domenica 25 ottobre 2020

Il Vangelo con commento di domenica 25 ottobre 2020.

Chiesetta sul monte Lefre - Castel Ivano (TN). 
I farisei vogliono mettere alla prova Gesù: "Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?" 

Rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. 

Quindi per Gesù non ci può essere un amore verso Dio che poi non si traduca in amore per il prossimo.

Il Vangelo con commento nel seguito. 

DAL VANGELO SECONDO matteo (Matteo 22, 34-40)

In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?».

Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

Il commento. 

Contro Gesù s’è scatenata l’offensiva finale di tutte le forze dell’istituzione religiosa. Ma ogni volta Gesù ne esce vincitore, anzi, l’evangelista commenta le risposte che Gesù da ai suoi rivali, ai suoi nemici che tentano di screditarlo: “Le folle erano colpite dal suo insegnamento”. Ecco allora il brano di oggi, Matteo 22,34-40, il nuovo attacco dei farisei contro Gesù, dopo essere usciti sconfitti dalla trappola che avevano sulla tassa da pagare a Cesare.

“Allora i farisei, avendo udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei ..” i sadducei si erano rivolti a Gesù per ridicolizzare la teoria della risurrezione, ma anche questa volta erano rimasti sconfitti dalle risposte di Gesù. “Si riunirono insieme”, i farisei pur di abbattere Gesù sono pronti ad allearsi col diavolo. Si sono alleati prima con gli erodiani – farisei ed erodiani sono nemici e rivali, i secondi sono filo-romani, mentre i primi detestavano i romani – ora sono pronti ad allearsi persino con i sadducei. C’era una profonda rivalità e inimicizia tra farisei e sadducei.

I sadducei dicevano che i farisei erano eretici! Ma Gesù è un pericolo per tutti. Allora si mettono insieme e “Uno di loro, un dottore della legge”, questa volta non affrontano Gesù così allo sbaraglio, ma mandano un esperto della legge che possa mettere in difficoltà Gesù. “Lo interrogò per tentarlo”, è questo il verbo adoperato dall’evangelista. Matteo insiste nel presentare gli scribi, questi zelanti custodi della tradizione, questi pii difensori della legge e della dottrina, in realtà l’evangelista li smaschera e dice che sono strumenti del diavolo perché pensano soltanto al proprio interesse, al prestigio della loro istituzione e del bene degli altri non interessa nulla.

Il dottore della legge si rivolge a Gesù chiamandolo Maestro. E’ la terza volta che appare questo titolo, sempre in bocca ai rivali di Gesù. “«Nella legge qual è il grande comandamento?»” cioè il comandamento più importante.

La risposta si sapeva. Qual è il comandamento più importante? Il comandamento più importante è quello che anche Dio osserva. E qual è il comandamento che Dio osserva? Il riposo del sabato. Per questo l’osservanza di questo unico comandamento equivaleva all’osservanza di tutta la legge, mentre la trasgressione di questo solo comandamento equivaleva alla trasgressione di tutta la legge e per questo era prevista la pena di morte.

Ebbene, la risposta di Gesù è sconvolgente. Gesù non cita nessun comandamento. Gesù ha preso le distanze dai comandamenti. Anzitutto non parla mai dei tre, importantissimi, che erano esclusivi di Israele e riguardavano gli obblighi nei confronti del Signore, ma quando ne deve parlare, indica soltanto quei doveri verso gli uomini che erano comuni a tutte le culture.

Ebbene, alla domanda su quale fosse il più importante dei comandamenti Gesù non cita nessun comandamento, ma, dal credo di Israele, tira fuori questa affermazione importante dal libro del Deuteronomio, cap. 6 versetto 5 “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutte … “. Il testo conteneva l’espressione “le forze, i beni, quello che l’uomo possiede, e Gesù lo sostituisce con “la mente”.

Con Gesù l’uomo non deve più privarsi dei suoi beni per offrirli al Signore, ma deve accogliere un Signore che si offre a lui. Ebbene, afferma Gesù, “«Questo è il grande e il primo comandamento»”, quindi quello più importante, l’amore totale verso Dio. Ma, per Gesù, l’amore verso Dio non è reale se non si traduce in amore per il prossimo. Ed ecco allora che, a sorpresa, dal libro del Levitico tira fuori un precetto. “«Il secondo poi è simile a quello: ‘Amerai il tuo prossimo come te stesso’»”.

Quindi per Gesù non ci può essere un amore verso Dio che poi non si traduca in amore per il prossimo. E’ importante sottolineare che questo è un insegnamento per la comunità giudaica, non per la comunità di Gesù. Quando Gesù dovrà insegnare e lasciare il suo comandamento non parlerà di amare il prossimo come uno ama se stesso, ma Gesù nel vangelo di Giovanni inviterà ad amarsi gli uni gli altri come lui ha amato.

Quindi non è l’uomo il parametro di questo amore, ma l’amore del Signore.

E Gesù conclude dicendo: “«Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge e i profeti»”. La legge e i profeti sono le due parti della Bibbia, quindi tutta la Bibbia si riassume e si concretizza in questo aspetto: l’amore verso Dio che si traduce in amore per gli altri.

Non si segnala nessuna risposta perché adesso sarà la volta, da parte di Gesù, di contrattaccare con un crescendo di violenza con una serie di “Ahi a voi, scribi e farisei! Ipocriti”.

domenica 18 ottobre 2020

Il Vangelo con commento di domenica 18 ottobre 2020.


Chiesa di San Giorgio -  Vigolo Vattaro (TN). 
«Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?»

... Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».

Gesù non dice di pagare, dice di rendere, cioè di restituire a Cesare quello che è di Cesare, cioè disconoscete la signoria di Cesare.

Quindi Gesù dice ai farisei: “Disconoscete la signoria di Cesare, però restituitegli il denaro. E restituite a Dio quello che è di Dio: il popolo di cui voi vi siete impadroniti, vi siete impossessati”.

Il Vangelo con commento nel seguito. 

DAL VANGELO SECONDO matteo (Matteo 22, 15-21)

In quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi.

Mandarono dunque a lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?».

Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare».

Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».

Il commento. 

Dopo la parabola degli invitati a nozze che hanno rifiutato l’invito per interesse, la casta sacerdotale al potere, l’élite religiosa, non mostra nessun segno di pentimento, nessuna conversione. Per lei è impossibile. Ma inizia una serie di attacchi contro Gesù che sarà effettuata – lo vedremo adesso – dai farisei, dagli erodiani, dai sadducei e da un dottore della legge.

Gesù è un pericolo da eliminare. Ormai non c’è più tempo da perdere. Allora nel capitolo 22 di Matteo, ai versetti 15-21, leggiamo: “Allora”, quindi dopo aver ascoltato questa parabola, “i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere Gesù in fallo nei suoi discorsi”. Il termine esatto è “messaggio”; è la parola.

Vogliono ormai trovare una contraddizione in Gesù, nel suo messaggio, in modo da fargli perdere questo grande credito, questo grande fascino che ha sulla folla. E quindi iniziano una serie di trappole ben studiate, ben congegnate che però Gesù smantellerà. “Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani”, i farisei erano il partito dei pii, delle persone religiose, e detestavano i romani che vedevano come il male assoluto. Gli erodiani erano il partito che sosteneva la stirpe degli Erodi ed erano collaborazionisti di questi romani.

Ebbene tra farisei ed erodiani c’era un odio mortale, ma ora hanno un nemico comune. Il nemico Gesù è un pericolo che va eliminato, quindi di fronte al pericolo comune ecco che i nemici si alleano. “A dirgli: «Maestro»”, è il solito linguaggio curiale, falso. Nel vangelo di Matteo quando appare il termine “Maestro” è sempre in bocca agli avversari, quasi sempre in bocca agli avversari di Gesù. “«Sappiamo che tu sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno”».

L’unico interesse di Gesù è il bene dell’uomo. E quando l’unico interesse è il bene dell’uomo si può annunziare la via di Dio secondo la verità. Dicendo che Gesù non guarda in faccia a nessuno i farisei rispondono all’accusa che Gesù invece ha rivolto contro di loro dicendo che “tutto quello che fanno è per essere ammirati”. Per questo i farisei non possono annunziare la via di Dio secondo la verità, ma secondo i loro interessi.

Da una parte c’è Gesù che mette l’interesse dell’uomo come valore principale, dall’altra ci sono i farisei che mettono il loro prestigio, la loro dottrina come interesse. Chi vi mette il bene dell’uomo annunzia la via di Dio secondo verità, gli altri annunziano soltanto quelle che sono espressioni del proprio potere, della propria sete di prestigio.

“«Dunque, di' …»”, non è una richiesta, il verbo è all’imperativo; pretendono. “«E’ lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?»”

La trappola è ben congegnata, siamo nel tempio e chiedono a Gesù se è lecito, cioè secondo la legge, pagare il tributo a Cesare. Cesare è il termine che indica l’imperatore, in questo caso era Tiberio. Come Gesù risponde si danneggia: se è favorevole a pagare il tributo a Cesare va contro la legge, nella quale bisognava riconoscere Dio come unico signore, se è contrario può essere accusato dagli erodiani – il braccio armato – di essere un sovversivo.

Le rivoluzioni a quell’epoca iniziavano sempre con quelli che si rivoltavano contro questo tributo, questa tassa pesante che tutti, uomini e donne dai dodici anni ai sessantacinque anni, dovevano versare. Quindi comunque risponda Gesù si danneggia.

“Ma Gesù, conoscendo la loro malizia”, letteralmente “malignità”. E’ la stessa dalla quale Gesù chiede alla comunità di essere esentata, “liberaci dal maligno”, “Rispose: «Ipocriti»”. Gesù non si lascia incantare da questi personaggi che ostentavano tanta religiosità e tanta vicinanza con il signore. Gesù li chiama “ipocriti” che, nel linguaggio del tempo significa “commedianti, teatranti”. Tutta la loro ostentata religiosità, tutta la loro spiritualità è soltanto una commedia che fanno per ottenere l’applauso e l’ammirazione della gente.

“«Perché volete mettermi alla prova?»” L’evangelista scrive “perché mi tentate”. I farisei, quelli che si consideravano leader spirituali del popolo, i più vicini a Dio, in realtà sono strumenti del diavolo e, come il diavolo, continuano a tentare Gesù. Quindi l’evangelista invita a non lasciarsi ingannare da questi che indossano questi paramenti, queste insegne religiose, che sembrano significare una loro vicinanza al Signore. Sono strumenti del diavolo.

Gesù li riconosce e dice: “«Perché mi tentate?»” Poi a quelli che volevano tendergli una trappola è lui che li incastra. Infatti a bruciapelo, non se l’aspettavano, chiede: “«Mostra«temi la moneta del tributo»”. Siamo nell’area del tempio. Nel tempio non può entrare nessuna moneta con l’effige umana e la moneta dell’imperatore raffigurava Tiberio con l’immagine di Dio.

Per questo c’erano i cambiavalute che cambiavano questi denari. Quindi nel tempio non si poteva entrare con il denaro dei pagani, era un sacrilegio. Ebbene Gesù chiede loro a bruciapelo di mostrargli la moneta del tributo. Ed essi, senza pensarci due volte, “gli presentarono un denaro”. Ma come? Proprio i farisei, i fanatici assertori della purezza, i fanatici convinti, tradizionalisti che osservavano tutte le leggi e i precetti, proprio loro le trasgrediscono nel tempio?

L’evangelista in realtà sta dicendo che, mostrando il denaro, mostrano qual è il loro vero Dio. Il vero Dio dei farisei non è il Padre di Gesù; è mammona, l’interesse. Per questo nel tempio, nel santuario di Dio, loro hanno il denaro, perché è il loro unico vero dio. La convenienza, l’interesse è quello che determina il loro agire.

“Egli domandò loro: «Quest’immagine e l’iscrizione di chi sono?»” Nell’immagine era raffigurato l’imperatore Tiberio come un Dio. “Gli risposero: «Di Cesare»”, dell’imperatore. “Allora disse loro: «Rendete dunque»”. Loro hanno chiesto se devono pagare, ma Gesù non dice di pagare, dice di rendere, cioè di restituire a Cesare quello che è di Cesare, cioè disconoscete la signoria di Cesare. Ma per disconoscerlo bisogna che gli restituiate la sua moneta. Se la tenete significa che in qualche maniera siete complici di questa oppressione.

“«E a Dio quello che è di Dio»”. Perché a Dio quello che è di Dio devono restituire i farisei? Perché i farisei hanno usurpato e deturpato il volto e l’immagine di Dio con le loro tradizioni. Come Gesù ha già annunciato, hanno annullato il comandamento di Dio per far posto alle loro invenzioni, alle loro tradizioni. Quindi Gesù dice: “Disconoscete la signoria di Cesare, però restituitegli il denaro. E restituite a Dio quello che è di Dio, il popolo di cui voi vi siete impadroniti, vi siete impossessati”.

Il versetto finale che non c’è nella parte liturgica è importante. “A queste parole rimasero meravigliati e lo lasciarono”, esattamente come il diavolo dopo le tentazioni. I farisei, i più vicini a Dio, l’evangelista li denuncia come strumenti del diavolo perché Dio è amore generoso che si mette al servizio degli uomini, il diavolo è il potere e l’interesse.

domenica 11 ottobre 2020

Il Vangelo con commento di domenica 11 ottobre 2020.

Il Duomo di Saronno (VA).
«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire». 

Tutti sono invitati a questa festa di nozze. L’offerta d’amore di Dio è per tutta l’umanità.

L’invito a partecipare al regno è per tutti, ma poi, una volta all’interno di questo regno, si esige la conversione, un cambiamento di mentalità che si deve vedere nelle opere.

“Perché molti sono i chiamati”, l’offerta d’amore è per tutti, “ma pochi eletti”, sono pochi quelli che rispondono affermativamente, perché per rispondere affermativamente occorre un cambio di vita che si rivela pienamente in opere che arricchiscano la vita degli altri, opere a favore del bene dell’uomo. La conversione significa mettere il bene dell’uomo come punto più importante della propria esistenza, come valore assoluto.

Il Vangelo con commento nel seguito. 

DAL VANGELO SECONDO matteo (Matteo 22, 1-14)

In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse:

«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 

Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città.

Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.

Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale: Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. 

Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

Il commento.

Gesù ha annunziato ai sommi sacerdoti, agli anziani, ai farisei, alla casta sacerdotale al potere e ai leader religiosi che sarà loro tolto il regno di Dio. Ora spiega il perché.

E’ quello che ci insegna Matteo nel capitolo 22, i primi quattordici versetti. Quindi Gesù riprende a parlare a loro, a queste categorie, e paragona il regno dei cieli ad un re che fa una festa di nozze. Gesù non paragona il regno dei cieli a un’assemblea liturgica, a un’immagine che richiama il tempio, le liturgie, ma a quella che era la festa più umana, più gioiosa, quella delle nozze, perché nel suo regno la caratteristica è la gioia, la felicità.

Dio desidera la felicità degli uomini. E queste nozze sono di suo figlio. Manda i servi a chiamare le persone invitate, ma queste non vogliono venire. Gesù sottolinea l’ostinato rifiuto da parte di questa casta sacerdotale al potere, dei leader religiosi, dell’invito alla novità da lui proposta. Il re non si scoraggia, manda altri servi.

Nei servi c’è l’immagine dei profeti che Dio instancabilmente ha mandato al suo popolo, e continua cercando di allettarli con quella che era la parte più simpatica e interessante della festa, un pranzo succulento. “«Ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già stati uccisi e tutto è pronto.»”

Quindi li attira con l’aspetto più attraente della festa. Ebbene, la risposta è che “Quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari”. Gesù sottolinea ancora una volta che il rifiuto da parte delle autorità religiose e dei capi spirituali del popolo della sua proposta di novità del regno, è dovuto all’unico Dio in cui loro credono, l’unico Dio che adorano: l’interesse, la convenienza. Tutto quello che fanno è per il proprio bene, il bene del popolo a loro non interessa e quindi alla proposta del regno preferiscono il proprio campo, i propri affari, i loro interessi e non i bisogni della gente.

E Gesù li ammonisce dicendo che il loro interesse sarà quello che poi porterà alla rovina tutto il popolo. Ma non solo, “presero i servi, li insultarono e li uccisero”, la sorte dei profeti inviati da Dio che sono sempre misconosciuti, rifiutati e perseguitati dalle autorità religiose. La reazione del re è quella classica dell’Antico Testamento con la quale si manifestava l’ira di Dio contro i nemici, cioè la distruzione della città. E qui c’è un’allusione alla distruzione di Gerusalemme, città che sarà perduta, che sarà distrutta proprio a causa dei capi religiosi che hanno rifiutato il messia di pace annunziato da Gesù.

Ebbene il risvolto della parabola è che questo regno, questa festa di nozze rifiutata dai capi e dalla casta sacerdotale, sarà ora aperta a tutti. Infatti “Poi disse ai suoi servi: «La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non sono degni; andate ora ai crocicchi delle strade»”, ecco qui c’è un termine che è erroneamente tradotto con “crocicchi”, cioè incroci delle strade.

Non è così. Il termine adoperato dall’evangelista è importante. Adopera un termine greco che indica la fine delle strade urbane, là dove iniziano i sentieri. Quindi i servi devono uscire dalla città e raggiungere i confini del regno. L’annunzio del regno ormai non è soltanto per la città, ma è ovunque. Allora devono uscire dalla città e andare per i sentieri del mondo.

E’ questo l’invito che Gesù fa. E tutti sono invitati a questa festa di nozze. L’offerta d’amore di Dio è per tutta l’umanità.

“Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni”, prima i cattivi e poi i buoni. Questo corrisponde a quello che Gesù ha detto dell’amore del Padre “sarete figli del Padre vostro che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e i buoni”, quindi non ci sono prima i buoni e poi i malvagi, ma tutti sono invitati. L’offerta d’amore di Dio è fatta per tutti, specialmente per quelli che ne hanno più bisogno.

“E la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale.” Qual è il significato di questo abito nuziale? Ci viene in soccorso il libro dell’Apocalisse in cui parla delle nozze dell’agnello e si legge che la veste di lino sono le opere dei santi. L’invito a partecipare al regno è per tutti, l’abbiamo detto, ma poi, una volta all’interno di questo regno, si esige la conversione, un cambiamento di mentalità che si deve vedere nelle opere.

E qui c’è uno invece che questo cambiamento, questa conversione non l’ha fatto. “Gli disse: «Amico»”. Tre volte appare il termine “amico” nel vangelo di Matteo ed è sempre in senso negativo; all’operaio invidioso nella parabola dei vignaioli, a Giuda e poi qui. “«Come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?»”

Nel regno di Dio la condizione per partecipare è la conversione. Gesù già l’aveva detto: “Convertitevi perché è vicino il regno di Dio”. Conversione significa sostituire i valori esistenti con quelli proposti da Gesù. Il regno di Dio è un’alternativa per la società dove al posto dell’accumulare ci sia il condividere, dove al posto del comandare ci sia il servire. E questo si deve vedere attraverso azioni concrete che lo manifestino.

“Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: «Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti»”. E’ un’immagine tipica presa dal linguaggio biblico, dal linguaggio rabbinico, per indicare il fallimento della propria esistenza. I capi religiosi, i sommi sacerdoti, gli anziani, i farisei, quelli che si ritenevano i più vicini a Dio, i privilegiati del regno, proprio loro invece non ci sono entrati, sono stati esclusi. La loro esclusione non mette fine al progetto d’amore per l’umanità, ma permette di espandersi e rivolgersi a tutto l’universo.

“Perché molti sono i chiamati”, l’offerta d’amore è per tutti, “ma pochi eletti”, sono pochi quelli che rispondono affermativamente, perché per rispondere affermativamente occorre un cambio di vita che si rivela pienamente in opere che arricchiscano la vita degli altri, opere a favore del bene dell’uomo. La conversione significa mettere il bene dell’uomo come punto più importante della propria esistenza, come valore assoluto.

Per questo le autorità religiose sono escluse, perché per loro il bene più importante è il proprio e quello dell’istituzione che presiedono e difendono.

sabato 3 ottobre 2020

Il Vangelo con commento di domenica 4 ottobre 2020.


Chiesa di Santa Chiara - Lecce (LE). 

E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”?

Gesù sferra un attacco contro le massime autorità religiose.

Hanno letto le Scritture ma non le capiscono, la scrittura può essere compresa soltanto quando viene posto come criterio interpretativo il bene assoluto dell’uomo.

Quei pagani che le autorità religiose ritenevano gli esclusi dal regno del Signore, quei pagani che dovevano essere sottomessi, i pagani che erano emarginati, invece saranno loro ad accogliere il regno di Dio affinché “«ne produca i frutti»”. 

Il Vangelo con commento nel seguito. 

DAL VANGELO SECONDO matteo (Matteo 21, 33-43)

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:

«Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.

Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini  a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.

Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra sé: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.

Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».

Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini che gli consegneranno i frutti a suo tempo».

E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”?

Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti». 

Il commento. 

Dopo aver inveito contro i sommi sacerdoti e gli anziani e aver denunciato che loro, che si ritenevano le categorie più vicine al Signore, erano esclusi dal Regno, dove invece erano entrate le categorie più impure, le più disprezzate, i pubblicani e le prostitute, Gesù sferra ancora un attacco contro le massime autorità religiose. E’ quello che leggiamo nel vangelo di Matteo, al capitolo 21, versetti 33-43.

Gesù si rivolge in maniera imperativa, senza alcun rispetto né ossequio, a questi capi e dice: “«Ascoltate»”, che non è un invito, ma un ordine molto preciso. “«Ascoltate un’altra parabola»”, ed è la terza tra le parabole che hanno come oggetto l’amore di Dio per la vigna. E Gesù cita un famoso brano del profeta Isaia, il canto d’amore del Signore per la sua vigna contenuto nel capitolo 5 dove, dopo aver narrato la tenerezza del Signore, la cura del Signore per la sua vigna, si finisce con una lamentazione del Signore.

Si aspettava che producesse uva e invece fece uva selvatica, si aspettava giustizia e invece “Ecco spargimento di sangue”. Ebbene Gesù narra che “«Quando arrivò il momento il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini per il raccolto»”. E cosa fecero i contadini? “«Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un alto lo uccisero e l’altro lo lapidarono.»”

Gesù riassume quelle che sono le sorti che attendono i profeti. Rivolta alle autorità religiose questa è una grave denuncia: le autorità religiose mai riconoscono gli inviati di Dio, ma anzi li osteggiano e, quando possono, li uccidono. “«Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo»”. Alla fine questo proprietario dice: “Mando il mio unico figlio”. Infatti manda il proprio figlio “«Dicendo: ‘Avranno rispetto per mio figlio’»”, e anche il termine “figlio” appare tre volte per indicare la completezza di questa tematica.

Il padrone pensa che avranno rispetto per il figlio, ma non sa che questi agricoltori, immagine delle autorità religiose, esigono rispetto per sé, ma loro non rispettano nessuno. Infatti Gesù denuncia: “«I contadini, visto il figlio, dissero tra loro: ‘Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità’»”. La denuncia di Gesù è tremenda. Tutto quello che fanno le autorità religiose lo fanno unicamente per il proprio tornaconto, per il proprio interesse.

Il Dio adorato da loro non è il Padre di Gesù, ma il Dio del tempio è mammone, la convenienza, l’interesse; quindi ragionano “questo è l’erede, noi l’ammazziamo e prendiamo l’eredità”. Tutto quello che fanno è per la convenienza. Per la convenienza – come denuncia il profeta Isaia – sono pronti a dire che è bene quello che è male e male quello che è bene. Ciò che determina l’agire delle autorità religiose non è mai il bene del popolo, ma il loro bene. Non quello che conviene alla gente, ma quello che conviene alla loro istituzione.

E infatti, denuncia Gesù, “«Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero»”. Sono le modalità contenute nel libro del Levitico, al capitolo 24, riservate ai bestemmiatori. Gesù sarà condannato come un bestemmiatore. Le autorità religiose che dovevano far conoscere al popolo la volontà di Dio. Quando incontrano Dio che si è fatto uomo in Gesù, lo denunciano come un bestemmiatore. In realtà sono loro che bestemmiano deturpando il volto di Dio.

Ebbene Gesù sta sempre parlando con i sommi sacerdoti e dice: “«Quando verrà il padrone»”, letteralmente il signore della vigna, che cosa farà a questi contadini? Gli risposero: ‘Quei malvagi li farà morire miseramente’»”, letteralmente “li distruggerà”, “«e darà in affitto la vigna ad altri contadini»”. Sono loro stessi che emettono la propria sentenza.

Per interesse hanno ucciso e l’interesse li distrugge. Sono divorati da mammona, la divinità che tutto distrugge e sono gli stessi sacerdoti che emettono la sentenza su se stessi. Questa volta sono stati incauti a rispondere. E Gesù con profonda ironia – sta parlando ai sommi sacerdoti, agli anziani del popolo - disse loro: “«Non avete mai letto nelle Scritture …»”. Sì l’hanno letto ma non lo capiscono, la scrittura può essere compresa soltanto quando viene posto come criterio interpretativo il bene assoluto dell’uomo.

E siccome quel che interessa alle autorità è il bene assoluto della loro istituzione, del loro prestigio, del loro potere, possono leggere le scritture, le possono anche proclamare, ma non le capiranno mai. E Gesù, con profonda ironia dice “non avete mai letto le scritture?” Figuriamoci è un salmo, il 118, certo che lo hanno letto! Ma lo leggono senza capire perché il velo del potere impedisce loro di scorgere il criterio interpretativo della scrittura: l’amore di Dio per la sua creatura, l’unico vero bene assoluto.

E Gesù cita il salmo 118  dove si dice che “«la pietra che i costruttori hanno scartato che i costruttori»”, gli ingegneri, i sapienti, “«hanno scartato è diventata la pietra d’angolo»”, la fondamentale, la più importante. E allora ecco la sentenza di Gesù, dopo che loro stessi si sono emessi la sentenza, “«Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio»”. Non solo il regno di Dio viene loro tolto, ma “«Sarà dato a un popolo»”.

Quei pagani che loro ritenevano gli esclusi dal regno del Signore, quei pagani che dovevano essere sottomessi, i pagani che erano emarginati, invece saranno loro ad accogliere il regno di Dio affinché “«ne produca i frutti»”. Poi c’è il versetto 44, che è un versetto dubbio, ma che è comunque fuori posto. Andrebbe dopo il 42.

E la parte liturgica purtroppo non ha la finale molto eloquente. “Udite queste parole i sommi sacerdoti e i farisei”, e appaiono i farisei che non erano apparsi perché l’evangelista vuol far comprendere che lo scontro di Gesù è con tutte le forze religiose di Israele, “capirono che parlava di loro e cercavano di catturarlo”. Lo vogliono eliminare.

Le parole di Gesù non suscitano un desiderio di pentimento, ma l’eliminazione di chi li ha smascherati. Per la casta sacerdotale al potere, per le autorità religiose, non c’è nessuna speranza.