesù continua: “«In verità»”, assicura Gesù, «”che fintanto che non siano passati il cielo e la terra»”, maniera per dire il cosmo intero, “neanche il minimo elemento dell’alfabeto ebraico”, lo iota, “«sarà eliminato o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto»”. Quindi Gesù garantisce la piena realizzazione del progetto del regno.
Quando c’è una comunità che accoglie le beatitudini il regno diventa realtà e dopo deve solo allargarsi ed estendersi. Poi Gesù ammonisce: “«Chiunque trasgredirà»”, letteralmente ‘ignorerà, tralascerà’, “«uno di questi minimi precetti»”, non si riferisce ai precetti della legge di Mosè che Gesù non ha nominato, ma riguarda le beatitudini, che, in confronto alla grandezza, all’importanza, alla severità dei comandamenti, Gesù definisce minimi.
Ebbene, chi ignora le beatitudini, sarà considerato minimo, o al contrario grande, nel regno dei cieli, laddove il grande è colui che le osserva. Queste espressioni minimo o grande non indica una gerarchia nel regno di Dio, ma indica l’appartenenza o l’esclusione. Quindi chiunque ignora queste beatitudini sarà escluso dal regno, chi le pratica vi sarà ammesso.
Ricordo che ‘regno dei cieli’ è una formula adoperata soltanto da Matteo per indicare il regno di Dio, quindi non si tratta di un regno nei cieli, l’aldilà, ma del regno di Dio, la nuova società che Gesù è venuto a inaugurare, dove Dio governa gli uomini non emanando leggi che questi devono osservare, ma comunicando loro il suo Spirito.
E proprio per questo Gesù ammonisce i suoi discepoli dicendo: “«Se la vostra giustizia»”, si intende la fedeltà all’alleanza, “«non supererà quella degli scribi e dei farisei»”, cioè una fedeltà formale, una fedeltà legata alla lettera, ma non allo Spirito, “«non entrerete nel regno dei cieli»”. Quindi se non c’è una fedeltà diversa da quella letterale e formale di scribi e farisei, non c’è appartenenza al regno.
E poi Gesù incomincia a demolire - ecco questo sì – le tradizioni del passato per sostituirle con qualcosa di nuovo, di incommensurabilmente più bello. “«Avete inteso che fu detto agli antichi …»”, è provocatoria questa espressione di Gesù. Avrebbe dovuto dire “Avete inteso che fu detto ai nostri padri”, e invece Gesù parla di antichi, quindi qualcosa di negativo.
“«Non ucciderai»”, ebbene Gesù dice “«Ma io vi dico»”, e qui pronuncia per sei volte questa espressione con cui sostituisce il nuovo della sua alleanza al vecchio, a quello degli antichi, “«chiunque si arrabbia con il proprio fratello sarà sottoposto al giudizio»”, e chi lo insulta sarà sottoposto al sinedrio, il massimo organo giudiziario, e chi addirittura gli dice “pazzo”, che ha il significato di ‘rinnegato’, “«Sarà destinato al fuoco della Geènna»”.
Cosa vuol dire Gesù? Quando nel rapporto con l’altro tu ti arrabbi e non disinneschi subito questa rabbia, e questa rabbia si trasforma in insulto e l’insulto arriva addirittura ad escludere l’altro dalla tua vita – questo è il significato di ‘pazzo’ – ebbene sei destinato al fuoco della Geènna, l’immondezzaio di Gerusalemme. Cioè Gesù dice ai suoi discepoli: “Chi esclude qualcuno dalla propria vita si esclude dalla vita di Dio”.
Ed ecco perché è importante, dice Gesù, che prima del rapporto con Dio, la necessità è una buona relazione con i fratello. Ecco allora che Gesù fa l’esempio. “«Se presenti l’offerta all’altare e ti ricordi … »”, non che tu hai qualcosa contro tuo fratello, ma che tuo fratello ha qualcosa contro di te, vai a riconciliarti. Quindi la riconciliazione e la serenità nella comunità è talmente importante che precede i doveri nei confronti di Dio.
E per questo Gesù dice di avere un atteggiamento di benevolenza verso l’altro. E poi continua “«Avete inteso …»” e qui tratta il tema delicato dell’adulterio, “«… non commetterai adulterio. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna»”, e utilizza il termine per indicare la donna sposata, quindi la moglie di qualcuno, “«per desiderarla»”. Non si tratta qui del desiderio sessuale normale dell’uomo verso la donna, che fa parte dell’ordinamento della creazione, ma di considerare la donna di un altro come un oggetto di cui impossessarsi.
Ebbene, per Gesù, “«costui ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore»”, nella propria coscienza. E Gesù dà delle indicazioni, dei rimedi. “«Se il tuo occhio …»”, ha parlato di guardare e l’occhio indica il desiderio, “«.. ti è motivo di scandalo»”, cioè di inciampo, “«cavalo e gettalo via da te»”, cioè se c’è qualche criterio nella tua vita, qualche atteggiamento – poi Gesù farà l’esempio della mano che indica l’attività – ebbene, anche se doloroso, estirpa questi atteggiamenti dalla tua vita, perché altrimenti ti portano alla distruzione.
Infatti dirà Gesù “«Piuttosto che il tuo corpo venga gettato nella Geènna»”. Quindi se nella tua vita c’è qualche atteggiamento, qualche comportamento, che sai che ti può essere di inciampo per la pienezza della tua esistenza, eliminalo, anche se doloroso, piuttosto che rovinare completamente la tua esistenza. E Gesù poi tratta anche del ripudio. Qui non si tratta del divorzio, ma del ripudio, azione unilaterale dell’uomo nei confronti della propria moglie.
E poteva essere ripudiata per qualunque cosa. Ebbene Gesù non è d’accordo. Dice: “«Chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di …»”, e Matteo adopera il termine porneia, che ha una vasta gamma di significati, proprio per non far cadere nella casistica le parole di Gesù. E qui viene tradotto con “«Unione illegittima e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio»”.
E infine Gesù si rifà al rapporto che deve esistere all’interno della comunità, un rapporto di sincerità e di grande schiettezza, e quindi si rifà alla pratica del giuramento che Gesù esclude assolutamente all’interno della sua comunità. Dirà Gesù: “«Sia invece il vostro parlare ‘sì, sì, no, no’»”.
Quindi la bocca deve esprimere quello che contiene il cuore, quello che contiene la mente, senza alcuna doppiezza o falsità perché, avverte Gesù, “«il di più viene dal maligno»”. Il maligno, il diavolo, è quello che, secondo la Bibbia e secondo Gesù, ha introdotto nel mondo la menzogna, ed è immagine del potere. Il di più nel parlare è a uso e consumo delle strutture di potere per dominare gli altri, quindi Gesù invita, nel rapporto con i fratelli, nel rapporto all’interno della comunità, un linguaggio di schiettezza, non un linguaggio diplomatico, non un linguaggio di convenienza, ma chiaro e diretto.

sabato 8 febbraio 2020

Il Vangelo con commento di domenica 9 febbraio 2020.

Basilica di Santa Maria degli Angeli - Assisi. 
"Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore... " 

Cosa significa? 
Indica l’atteggiamento di quei discepoli che accolgono con entusiasmo il messaggio di Gesù, ma poi non lo mettono in pratica...

Il Vangelo con commento nel seguito. 

DAL vangelo secondo matteo (Matteo 5, 13-16)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».

Il commento. 
Dopo aver proclamato le beatitudini Gesù si rivolge ai suoi discepoli che l’hanno accolto e dice loro: “«Voi siete il sale della terra»”. Qual è il significato di questo sale? Da sempre nell’antichità il sale aveva il significato di quello che conserva gli alimenti. Gli alimenti, non esistendo i frigoriferi, si mettevano sotto sale e questo permetteva loro di essere conservati.
Da questo fatto di conservare gli alimenti poi il sale passò, in maniera figurata, a rappresentare ciò che rende valida e vera un’alleanza. Ad esempio per dare valore e validità continua a un documento, si spargeva sopra del sale.
Allora questo sale, nell’Antico Testamento, è diventato addirittura il segno dell’alleanza di Dio con il suo popolo. Nel libro del Levitico, per esempio, si legge: “Non lascerai mancare il sale”, cioè la fedeltà, “dell’alleanza del tuo Dio”. Quindi il sale rende valida e continua l’alleanza tra Dio e il suo popolo. Gesù nelle beatitudini ha proclamato la nuova alleanza tra Dio e il suo popolo; ebbene, quelli che l’accolgono, i discepoli, devono essere, col loro atteggiamento e con la loro vita, i garanti di tutto questo.
Quindi la fedeltà dei discepoli alle beatitudini rende valida la nuova alleanza e permette l’inaugurazione del regno. Allora Gesù dice “«Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore …»”, l’evangelista in realtà adopera un verbo che non sia applica per le cose, ma per gli uomini, perché l’evangelista letteralmente scrive “se il sale impazzisce”. Cosa significa questo ‘impazzire’?
Si rifà al termine ‘pazzo’ che poi ritroviamo nel capitolo 7 di questo vangelo, al versetto 26, dove Gesù parla di un pazzo che è andato a costruire la sua casa sulla sabbia; quando è arrivata la fiumana la casa stata travolta. E questo pazzo che costruisce sulla sabbia è colui che ascolta le parole del Signore, ma poi non le mette in pratica. Allora questo sale che impazzisce indica l’atteggiamento di quei discepoli che accolgono con entusiasmo il messaggio di Gesù, ma poi non lo mettono in pratica. Quindi Gesù dice: “«Se il sale impazzisce»”, cioè se non mettete in pratica queste mie parole, null’altro riesce a renderlo salato.
“«A null’altro serve che ad essere gettato via»”, letteralmente l’evangelista scrive ‘fuori’, che nel vangelo di Matteo ha sempre un significato di lontananza da Dio, quindi è sempre un significato negativo, “«e calpestato»”, Matteo adopera un verbo che dà proprio l’idea di qualcosa che viene triturato, calpestato “«dalla gente»”.
Cioè, se voi non siete fedeli, sta dicendo Gesù ai discepoli, a questa nuova alleanza, alle beatitudini, voi che mi seguite, meritate soltanto il disprezzo della gente; la gente che attende da voi un’alternativa a questa società, che attende da voi una modalità diversa nella vita, se vede che voi avete accolto questo messaggio a parole, ma poi non lo praticate, rimane delusa e si perde. Quindi meritate il disprezzo.
Poi Gesù passa a un altro esempio, “«Voi siete la luce del mondo»”. Luce del mondo a quel tempo si considerava Gerusalemme, si considerava Israele. Il profeta Isaia nel capitolo 60 scriveva, “Cammineranno le genti alla tua luce”. Ebbene ora la luce del mondo non è più qualcosa di statico, ma qualcosa di dinamico, il gruppo di discepoli che poi, alla fine del vangelo, Gesù li manderà ad annunziare questa buona notizia.
E qui Gesù fa degli esempi riguardo questa luce. Dice che “«La lampada non si accende per metterla sotto il moggio»”. Perché l’evangelista adopera questo termine ‘moggio’. Il moggio era il recipiente che si adoperava per misurare o conservare i cereali, in particolare il grano. Ebbene il moggio è immagine di quello che si dona, di quello che si dà. Il moggio allora non deve nascondere la luce, ma ne deve essere l’espressione.
Questa luce si manifesta nel dono, nel donare se stessi. Infatti dice “«Ma sul candelabro, così fa luce a tutti quelli che sono nella casa»”. Dice poi “«Risplenda la vostra luce davanti agli uomini perché vedano le vostre opere buone»”. Ecco, la luce sono le opere buone. Sono le opere che manifestano questa luce. Quindi Gesù non invita ad insegnare una dottrina, ma una pratica; la pratica delle beatitudini manifesterà visibilmente chi è Dio, chi è l’uomo e sarà questa luce che inonda la società.
Ma queste opere che sono la luce del mondo, aggiunge Gesù, “«E rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli»”. Quindi non la propria gloria, la propria ammirazione. Gesù poi nel capitolo 6 rimprovererà gli ipocriti, cioè teatranti, commedianti, e dirà: “«Guardatevi dal compiere le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati»”, questo è il peccato di idolatria.
L’ammirazione e la gloria di queste opere vanno dirottate, e per la prima volta nel vangelo di Matteo, Dio viene presentato come Padre. Padre, nella cultura dell’epoca, è colui che genera e che comunica la vita, “«al Padre vostro che è nei cieli»”. Quindi l’invito di Gesù è che la pratica delle beatitudini sia questa luce che piano piano inonda la società che sta nelle tenebre e che è assetata della buona notizia.

mercoledì 5 febbraio 2020

I finanziamenti energy

Ambiente ed energie rinnovabili sono temi strettamente correlati, così come i progetti green ed i finanziamenti. 

sabato 1 febbraio 2020

Il Vangelo con commento di domenica 2 febbraio 2020.

Il Duomo di Siena. 
L’evangelista in questo episodio vuole anticipare e raffigurare la difficoltà che avrà Gesù nel proporre al suo popolo una diversa relazione con Dio non più basata sull’obbedienza alle sue leggi, ma sull’accoglienza del suo spirito, del suo amore. 

Il Vangelo con commento nel seguito.

PRESENTAZIONE  DEL SIGNORE  (Lc 2,22-40)
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».
C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

Il commento.
Nonostante la straordinaria esperienza che i genitori di Gesù hanno avuto, in particolare sua madre, essi sono ancora ancorati alla tradizione del popolo che vede il rapporto con Dio basato sull’osservanza, sull’obbedienza alla sua legge.
L’evangelista in questo episodio vuole anticipare e raffigurare la difficoltà che avrà Gesù nel proporre al suo popolo una diversa relazione con Dio non più basata sull’obbedienza alle sue leggi, ma sull’accoglienza del suo spirito, del suo amore.
Ecco allora che l’evangelista, nell’episodio conosciuto come la presentazione di Gesù al tempio, presenta due comitive contrarie. Una raffigurata dai genitori di Gesù che portano il bambino per adempiere un inutile rito, perché essi intendono fare figlio di Abramo colui che è invece è già figlio di Dio. Dall’altra parte c’è l’uomo dello Spirito, Simeone, intenzionato ad impedire l’inutile rito.
I genitori vanno per la purificazione della madre - perché la nascita di un bambino rendeva impura la madre e quindi la donna doveva purificarsi attraverso un’offerta, e qui è l’offerta dei più poveri, una coppia di tortore - e soprattutto per pagare il riscatto del figlio.
Ogni primogenito maschio che nasceva, infatti, il Signore lo voleva per sé. Se i genitori lo volevano dovevano pagargli l’equivalente di venti giornate di lavoro, cioè cinque sicli. L’evangelista, mentre Maria e Giuseppe si dirigono con il bambino verso il tempio per compiere questo rito, ci presenta con sorpresa – l’evangelista adopera un’espressione che indica meraviglia – “Ecco a Gerusalemme c’è un uomo di nome Simeone”. Simeone significa “il Signore è ascoltato”, è l’uomo dello Spirito, che tenta di impedire l’inutile rito.
Infatti Simeone prende il bambino tra le braccia mentre i genitori volevano adempiere ad ogni cosa della legge e pronuncia una profezia che lascia sconcertati i genitori. Infatti di Gesù dice che sarà gloria del suo popolo, Israele, e questo Maria e Giuseppe lo sapevano, era il compito del Messia, del Figlio di Dio, ma, come novità, luce per rivelarti alle genti, cioè ai popoli pagani. L’amore di Dio, annunzia Simeone, è universale, non è più per il popolo eletto, ma per tutta l’umanità.
Pertanto i nemici di Israele, cioè i pagani, non dovranno più essere dominati come essi credevano, come la tradizione presentava, ma accolti da fratelli.
Poi Gesù a Maria dà una benedizione, che finisce in una maniera abbastanza sinistra. Gesù è raffigurato con quello che Luca più avanti nel suo vangelo presenterà come “una pietra”, pietra che può essere angolare, che serve per la costruzione, o la pietra che fa inciampare le persone, le fa sfracellare, e infatti dirà di Gesù: “Egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele”.
E, come segno di contraddizione anche a te, cioè si rivolge a Maria, la madre di Gesù, una spada trafiggerà l’anima, cioè la tua vita.
Qual è il significato di questa spada che trafigge l’intera vita di Maria?
La spada, sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento, raffigura la parola di Dio, che è efficace come una spada, così dirà l’autore della lettera agli Ebrei, la parola di Dio è come una spada che arriva fino alle giunture e alle midolla e al punto di divisione dell’anima e dello Spirito.
Quindi Simeone a Maria, che raffigura il popolo di Israele, annuncia che la parola di questo figlio per lei sarà come una spada che la costringerà a fare delle scelte, a volte anche molto dolorose. Infatti, nel prossimo episodio che l’evangelista presenterà, quello del ritrovamento di Gesù nel tempio, farà sì che le prime e uniche parole che Gesù rivolgerà alla madre saranno parole di rimprovero.
E’ ancora lungo il cammino di Maria. Maria dovrà comprendere che da madre del figlio dovrà trasformarsi in discepola. Un cammino lungo e doloroso, come una spada che trafigge l’anima.