venerdì 27 dicembre 2019

Il Vangelo con commento di domenica 29 dicembre 2019.

Il duomo di Milano. 
Ma perché l’evangelista qui, oltre alla citazione del libro dell’Esodo, dice che sono morti quelli che cercavano di uccidere il bambino quando in realtà è uno, Erode, quello che cerca di uccidere il bambino? 

Perché l’evangelista vuole anticipare quella che sarà l’azione dell’istituzione religiosa contro Gesù. Quindi nei ‘quelli’ vengono compresi i farisei, i sommi sacerdoti, gli anziani, tutta l’élite religiosa che si scatenerà contro Gesù.

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 2, 13-15.19-23)
I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo».
Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Dall’Egitto ho chiamato mio figlio».
Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino».
Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele. Ma, quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione della Galilea e andò ad abitare in una città chiamata Nàzaret, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: «Sarà chiamato Nazareno».

Il commento.
    La terra promessa si è trasformata in una terra di schiavitù e di morte, dalla quale bisogna scappare. L’evangelista anticipa, negli episodi dell’infanzia di Gesù, quei tragici avvenimenti che poi si svilupperanno durante tutta l’esistenza del Cristo. Ma vediamo il testo.
“Essi erano appena partiti”, sta parlando dei magi, “quando l’angelo del Signore”, ecco tornare questa formula, cioè Dio. Dio, quando interviene presso gli uomini, non viene mai presentato come realtà divina, come se stesso, come il Signore, ma sempre con questa formula ‘angelo del Signore’, ma è sempre il Signore quando entra in contatto con l’umanità.
Questo angelo del Signore interviene tre volte in questo vangelo per annunziare la vita di Gesù a Giuseppe, per proteggerla, come in questo caso, dalle mire omicide di Erode, e poi per confermarlo al momento della risurrezione.
“Apparve in sogno”, il Signore appare in sogno ai profeti, quindi Giuseppe viene in qualche modo qualificato come un profeta, “E gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto»”. Ecco la terra promessa si è trasformata in una terra di schiavitù. Il popolo era scappato dall’Egitto per entrare nella terra promessa, ma adesso deve scappare dalla terra promessa per andare a trovare rifugio proprio in Egitto.
“«E resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo»”. La notizia è verosimile. Sappiamo che Erode, il re legittimo, sospettoso di chiunque potesse togliergli in qualche maniera la corona, non esitò ad eliminare una decina di suoi familiari, addirittura ammazzò tre figli, l’ultimo appena qualche giorno prima di morire. Quindi la notizia è verosimile.
Ma è la risposta del potere al dono di Dio, come il faraone tentò di uccidere Mosè, così Erode tenta di uccidere Gesù. E l’evangelista descrive la fuga di Giuseppe come la fuga del popolo ebraico dall’Egitto nella notte di Pasqua. Infatti “Egli si alzò nella notte”, come la notte della liberazione, “prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse quello che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Dall’Egitto ho chiamato mio figlio» ”.
Quindi l’evangelista adopera questa profezia di Osea per vedere come l’azione del Signore protegge sempre il suo popolo quando si trova in situazioni di pericolo. “Morto Erode …”, ecco di nuovo l’angelo del Signore che torna di nuovo in azione, “…. Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre … »”, e ci saremmo aspettati che l’angelo dicesse a Giuseppe “Torna nella terra di Israele”.
E invece gli dice “«Va nella terra d’Israele»”, e vedremo il perché. “«Sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino»”. L’evangelista prende questa ultima espressione dal libro dell’Esodo dove si legge che “il Signore disse a Mosè: «Alzati e torna in Egitto: sono morti quelli che attentavano alla tua vita»”.
Quindi l’evangelista presenta Gesù come il nuovo Mosè, il nuovo liberatore del suo popolo. Ma perché l’evangelista qui, oltre alla citazione del libro dell’Esodo, dice che sono morti quelli che cercavano di uccidere il bambino quando in realtà è uno, Erode, quello che cerca di uccidere il bambino? Perché l’evangelista vuole anticipare quella che sarà l’azione dell’istituzione religiosa contro Gesù. Quindi nei ‘quelli’ vengono compresi i farisei, i sommi sacerdoti, gli anziani, tutta l’élite religiosa che si scatenerà contro Gesù.
“Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra di Israele”. Ecco anche qui di nuovo ci saremmo aspettati ‘tornò nella terra di Israele’, invece l’evangelista scrive che Giuseppe, con il bambino e la moglie, non torna nella terra di Israele, ma entra. Fa l’ingresso come il popolo quando entrò nella terra promessa. Quindi c’è già l’anticipo di quello che sarà il processo di liberazione, il nuovo esodo che Gesù compirà.
“Ma quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao, al posto di suo padre Erode”. Alla morte di Erode il regno venne diviso fra i tre figli. Ad Archelao andò la Giudea con la Samaria, e l’Idumea, a Erode Antipa la Galilea con la Perea, e a Filippo tutto il nord a oriente del lago di Tiberiade. Bene questo Archelao era sanguinario. Iniziò con un massacro di ben tremila cittadini, “Ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno”, ecco di nuovo l’azione del Signore come sempre guida Giuseppe, “si ritirò nella Galilea”, la regione più malfamata di Israele, una regione talmente malfamata che non ha nome.
Mentre la Giudea prende il nome da Giuda, uno dei patriarchi delle dodici tribù che hanno composto Israele, l’espressione Galilea viene dal disprezzo con il quale Isaia, nel capitolo 8 indica la regione dei pagani. In ebraico Isaia scrive Gelil, che significa ‘distretto, territorio’ dei pagani. Da Gelil viene il nome Galilea, quindi indica una zona semi-pagana, una zona lontana dal centro religioso.
E non solo, “E andò ad abitare in una città chiamata Nazaret”, una città malfamata. Sappiamo nel vangelo di Giovanni, la meraviglia di Natanaele quando gli dicono che Gesù viene da Nazaret, e lui sorpreso dice “Da Nazaret può uscire qualcosa di buono?”
“Perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: «Sarà chiamato… »”, e l’evangelista non scrive ‘Nazareno’, quindi abitante di Nazaret, ma scrive ‘Nazoreo’, ed è importante questo termine, perché in questo termine l’evangelista racchiude tre significati: Nezer, che significa virgulto, dalla profezia di Isaia al cap. 11 “Un virgulto spunterà dalle sue radici, dalla casa di Davide”, Iesse è il padre di Davide Nazir, che significa consacrato. E naturalmente Nazaret, la provenienza di Gesù.

martedì 24 dicembre 2019

Il Vangelo con commento di domenica 22 dicembre 2019.

Bosentino (TN). 
"Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo." 

Il vangelo non è un libro di ginecologia e neanche di biologia, ma è teologia.

L’evangelista vuole dire che in Gesù c’è la nuova creazione. Come lo Spirito aleggiava sulle acque, così lo Spirito creatore aleggia su Maria e Gesù nasce come esempio e modello della creazione voluta da Dio.

Dal vangelo secondo Matteo (Matteo 1, 18-24)
Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.
Però, mentre stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa “Dio con noi”.
Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.

Il commento.
Matteo descrive la nascita di Gesù ispirandosi al primo libro della Bibbia, la Genesi, perché vuole indicare che, in Gesù, c’è una nuova creazione. Il libro della Genesi inizia con queste parole “In principio Dio creò il cielo e la terra”, e poi scrive l’autore, “lo spirito di Dio aleggiava sulle acque”. Ugualmente ora lo spirito creatore interviene per la nuova creazione.
Gesù è il vero uomo creato da Dio, l’uomo che ha vita divina, capace di superare la morte. Vediamo cosa dice Matteo. “Così fu generato Gesù Cristo”. Dopo che per 39 volte il verbo generare è stato attribuito a un uomo che genera un altro uomo, arrivato a “Giacobbe generò Giuseppe”, lì la catena della generazione si interrompe.
L’evangelista non scrive “Giuseppe generò Gesù”, ma da Maria viene generato. Quindi tutta quella tradizione – il padre non trasmetteva soltanto la vita, ma la tradizione e la spiritualità – nel popolo di Israele si interrompe con Giuseppe. “Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo …”, qui traducono con “promessa sposa”, è difficile nella nostra lingua usare un termine che non c’è per indicare il rito del matrimonio e delle nozze in Israele.
Il matrimonio avviene in due tappe. La prima, quando la ragazza ha dodici anni e il ragazzo diciotto, avviene lo sposalizio. Da quel momento sono marito e moglie, poi, un anno dopo, avvengono le nozze e la ragazza entra nella casa dello sposo. Nell’intervallo di questo anno non è lecito avere rapporti matrimoniali e, in caso di adulterio, è prevista la lapidazione.
Quindi Maria è già sposata. E’ la prima fase del matrimonio. “Prima che andassero a vivere insieme”, quindi prima che passassero alle nozze, “si trovò incinta per opera dello Spirito Santo”. Il vangelo non è un libro di ginecologia e neanche di biologia, ma è teologia. L’evangelista vuole dire che in Gesù c’è la nuova creazione. Come lo Spirito aleggiava sulle acque, così lo Spirito creatore aleggia su Maria e Gesù nasce come esempio e modello della creazione voluta da Dio.
Quindi per questo Spirito Santo si intende la forza creatrice di Dio. “Giuseppe, suo sposo, poiché era uomo giusto”, uomo giusto non ha la nostra connotazione di persona moralmente integra, giusto è la persona fedele, osservante della legge e di tutte le prescrizioni di Mosè. Ebbene, il fatto di essere giusto costringeva Giuseppe a denunciare la moglie come adultera, e farla lapidare.
“E non voleva accusarla pubblicamente”, quindi Giuseppe entra in crisi tra l’osservanza della legge e un sentimento, se non d’amore, di misericordia. “Pensò di ripudiarla in segreto”. Il ripudio era molto semplice a quell’epoca, si poteva ripudiare la moglie anche per una pietanza bruciata, bastava scrivere su un foglio di carta “tu non sei più mia moglie”, e la donna veniva cacciata via. Quindi Giuseppe non vuole denunciarla, non vuole far uccidere la propria sposa, però neanche la può tenere.
Allora pensa di ripudiarla in segreto. Ma basta che il fronte della legge venga leggermente incrinato dall’amore che lo Spirito entra e interviene. Infatti, “mentre stava considerando queste cose, ecco, in sogno …”. Perché in sogno? Nel mondo ebraico – e Matteo scrive per una comunità di giudei – si evita il contatto diretto tra Dio e gli uomini, allora Dio interviene in sogno.
Nel Libro dei Numeri si legge “Se ci sarà un vostro profeta, io Jahvè in visione a lui mi rivelerò, in sogno parlerò con lui”. Quindi il sogno è la maniera che Dio ha per comunicare con gli uomini. “Gli apparve in sogno un angelo del Signore”. Angelo del Signore non si intende un angelo inviato dal Signore, ma quando Dio interviene con gli uomini, viene raffigurato attraverso questo angelo del Signore, che è Dio stesso.
C’era una distanza tra Dio e gli uomini, c’era una lontananza, e nel mondo ebraico non si permetteva che Dio si avvicinasse agli uomini. Quando lo faceva si usava questa formula “angelo de Signore”, ma è Dio stesso. L’angelo del Signore interviene tre volte in questo vangelo sempre in funzione della vita, perché Dio è il Dio amante della vita. Interviene qui per annunziare la vita di Gesù a Giuseppe; poi interverrà per difenderla dalle trame assassine del re Erode e infine al momento della risurrezione, per confermare che la vita, quando proviene da Dio, è capace di superare la morte. E questa è la prima volta.
“E gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa»”, ecco che infatti sono sposati. “«Il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo»”, quindi c’è questa nuova creazione che si manifesta in Gesù. “«Ella darà alla luce …»” letteralmente ‘partorirà’ “«… un figlio e tu lo chiamerai …»”, e qui c’è una novità.
Al bambino si metteva il nome del papà oppure del nonno, in maniera che il nome si perpetuasse in eterno, una maniera per rimanere vivi per sempre. Quindi la tradizione voleva che il bambino portasse il nome del padre o del nonno. Ebbene, con Gesù si interrompe la tradizione, con Gesù inizia un’epoca nuova. “«Lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati»”.
Non vediamo nessun nesso tra il fatto che si chiami Gesù e il fatto che salvi il suo popolo dai suoi peccati. In italiano, per rendere l’idea di quello che l’evangelista ci vuole trasmettere, dovremmo tradurre: “Si chiamerà Salvatore, perché salverà il suo popolo dai peccati”. Infatti in ebraico Gesù si dice Jeshuà, e il verbo ‘salverà’ si dice joshuà. Quindi c’è una differenza di vocale.
Si chiamerà Jeshuà perché joshuà, quindi potremmo rendere si chiamerà Salvatore perché salverà il suo popolo dai suoi peccati. Ma quello a cui l’evangelista vuole arrivare, è la citazione del cap. 7 versetto 14 del profeta Isaia, “Ecco la vergine concepirà e darà alla luce un figlio”, il profeta sta parlando al re Acaz della nascita del figlio Ezechia, “«A lui sarà dato il nome di Emmanuele che significa “Dio con noi”»”.
Ecco questo è il motivo portante, il filo conduttore di tutto il vangelo di Matteo. Questa formula del “Dio con noi”, che riapparirà a circa metà del vangelo, quando Gesù dirà ai discepoli “Fino a quando dovrò stare starò con voi”, oppure quando dirà “Quando due o più sono riuniti nel mio nome io sono in mezzo a loro”, e poi sarà l’ultima parola di Gesù.
Le ultime parole di Gesù “Io sono con voi per sempre”, questo è il filo conduttore del vangelo di Matteo, il Dio con noi, un Dio allora che non è più da cercare, ma da accogliere, e con lui e come lui andare verso gli uomini. Se Dio si è fatto uomo, l’uomo non deve andare più verso Dio, ma accoglierlo. Inizia l’epoca in cui non si vive più per Dio, ma si vive di Dio e con Dio si va verso l’umanità.
E termina il vangelo, “Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa”. Quindi è un Vangelo di una grande novità. Con Gesù Dio si è fatto uomo, questo significa che Dio si è fatto pienamente umano pertanto, più gli uomini saranno umani, e più scopriranno e manifesteranno la divinità che è in loro.

sabato 14 dicembre 2019

Il Vangelo con commento di domenica 15 dicembre 2019.

Basilica di San Vittore - Varese. 
Per molte persone pie e religiose, di oggi come di quei tempi, è intollerabile, inaccettabile, che Dio il suo amore lo riversi sugli uomini indipendentemente dai loro meriti o dal loro comportamento.

DAL vangelo secondo Matteo (Matteo 11, 2-11)
In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».
Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: "Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via".
In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui»

Il commento. 
Il vangelo di oggi ci riporta alla profonda crisi nella quale cadde Giovanni Battista. Lui, che pur aveva riconosciuto in Gesù il Messia, ora comincia a dubitarne. Perché? Giovanni Battista era l’erede di una spiritualità, di una tradizione, di una religiosità, che sperava in un popolo di giusti, come aveva profetato il profeta Isaia: il tuo popolo sarà tutto di giusti.
E rimane sconcertato dal comportamento di Gesù che afferma di non essere venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori. Lui aveva presentato un messia che avrebbe castigato peccatori e miscredenti e sente dire che Gesù non annunzia il castigo di Dio, ma l’amore di Dio proprio per queste categorie.
Allora Giovanni è in crisi e gli manda un ultimatum che ha tutto il sapore di una scomunica. “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?” Gesù nella sua risposta elenca le azioni del messia così come erano descritte nel libro del profeta Isaia, e sono sei azioni, corrispondenti ai sei giorni della creazione, coi quali si comunica vita ai chi vita non ce l’ha.
“I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunziata la Buona Notizia”, ma Gesù censura l’ultima delle azioni del messia, la vendetta contro i pagani, la vendetta contro i dominatori.
Gesù non parla di vendette, ma parla soltanto di amore di Dio. Gesù non presenta il castigo di Dio, ma presenta una via di Dio, quella dell’amore, per far crescere tutte le persone. E c’è un monito di Gesù, che è attuale più che mai, “E beato colui che non trova in me motivo di scandalo!”
Cosa significa questo? Le persone del tempo tremavano naturalmente all’immagine del Dio presentato da Giovanni Battista, un Dio che punisce, un Dio che castiga, un Dio che si offende. Però era il Dio che loro conoscevano, per cui tremavano, ne avevano paura, ma non si scandalizzavano. Al contrario si scandalizzano del Dio di Gesù.
Le stesse persone che non si scandalizzavano sentendo parlare di un Dio terribile nelle sue vendette e nei suoi castighi, sono proprio quelle che si scandalizzano sentendo l’annunzio di Gesù di un Dio che ama tutti quanti indipendentemente dalla loro condotta e dal loro comportamento. Questo alle persone pie, alle persone religiose, di oggi come allora, porta sempre sconcerto. E’ intollerabile, inaccettabile, che Dio il suo amore lo riversi sugli uomini indipendentemente dai loro meriti o dal loro comportamento.
Bene, una volta che i discepoli di Giovanni se ne sono andati, Gesù elogia Giovanni di fronte alle folle. E lo fa con due paragoni importanti. Dice: “Cosa siete andati a vedere nel deserto?” Si tratta di Giovanni. “Una canna sbattuta dal vento?”, cioè un opportunista che si china ad ogni vento di potere, che si mette al servizio di ogni potente.
“Cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi del re”. Allora Gesù sta mettendo in guardia i suoi ascoltatori, Giovanni è l’inviato di Dio, ma gli inviati non possono essere degli opportunisti, sempre a galla con il potente di turno. Gli inviati di Dio non possono essere cortigiani, vivere al palazzo, mangiare alla mensa del potente, ma devono essere coloro che denunciano le nefandezze del potente.
E poi Gesù conclude dicendo che: “Fra i nati di donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel Regno dei cieli è più grande di lui”.
Cosa vuol dire Gesù con questa espressione? Come Mosè non è potuto entrare nella terra promessa pur avendo guidato il popolo, così Giovanni Battista ha annunziato il regno di Dio, ma non c’è potuto entrare perché è stato ucciso. Ecco qui la grandezza di Giovanni Battista, però quelli del Regno saranno ben più grandi di Giovanni, inviato di Dio.

sabato 7 dicembre 2019

Il Vangelo con commento di domenica 8 dicembre 2019.

Chiesa di Sant'Andrea Apostolo - Ossenigo, Dolcè (VR). 
Concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù...
Era inconcepibile nella cultura di quel tempo, che una donna prendesse una qualsiasi decisione, senza il permesso del maschio di casa.
Maria trasgredisce: sarà lei a dare il nome al figlio, e sarà lei che decide senza chiedere nulla al marito né al padre.
Quindi il vangelo di Luca si apre con questa novità di aprirsi al nuovo di cui Maria, la donna dello Spirito ne è l’esempio eclatante.

Lc 1,26-38
[In quel tempo,] l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

Il commento.
Il vangelo di Luca si apre con l’annunzio di due nascite: quella di Giovanni Battista e quella di Gesù. Sono nascite che indicano il compimento delle promesse di Dio anche in casi impossibili.
Nel primo caso i genitori sono anziani e la madre è sterile, e nel secondo è una vergine che ancora non ha avuto rapporti con il proprio marito. Sentiamo come Luca, l’evangelista, ci descrive tutto questo. “Al sesto mese” - nel sesto mese, come nel sesto giorno, Dio completa la sua creazione -“l’angelo Gabriele” - Gabri-El significa “la forza di Dio” - “fu mandato da Dio”, e qui questa volta la missione dell’angelo è tutta in salita, è difficile.
Se prima è andato a Gerusalemme, nel santuario, nel momento più importante della vita di un sacerdote, appartenente a una delle classi più prestigiose del sacerdozio e ha trovato soltanto incredulità, il sacerdote non ha ascoltato la parola, e per questo è rimasto senza parole da comunicare al popolo.
Ebbene, ora invece la situazione si presenta difficile, va in una città della Galilea; questa regione era talmente disprezzata che il termine Galilea viene dal disprezzo con il quale il profeta Isaia chiama questo luogo il distretto, da qui “Ghelil” in ebraico la nostra Galilea, il distretto dei pagani.
“…in un città chiamata Nazaret” - Nazareth è un piccolo paese mai citato nella Bibbia - “ad una vergine promessa sposa”.
Nella lingua italiana non abbiamo l’equivalente termine per indicare il rito matrimoniale ebraico.
Il matrimonio ebraico si svolgeva in due tappe: la prima, che chiamiamo sposalizio, quando la ragazza aveva 12 anni e il maschio 18 serviva a valutare la forza, la capacità della ragazza di fare figli e quindi stabilirne la dote.
Poi, dopo questa cerimonia dopo la quale erano marito e moglie, ognuno tornava a casa sua e un anno dopo la ragazza veniva portata nella casa del marito e lì incominciava la convivenza.
Quindi la prima parte del matrimonio si chiama lo sposalizio, la seconda le nozze, quindi è una vergine già sposata a “un uomo della casa di Davide di nome Giuseppe, la vergine si chiamava Maria”. Piena di grazia”  non è una costatazione che l’angelo fa delle virtù di Maria, ma dice che è stata riempita della grazia di Dio, e la saluta come venivano salutati i grandi personaggi che hanno compiuto azioni importanti per la storia del popolo, come per esempio Gedeone, “«il Signore è con te»”.
Maria viene turbata da quest’annuncio, anche perché in quell’epoca si pensava che Dio non avrebbe mai rivolto la parola ad una donna. La donna era considerata la più lontana da Dio, e l’angelo le dice: “«Non temere Maria perché hai trovato grazia presso Dio»”.
“Grazia” non è una constatazione di virtù di Maria, ma l’amore che Dio ha riversato su questa donna. “«Ecco concepirai un figlio»” - e inizia la prima delle trasgressioni che caratterizzano il vangelo di Luca - “«Lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù»”.
Contro ogni tradizione, non spettava alla donna dare il nome al figlio, era il padre che normalmente dava al figlio il proprio nome, così si perpetuava. Qui inizia giù la rottura con la tradizione.
Il primo indizio delle tante rotture della tradizione che poi Gesù porterà a compimento. “«Sarà grande, verrà chiamato Figlio dell’Altissimo»”, Giuseppe è escluso da tutto questo.
Perché Giuseppe viene escluso?
Perché il padre non trasmetteva soltanto la vita fisica, biologica, ma trasmetteva anche la tradizione, trasmetteva anche la spiritualità, ecco in Gesù c’è una nuova creazione, Lui sarà il Figlio di Dio, seguirà il Padre, e annuncia l’angelo a Maria, che in Gesù avranno luogo pieno il compimento delle promesse che Dio aveva fatto al suo popolo, di un regno senza fine. Maria? Maria accetta, vuole sapere soltanto le modalità, dice: come avverrà questo perché non conosco uomo. Perché non era ancora passata nella seconda fase del matrimonio. Nella prima fase non era permesso avere rapporti con il marito.
“«Rispose l’angelo: lo Spirito Santo»”, la presenza di Maria in questo vangelo si apre e si chiude all’insegna dello Spirito, Maria è la donna dello Spirito. Su di lei all’annunciazione scende lo Spirito Santo, e poi l’ultima volta la troveremo nella parte del vangelo di Luca chiamata gli Atti degli Apostoli, al momento della Pentecoste, quindi Maria è la donna dello Spirito.
Lo Spirito Santo significa che in Gesù si manifesta la vera e nuova definitiva creazione. “«Scenderà su di te la potenza dell’Altissimo, ti coprirà con la sua ombra perciò colui che nascerà sarà Santo»” - cioè consacrato - “«sarà chiamato Figlio di Dio»”, sta dicendo che sarà il Messia.
E come garanzia, come prova di quanto l’angelo sta assicurando a Maria le dice che Elisabetta, sua parente, la moglie di Zaccaria, “«nella sua vecchiaia»”, quindi l’evangelista sottolinea la difficoltà di questa realizzazione, ma Dio è fedele alle sua promesse nonostante ogni difficoltà. Solo che il compimento delle promesse esige collaborazione da parte dell’uomo, con l’ascolto della sua parola, con il fidarsi, e Zaccaria non si è fidato, e soprattutto con l’agire.
“«Ecco, Elisabetta ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei che era detta sterile»”. Vecchiaia e sterilità non sono problemi per l’azione del Signore, per realizzare i suoi progetti. Perché nulla è impossibile a Dio. La forza creatrice di Dio non ha limiti, però esige la collaborazione dell’uomo che come abbiamo detto deve ascoltare la sua parola, fidarsi di questa parola, e poi agire di conseguenza. “«Allora Maria disse: ecco la serva»”, Maria non dice che è una serva del Signore, dice che è la serva, nei testi biblici Israele viene chiamato il servo del Signore, quindi Maria si viene ad identificare, rappresentare quelli che sempre si sono fidati del Signore, l’Israele del Signore. E qui c’è l’altra trasgressione con la quale si chiude questo brano, “avvenga di me secondo la tua parola”. Come si permette Maria di accettare questa proposta senza aver consultato e ottenuto il permesso da parte del padre o del marito?
Era inconcepibile in una cultura del genere che una donna prendesse una qualsiasi decisione senza il permesso. L’autorizzazione da parte del maschio di casa, ecco Maria continua questa trasgressione. Sarà lei a dare il nome al figlio, e sarà lei che decide senza chiedere nulla al marito né al padre.
Quindi il vangelo di Luca si apre con questa novità di aprirsi al nuovo di cui Maria, la donna dello Spirito ne è l’esempio eclatante.