sabato 29 agosto 2020

Il Vangelo con commento di domenica 30 agosto 2020.

Chiesa di Santa Chiara - Lecce. 

“«Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso»”. 

Rinnegare se stesso non significa mortificare la propria esistenza, ma rinunciare ai pensieri di ambizione, di successo, di supremazia. 

Quindi questa è l’alternativa che Gesù offre. Vivere per gli altri, dare, non è perdere, ma guadagnare.

Significa realizzare pienamente se stessi.

Il Vangelo con commento nel seguito. 

DAL VANGELO SECONDO matteo (Matteo 16, 21-27)

In quel tempo, Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. 

Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».

Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.

Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria anima?

Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni». 

Il commento. 

Ai discepoli che seguono Gesù pensando che lui sia il messia trionfatore, vincitore, quello annunziato dalla tradizione, che a Gerusalemme avrebbe conquistato e preso il potere, Gesù per la prima volta parla apertamente di quello che l’attende a Gerusalemme.

Siamo al capitolo 16 del vangelo di Matteo, dal versetto 21. “Da allora Gesù cominciò”, quindi significa una serie di insegnamenti che continuano lungo tutto il suo percorso, “a spiegare ai suoi discepoli che doveva …”, il verbo dovere è un verbo tecnico che indica la volontà di Dio, “andare a Gerusalemme e soffrire”.

Questo verbo è una creazione degli evangelisti perché assomiglia molto al termine Pasqua, infatti il verbo soffrire in greco è Pàsco ed ha assonanza con il termine Pasca, che significa Pasqua, perché gli evangelisti hanno visto in Gesù il vero agnello pasquale. “Soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi”; tutti questi sono i componenti del sinedrio, il massimo organo giuridico di Israele, “venire ucciso”, quindi Gesù non andrà a conquistare il potere, ma sarà ucciso dai detentori del potere religioso. I massimi rappresentanti dell’istituzione religiosa saranno gli assassini di Gesù. Però aggiunge, “E risorgere il terzo giorno”.

Il terzo giorno non è un’indicazione cronologica, il numero tre indica ciò che è pieno, ciò che è completo, quindi sarà ucciso, ma tornerà in vita pienamente. Ebbene, appena Gesù ha detto questo, Pietro entra in gioco. L’evangelista presenta Simone soltanto con il soprannome negativo, termine tecnico con il quale Matteo indica l’opposizione, la contrarietà di questo discepolo a quanto Gesù annunzia.

“Pietro lo prese a sé”, quindi lo afferra e non appena Gesù ha cominciato a spiegare, Pietro comincia la sua resistenza. “E cominciò a rimproverarlo”, letteralmente sgridarlo, ed è il termine che si adopera per scacciare i demoni. Quindi per Pietro quello che Gesù ha detto non corrisponde alla volontà divina, ma è addirittura un pensiero satanico, un pensiero demoniaco.

La traduzione traduce con “Dio non voglia”, ma letteralmente è “«Ti perdoni»”, e si sottintende Dio. E’ un’espressione che veniva adoperata per quelli che avevano abbandonato Dio. Si trova anche nel profeta Geremia, capitolo 5, versetto 7. Quindi “«Ti perdoni, Signore; questo non ti accadrà mai»”. Quindi per Pietro quello che Gesù sta dicendo è una cosa lontana da Dio, per cui Dio deve perdonarlo, addirittura un pensiero demoniaco.

“Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana!»” Sono gli stessi termini che Gesù ha adoperato nel deserto per rifiutare le seduzioni del tentatore. Come al tentatore, al diavolo, Gesù dice “Vattene”, però Gesù non rompe con il discepolo, gli dà una possibilità: “torna a metterti dietro di me”.

Fintanto Pietro sta davanti e vuole lui indicare la traccia, la via, lui è il Satana, l’avversario. Allora Gesù dice “«Vattene dietro di me, Satana! Tu mi sei di scandalo»”. Quello che Gesù aveva definito una pietra adatta per la costruzione della sua ecclesìa, cioè la comunità dei credenti convocati dal Signore, quello che era stato chiamato ad essere un mattone per la costruzione, adesso diventa una pietra di inciampo, una pietra di scandalo.

Perché? “«Perché non pensi secondo Dio»”, cioè le categorie dell’amore e del servizio, “«ma secondo gli uomini»”, cioè le categorie del potere e del dominio. Gesù comprende che non è solo Pietro ad avere questa mentalità, ma anche tutti i discepoli. Ecco allora che si rivolge a tutto il resto dei suoi. “Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me»”, Gesù ha invitato Pietro ad andare dietro di lui e ora fa comprendere quali sono le condizioni per poterlo seguire.

“«Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso»”, rinnegare se stesso non significa mortificare la propria esistenza, ma rinunciare a questi pensieri di ambizione, di successo, di supremazia, e poi prosegue, letteralmente “«e sollevi la sua croce»”. La croce non viene data da Dio, ma viene presa dagli uomini. L’evangelista adopera il termine “sollevare”, che indicava il momento nel quale il condannato doveva sollevare da terra il patibolo e caricarselo sulle spalle.

Poi da lì, dal tribunale, uscire dalla porta della città per andare nel luogo dove doveva essere giustiziato. Era il momento più tremendo, il momento della solitudine. La gente aveva l’obbligo religioso di insultare e malmenare questa persona.

“«Sollevi la sua croce»”, la croce era la pena di morte riservata ai rifiuti della società. Quindi Gesù non sta parlando di sofferenze e di dolore, ma sta parlando dello scandalo che seguire Gesù comporta, uno scandalo che arriva a far considerare Gesù e quelli che lo seguono rifiuti della società, persone addirittura rifiutate da Dio, perché la croce era il supplizio per i maledetti da Dio, “«e mi segua»”.

Gesù quindi non sta parlando della morte in croce, ma della via verso il supplizio, una via in solitudine, una via del disonore. Se i discepoli non sono pronti a perdere la propria reputazione – perché di questo si tratta – che non pensino a seguirlo, perché seguire Gesù significa andare incontro al massimo disonore. E poi Gesù aggiunge: “«Perché chi vuole salvare la propria vita la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà»”.

Chi vive per gli altri realizza pienamente la propria esistenza, chi vive centrato esclusivamente sui propri bisogni, sulle proprie necessità, la distrugge. Quindi questa è l’alternativa che Gesù offre. Vivere per gli altri, dare, non è perdere, ma guadagnare. Significa realizzare pienamente se stessi.

E Gesù commenta: “«Quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita?»” A che serve guadagnare tanto, conquistare tanto e poi smarrire se stesso? Questo è il significato. E’ una critica che Gesù fa alle persone di potere, qualunque potere. Le persone che hanno conquistato il potere, divorati dalla loro ambizione, sono persone che hanno tanto, ma non hanno nulla perché hanno completamente smarrito se stesse.

Sono persone alla deriva dalla vita, alla deriva dalla felicità. “«Perché il Figlio dell’Uomo»”, Figlio dell’uomo indica Gesù nella pienezza della condizione divina, “«Sta per venire nella gloria del Padre suo»”. Gesù contrappone al massimo disonore, la pena di morte alla quale è stato condannato dal sinedrio, quindi il massimo disonore dell’istituzione religiosa, il massimo onore da parte di Dio.

Quindi “«nella gloria del Padre suo con i suoi angeli»”. E qui Gesù cita il libro dei Proverbi, capitolo 24, versetto 12, “«e renderà a ciascuno secondo le sue azioni»”, letteralmente “la prassi”. L’uomo è valutato per la vita che ha praticato, per le opere che ha fatto, e non per le idee o le dottrine religiose che ha professato. E’ quello che si fa per gli altri che determina la propria esistenza.

sabato 22 agosto 2020

Il Vangelo con commento di domenica 23 agosto 2020.

Basilica della Santissima Trinità di Saccargia - Codrongianos (SS). 

“«A te darò le chiavi del regno dei cieli»”

Gesù non dà a Pietro le chiavi per l’accesso all’aldilà, non lo incarica di aprire o chiudere, ma lo ritiene responsabile di quelli che sono all’interno di questo regno, che è l’alternativa che Gesù è venuto a proporre.

Il Vangelo con commento nel seguito. 

DAL VANGELO SECONDO Matteo (Matteo 16, 13-20)

In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti».

Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».

E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli ìnferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».

Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.

Il commento. 

Per tenere lontani i suoi discepoli dal lievito dei farisei, cioè dalla dottrina dei farisei e dei sadducei, Gesù li porta lontano dall’istituzione religiosa giudaica e li conduce all’estremo nord del paese. E quanto scrive Matteo, nel capitolo 16, versetti 13-20.

“Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo”, Cesarea di Filippo è all’estremo nord del paese, è la città costruita da uno dei figli di Erode il Grande, Filippo, e, per distinguerla dall’altra Cesarea marittima, è stata chiamata Cesarèa di Filippo.

All’epoca di Gesù la città era in costruzione. Questo è un dettaglio da tener presente, nei pressi della città si trovava una delle tre sorgenti del fiume Giordano, che era anche ritenuta l’ingresso del regno dei morti. Quindi sono elementi che occorre tener presente per la comprensione di quello che l’evangelista ci narra.

Ebbene Gesù conduce i suoi discepoli così lontano dalla Giudea e anche dalla Galilea per porre loro una domanda. “Domandò ai suoi discepoli: «La gente»”, letteralmente “gli uomini”, “«chi dice che sia il Figlio dell’uomo?»” L’evangelista contrappone gli uomini al Figlio dell’uomo, l’uomo che ha la condizione divina, quindi l’uomo che ha lo spirito e quelli che non ce l’hanno.

Gesù vuole rendersi conto di quale sia stato l’effetto della predicazione dei discepoli che lui ha inviato ad annunziare la novità del regno. La risposta è deludente. “Risposero: «Alcuni dicono Giovani il Battista»”, perché si credeva che i martiri sarebbero subito risuscitati, “«altri Elìa»”. Elia, secondo la tradizione, non era morto, ma era stato rapito in cielo e sarebbe tornato all’arrivo del futuro messia.

“«Altri Geremia»”, sempre secondo la tradizione era scampato a un tentativo di lapidazione, “«o qualcuno dei profeti». Si aspettava uno dei profeti annunziato da Mosè, comunque tutti personaggi che riguardano l’antico. Nessuno, né i discepoli né la gente alla quale essi si sono rivolti, ha compreso la novità portata da Gesù.

Allora Gesù dice: “«Ma voi»”, quindi si rivolge a tutto il gruppo, “«Chi dite che io sia?»” Gesù si è rivolto a tutto il gruppo dei discepoli, ma è soltanto uno che prende l’iniziativa. “Rispose Simon Pietro”, Simone è il nome, Pietro è un soprannome negativo che indica la sua testardaggine, e quando l’evangelista lo presenta con questo soprannome, significa che c’è qualcosa di contrario all’annunzio di Gesù.

“Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente»”. Finalmente c’è uno dei discepoli che ha capito che Gesù non è il figlio di Davide, colui che con la violenza impone il regno, ma è il figlio del Dio (letteralmente) vivificante, cioè comunica vita. “E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone»”. Perché beato? Pietro è il puro di cuore e quindi può vedere Dio.

Gli dice “beato”, però lo chiama “«figlio di Giona»”. “Figlio”, nella cultura ebraica non indica soltanto chi è nato da qualcuno, ma chi gli assomiglia nel comportamento. E Gesù lo chiama “figlio di Giona”. Giona è l’unico tra i profeti dell’Antico Testamento che ha fatto esattamente il contrario di quello che il Signore gli aveva comandato. Infatti il Signore gli aveva detto: “Giona, vai a Ninive a predicare la conversione altrimenti io la distruggo” e Giona fece il contrario.

Anziché andare verso est, si imbarcò sulla nave e puntò ad ovest. Poi finalmente Giona si convertì. Quindi in questo figlio di Giona Gesù fa il ritratto di Pietro: farà sempre il contrario di quello che Gesù gli chiederà di fare, ma poi alla fine si convertirà.

“«Perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli.»” Ecco Pietro è il beato perché è il puro di cuore che può vedere Dio. “E io dico a te: «Tu sei Pietro»”, il termine greco adoperato dall’evangelista è Petros, che indica un mattone, un sasso, che può essere raccolto e usato per una costruzione. “«E su questa pietra»”. Pietra non è il femminile di Pietro. L’evangelista adopera il termine greco Petra che indica la roccia che è buona per le costruzioni. E’ lo stesso termine che Gesù, nel capitolo 7, ha scelto per la casa costruita sulla roccia.

Quindi Gesù dice a Simone: “Tu sei un mattone. Su questa roccia”, e la roccia è Gesù, “«Edificherò la mia chiesa»”. Il termine greco ecclesia non ha nulla di sacrale, ma è un termine profano che indica l’adunanza, l’assemblea di quelli che sono convocati. Quindi Gesù non viene a costruire una nuova sinagoga, ma una nuova realtà che non ha connotazioni religiose, e per questo adopera questo termine laico.

“«E le potenze»”, letteralmente “le porte”; le porte di una città indicavano la sua forza, la potenza. “«Degli inferi»”, cioè del regno dei morti. Ricordo che la scena si svolge vicino a una delle grotte che si pensava essere l’ingresso nel regno dei morti, “«Non prevarranno contro di essa».

Quando una comunità è costruita su Gesù, il figlio del Dio vivente, quindi si comunica vita, le forze negative, le forze della morte, non avranno alcun potere.

“«A te darò le chiavi del regno dei cieli»”. Concedere le chiavi a qualcuno significava ritenerlo responsabile della sicurezza di quelli che stavano dentro. Abbiamo detto altre volte che il regno dei cieli nel vangelo di Matteo non significa un regno nei cieli, ma è il regno di Dio. Quindi Gesù non dà a Pietro le chiavi per l’accesso all’aldilà, non lo incarica di aprire o chiudere, ma lo ritiene responsabile di quelli che sono all’interno di questo regno, che è l’alternativa che Gesù è venuto a proporre.

“«Tutto ciò che legherai sulla terra»”, qui l’evangelista adopera un linguaggio rabbinico, che significa dichiarare autentica o meno una dottrina, “«sarà legato nei cieli»”, cioè in Dio, “«E tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli»”. Quello che Gesù ora dice a Pietro poi più tardi, al capitolo 18, lo dirà a tutti i discepoli.

Le ultime parole che Gesù adopererà in questo vangelo rappresentano l’invio dei discepoli ad andare ad insegnare “tutto ciò che vi ho comandato”. Quindi nell’insegnamento di Gesù, questo messaggio che comunica vita, c’è l’approvazione divina, da parte dei cieli. Però, ecco la sorpresa, “Ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo”.

Quando Gesù ordina significa che c’è resistenza. Nella risposta di Pietro c’era stata una parte positiva in quanto ha riconosciuto Gesù come il figlio del Dio che comunica vita, il Dio vivente, ma la parte negativa qual è? La gente ha detto che tu sei il Cristo, cioè il messia atteso dalla tradizione. Allora Gesù dice: “questo non lo dovete dire a nessuno”, perché lui non è il messia atteso dalla tradizione.

Gesù è Cristo, è il messia, ma in una forma completamente diversa, non adopererà il potere, ma l’amore; non il comando, ma il servizio. E questo provocherà adesso lo scontro proprio con Simone. Quello che era stato definito “pietra” da costruzione, diventerà una pietra di scandalo.

domenica 16 agosto 2020

Il Vangelo con commento di domenica 16 agosto 2020.

Chiesetta in loc. Serot - Roncegno (TN).
Chiesetta in loc. Serot - Roncegno (TN). 

«Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele»

In questo brano l’evangelista vuole educare la comunità cristiana ad aprirsi ai pagani e far comprendere che i pagani non vanno dominati secondo la tradizione del messia figlio di Davide, ma vanno serviti secondo la novità del messia figlio di Dio.

Il Vangelo con commento nel seguito. 

DAL VANGELO SECONDO matteo (Matteo 15, 21-28)

In quel tempo, partito di là, Gesù si ritirò verso la zone di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola.

Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudìscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele».

Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «è vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni».

Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.

Il commento.

Gesù intende annunciare l’amore universale del Padre. Universale non soltanto per l’estensione (ovunque), ma per la qualità di questo amore (per tutti), ma incontra tanta resistenza. Ne incontra nel suo popolo, la incontra tra i discepoli e la incontra tra gli stessi pagani che si erano abituati all’idea della supremazia di Israele.

Allora Gesù, già nel capitolo 8 del vangelo di Matteo, annunzia che nel banchetto del regno il pane che è stato rifiutato dai giudei, diverrà il cibo per i pagani. E Gesù dice: “Verranno da oriente e da occidente”, cioè da tutte le popolazioni pagane, “e prenderanno il vostro posto”.

Poi Gesù nel capitolo 15 di Matteo affronta la questione importante del puro e dell’impuro. La affronta dal punto di vista alimentare, ma era la base che distingueva la gente pura dai pagani, che erano impuri. E Gesù, dopo aver contraddetto il libro del Levitico che si basa proprio su questa distinzione, deve fuggire all’estero perché ha detto che non è quello che entra nella bocca che ti rende impuro, ma quello che esce.

Dopo questo Gesù deve fuggire all’estero. Qui l’evangelista ci presenta l’incontro con la donna Cananèa. Leggiamo Matteo capitolo 15, dal versetto 21. “Partito di là”, quindi dopo essere fuggito dalla terra di Israele ed entrato in terra pagana, “Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidone. Ed ecco una donna Cananèa”. I Cananèi erano i Fenici ed erano uno dei popoli che nel libro del Deuteronomio (cap 7), devono essere votati allo sterminio, “tu le voterai allo sterminio”. Quindi è una popolazione pagana, è una popolazione disprezzata e va sottomessa da Israele.

“Che veniva da quella regione si mise a gridare: «Pietà di me»”. E’ il kyrie eleison che poi entrò nella liturgia della chiesa. Ebbene l’espressione “Signore pietà” nei vangeli è un’invocazione riservata a quelli che non conoscono Gesù. Quelli che non conoscono Gesù, che non sanno chi è, gli si rivolgono con “Signore pietà”. Quando si conosce Gesù, quando si conosce il Padre, non si dice più “Signore pietà” o “Signore misericordia”, perché si è già sperimentata nella sua pienezza.

E lo chiama “«Signore, figlio di Davide»”, come i ciechi che abbiamo visto in precedenza in questo vangelo e che poi dopo ritorneranno – i due ciechi che si rivolgono a Gesù chiamandolo figlio di Davide. Ma Gesù non è il figlio di Davide! Figlio di Davide significa il messia, il messia guerriero che con la violenza inaugurerà il regno di Israele e sottometterà i popoli pagani.

Il motivo della richiesta della donna è che “«Mia figlia è molto tormentata da un demonio. Ma egli non le rivolse neppure una parola»”. Come mai Gesù non risponde all’invocazione di questa donna? Perché lei si è rivolta al figlio di Davide e Gesù non è il figlio di Davide, Gesù è il figlio di Dio. Ecco perché non risponde. Teniamo presente che tutto questo brano non è tanto una cronaca, quanto una catechesi per la comunità cristiana che ancora fa resistenza nell’andare verso i pagani.

“Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono”, qui la traduzione della CEI riporta “esaudiscila”, ma è invece letteralmente “mandala via”. E’ lo stesso verbo che è stato usato quando, nella condivisione dei pani, i discepoli dicono a Gesù “manda via la folla”. Quindi “«Mandala via, perché ci viene dietro gridando!»”

Quindi i discepoli non tollerano questa vicinanza da parte dei pagani che chiedono soccorso al Signore. “Ma egli rispose …” A chi risponde? Risponde ai discepoli che condividono la stessa mentalità. “«Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa di Israele»”.

Questo è il messia, figlio di Davide, che è venuto per la casa di Israele ad inaugurare il regno e sottomettere i pagani. “Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui dicendo: «Signore, aiutami!»” C’è già un progresso. Mentre prima s’è rivolta a Gesù invocandolo come figlio di Davide, adesso lo riconosce come Signore, ma chiede ancora di essere aiutata, quindi deve fare ancora un gradino in più per comprendere la pienezza dell’amore di Dio.

“Ed egli rispose”, risponde sempre come figlio di Davide, “«Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini»”. I cagnolini non sono i cuccioli, ma i cani domestici che stavano in casa. Ebbene Gesù, secondo questa indicazione, distingue tra coloro che hanno diritto, i figli di Israele, e i cani, termine alquanto dispregiativo – il cane era un animale impuro – che indicava i pagani.

Gesù, attraverso queste risposte, sta preparando i discepoli a quello che i discepoli non vorranno, a condividere il pane anche con i pagani. Gesù ha condiviso il pane con il popolo d’Israele e ora vuole portare i discepoli a condividere il pane con i pagani, ma loro non ci pensano, appunto perché i pagani sono considerati come i cani, esseri inferiori e impuri.

Quindi nella crescita della fede della donna, l’evangelista vuole educare la crescita della fede dei discepoli, ma sappiamo che sarà più facile per Gesù convincere una persona pagana che i propri discepoli. E la risposta della donna è “«E’ vero Signore – disse la donna -, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni»”.

La donna comprende che la compassione e l’amore vanno al di là delle divisioni razziali, etniche e religiose che ci possono essere. “«Donna, grande e la tua fede!»” Gesù non elogia gli israeliti, gli ebrei, per la loro fede, ma sempre i pagani. Ha elogiato il centurione e adesso elogia una donna pagana. “«Avvenga per te come desideri.» E da quell’istante sua figlia fu guarita”.

Gesù non ha compiuto alcuna azione, Gesù non ha cacciato il demonio. La fede della donna è ciò che caccia il demonio, figura del pregiudizio religioso che discrimina le persone. Quindi, in questo brano l’evangelista vuole educare la comunità cristiana ad aprirsi ai pagani e far comprendere che i pagani non vanno dominati secondo la tradizione del messia figlio di Davide, ma vanno serviti secondo la novità del messia figlio di Dio.

sabato 8 agosto 2020

Il Vangelo con commento di domenica 9 agosto 2020.

Chiesa di S. Maria Assunta - Arquà Petrarca (PD). 
"Verso la fine della notte egli andò verso di loro camminando sul mare."
Il mare indicava il caos, quello che era impossibile all’uomo sottomettere, l’unico che poteva camminare sul mare era Dio. Quindi l’evangelista vuol dire che Gesù mostra la sua condizione divina.
I discepoli, non hanno ancora capito chi è Gesù, è impossibile per un uomo avere la condizione divina... 

Il Vangelo con commento nel seguito. 

DAL VANGELO SECONDO matteo (Matteo 14, 22-33)

[Dopo che la folla ebbe mangiato], subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.
La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Verso la fine della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!».
Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?».
Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!». 

Il commento. 
Il messaggio di Gesù è un messaggio universale. Lui non è venuto a restaurare il regno di Israele, ma a inaugurare il regno di Dio. Il regno di Dio significa che il suo amore è universale, non soltanto per estensione, ma per la qualità, è per tutti. E quindi Gesù vuole comunicare questo amore anche ai pagani, ma trova la resistenza dei discepoli.
E’ quanto ci scrive Matteo nel capitolo 14, versetti 22-33. “Subito dopo”, sarebbe subito dopo la prima condivisione dei pani, “costrinse …”, Gesù deve costringere i discepoli a fare qualcosa che quindi loro non vogliono fare, “… a salire sulla barca”, la barca è immagine della comunità cristiana, “e a precederlo sull’altra riva”. Ecco perché deve costringerli. L’altra riva, la riva orientale del lago di Tiberiade, è terra pagana e i discepoli non ne vogliono sapere di andare verso i pagani, e soprattutto non vogliono che l’episodio della condivisione dei pani, in cui Gesù aveva anticipato il suo farsi pane, alimento di vita per il suo popolo, fosse esteso anche ai pagani.
“Congedata la folla salì sul monte”, il monte non é indicato e rappresenta il monte delle beatitudini, dove Gesù ha annunziato il suo messaggio, “in disparte”. In disparte è un termine tecnico adoperato dall’evangelista che indica sempre resistenza, ostilità da parte dei discepoli. “A pregare”. Gesù, nel vangelo di Matteo, prega unicamente due volte: qui e al Getsemani e sempre in momenti di crisi per il proprio gruppo.
“Venuta la sera”, l’indicazione era già stata data e quindi è superflua, ma l’evangelista vuole richiamare l’effetto della cena del Signore, “egli se ne stava lassù da solo”. Come Gesù sarà solo nel Getsemani, sarà solo anche qui, i discepoli lo accompagnano ma non lo seguono. “La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario”.
Cos’è questo vento? Il termine “vento” nel brano apparirà per ben tre volte, quindi significa la totalità. Il vento era contrario, quindi rappresenta la resistenza dei discepoli che non ne vogliono sapere di andare verso i pagani. Loro pensano alla supremazia di Israele, al dominio di Israele sopra i popoli pagani, e non pensano di andare a servire i popoli pagani. Ecco il vento contrario.
“Sul finire della notte” … Dio è colui che soccorre allo spuntare dell’alba … “egli andò verso di loro camminando sul mare”. L’indicazione è preziosa perché nel libro di Giobbe si dice che Dio è l’unico, il solo che cammina sul mare. Il mare indicava il caos, quello che era impossibile all’uomo sottomettere, l’unico che poteva camminare sul mare era Dio. Quindi l’evangelista vuol dire che Gesù mostra la sua condizione divina.
“Ma, vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «E’ un fantasma!» e gridarono dalla paura”. Perché questo? Perché per i discepoli, che non hanno ancora capito chi è Gesù, è impossibile per un uomo avere la condizione divina. Loro pensano che Gesù sia un inviato da Dio, un profeta, ma che Gesù sia Dio, ancora non l’hanno compreso.
Quindi pensano che sia uno spirito perché è impossibile per l’uomo avere la condizione divina. Dio era talmente distante dagli uomini che immaginare che si potesse manifestare in una creatura umana per loro era inconcepibile. “Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, Io Sono»”, io sono è il nome di Dio, è il nome con il quale Dio ha risposto a Mosè nel famoso episodio del roveto ardente e nel libro del Deuteronomio il Signore dice “Vedrete che Io Sono e nessun altro Dio è accanto a me”.
Quindi Gesù conferma la sua condizione divina, “Io sono”. “«Coraggio, Io Sono, non abbiate paura»”.
“Pietro”, cioè Simone presentato con il suo soprannome negativo che significa che sta facendo qualcosa di contrario a Gesù, “gli rispose: «Signore, se sei tu…»”, esattamente come il diavolo nel deserto “Se tu sei il figlio di Dio”. Pietro inizia la sua attività di tentatore di Gesù, di satana, sarà l’unico discepolo che meriterà da Gesù l’epiteto “satana”, “Satana, torna a metterti dietro di me!”
E Pietro lo sfida, lo tenta, “Se sei tu”, esattamente come il diavolo nel deserto, “«Comandami di venire a te sulle acque»”. Vuole avere la condizione divina, ma pensa che questo avvenga con un’imposizione dall’alto. Gesù lo invita, Pietro comincia a camminare sulle acque, “Ma, vedendo che il vento era forte …”, il vento forte è quello che Gesù nella parabola della casa costruita sulla roccia indica come avversità normali che piombano sulla vita del credente, ma se la casa è fondata sulla roccia, questa rimane salda.
Se invece è costruita sulla sabbia crolla. Ebbene, Pietro ha costruito la sua casa sulla sabbia. Vedendo quindi le difficoltà, “si impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!»” Gesù aveva chiamato Simone ad essere pescatore di uomini ed è l’unico che deve essere pescato. Infatti “Gesù stese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede perché hai dubitato?»” Pietro è l’unico che merita per due volte questo rimprovero “uomo di poca fede”.
Quindi colui che era stato chiamato ad essere pescatore di uomini ha dovuto essere pescato da Gesù. “Appena saliti sulla barca, il vento cessò”, quando nella comunità c’è la presenza di Gesù ed è lui a guidare, a dirigere la comunità, le ostilità cessano.
“Quelli che erano sulla barca, quindi non Pietro, si prostrarono”, riconoscendo in lui la condizione divina, dicendo: “«Davvero tu sei figlio di Dio!»” Manca l’articolo determinativo. Non è il figlio di Dio, quello atteso dalla tradizione, il messia violento, giustiziere, ma è figlio di Dio, una modalità di Dio di manifestarsi completamente nuova che sarà finalmente conosciuta dai discepoli qui e anche dai soldati al momento della risurrezione di Gesù.

sabato 1 agosto 2020

Il Vangelo con commento di domenica 2 agosto 2020.

Chiesa di S.Giacomo - Chioggia (VE).
L’episodio della condivisione dei pani e dei pesci è talmente importante che tutti e quattro gli evangelisti lo riportano.
Non stanno narrando un semplice fatto di cronaca, ma stanno trasmettendo una verità teologica... 

Nell’eucaristia non si dà soltanto del pane, ma ci si fa pane per gli altri.

Perché Gesù non comanda alla folla di purificarsi? Prima di mangiare c’era un rito ben conosciuto, obbligatorio... 

Non è vero che gli uomini devono purificarsi per partecipare al banchetto del Signore, ma al contrario è partecipare al banchetto del Signore quello che li purifica. 

Il Vangelo con commento nel seguito.

DAL VANGELO SECONDO matteo (Matteo 14, 13-21)
In quel tempo, avendo udito [della morte di Giovanni Battista], Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte.
Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla,  sentì compassione per loro e guarì i loro malati.
Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui».
E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.

Il commento.
L’episodio della condivisione dei pani e dei pesci è talmente importante che tutti e quattro gli evangelisti lo riportano. Lo riportano perché in questo episodio non vedono soltanto un segno compiuto dal Signore, ma in esso raffigurano e anticipano la cena eucaristica. Quindi tutto il brano è un anticipo – ed è una comprensione – del significato profondo della cena eucaristica di Gesù.
Per questo l’evangelista mette delle indicazioni nel testo per far comprendere che – attenzione! – non sta narrando un semplice fatto di cronaca, ma sta trasmettendo una verità teologica. Ecco perché in questo episodio che troviamo al capitolo 14 di Matteo, versetti 13-21, intanto l’evangelista indica lo stesso momento dell’ultima cena.
Dice che sul far della sera si avvicinano i discepoli, c’è la folla che ha seguito Gesù e ha iniziato il nuovo esodo, la nuova liberazione, e i discepoli, che non sono solidali con la gente e non capiscono, chiedono a Gesù di licenziare la folla perché vada a comprarsi da mangiare. Non hanno accolto ancora lo spirito delle beatitudini, della condivisione.
E Gesù replica, e qui c’è l’indicazione profonda del significato dell’eucaristia, “«Non occorre che vadano»”, e a quelli che hanno usato il verbo comprare Gesù replica con il verbo dare. Non c’è da comprare, ma c’è da condividere. Ma la particolare forma verbale adoperata dall’evangelista nell’esprimere questa frase ha un significato particolare.
Gesù dice: “«Voi stessi date loro da mangiare»”, letteralmente “date a loro voi da mangiare”. E’ il significato dell’eucaristia. Nell’eucaristia Gesù si fa pane, alimento di vita, perché quanti poi lo accolgono siano capaci a loro volta di farsi pane, alimento di vita per gli altri. Non basta dare il pane alla gente, ma occorre farsi pane per la gente. Ecco perché l’evangelista usa quest’espressione: “Date loro voi da mangiare”.
Questo è il significato dell’eucaristia. Nell’eucaristia non si dà soltanto del pane, ma ci si fa pane per gli altri. I discepoli replicano che quello che hanno è insufficiente, infatti dicono che non hanno che “«Cinque pani e due pesci»”. Raggiungono il numero sette che, nella simbologia ebraica, significa tutto quello che hanno. Quando si trattiene per sé quello che si ha sembra insufficiente; quando si condivide invece si crea l’abbondanza.
Infatti Gesù chiede di portarglieli, e ora ci sono le indicazioni del significato dell’eucaristia. Per prima cosa Gesù ordina, comanda, alla folla di sdraiarsi. Perché Gesù deve comandare? Comanda perché c’è resistenza. E perché chiede a questa folla di sdraiarsi? Non possono mangiare come meglio credono, seduti, in piedi?
Nei pranzi festivi, nei pranzi solenni, si mangiava ad uso romano sdraiati su dei lettucci. Ma chi poteva mangiare in questa maniera? Soltanto chi aveva dei servi che potevano servirlo. Ecco allora la preziosa indicazione che ci dà l’evangelista: l’eucaristia serve per far sentire le persone “signori”. Per cui i discepoli, che sono persone libere, si mettono a servizio degli altri, quelli che sono considerati servi dalla società, gli ultimi, gli emarginati, gli esclusi, per far riscoprire loro la piena dignità, quella di signore.
E perché Gesù deve ordinare? Perché c’è resistenza. Le persone amano essere sottomesse, ma non amano la libertà. E l’evangelista qui ci presenta gli stessi gesti che Gesù compirà nell’ultima cena. “Prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo”, significa comunicazione divina, “recitò la benedizione”, benedire significa che quello che si ha non è più possesso proprio, ma è dono ricevuto, e come tale condiviso per moltiplicare gli effetti della creazione.
“Spezzò i pani e li diede ai discepoli”, gli stessi gesti che Gesù compirà nell’ultima cena quando prende i pani, benedice, li spezza, li dà ai discepoli, “e i discepoli alla folla”. I discepoli non sono i proprietari di questo pane, non sono amministratori, ma sono io servitori. Il loro compito è prendere questo pane, che raffigura l’eucaristia, e distribuirlo alla folla, senza mettere condizioni e senza mettere limiti.
Soprattutto risalta l’assenza di un comando di Gesù. Perché Gesù non comanda alla folla di purificarsi? Prima di mangiare c’era un rito ben conosciuto, obbligatorio, che non era un semplice rituale igienico, non bastava essersi lavati le mani; bisognava purificarsi le mani seguendo determinati riti e determinate preghiere. Ebbene Gesù ogniqualvolta si trova a pranzo o a cena – e i pranzi e le cene nei vangeli anticipano sempre l’eucaristia – mai chiede o impone di lavarsi le mani.
Qual è il significato? Non è vero che gli uomini devono purificarsi per partecipare al banchetto del Signore, ma al contrario è partecipare al banchetto del Signore quello che li purifica. Questa è la grande novità portata da Gesù. L’uomo non dev’essere degno per partecipare al banchetto, ma è la partecipazione al banchetto che lo rende signore. Per questo Gesù si fa pane e chiede ai discepoli di essere donato, distribuito alla folla senza mettere condizioni.
Mangiano a sazietà, e avanzano dodici ceste. Il numero dodici è il numero delle tribù di Israele, e l’evangelista indica che attraverso la condivisione – e non l’accaparramento – si risolve la fame per tutto il popolo. Ed ecco infine un dettaglio prezioso. “Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini”. L’evangelista riporta qui la stessa cifra di persone che erano i componenti, secondo gli Atti degli Apostoli, al capitolo 4, versetto 4, della primitiva comunità cristiana.
Ma perché proprio cinquemila? I multipli di cinquanta nella Bibbia indicano l’azione dello Spirito. I profeti, guidati dallo Spirito, andavano a gruppi di cinquanta. Pentecostè non significa altro che cinquantesimo, il cinquantesimo giorno dopo la Pasqua, ed è il giorno nel quale nella comunità cristiana scende lo spirito. Non più una legge esterna da osservare, ma lo Spirito, una forza interiore da accogliere. Quindi i multipli di cinquanta indicano l’azione dello spirito.
Allora l’evangelista, attraverso questa cifra, vuol far comprendere che, con il pane, è stato comunicato lo spirito che era alla base del dono. E, infine, il dettaglio “senza contare le donne e i bambini”. Perché questo dettaglio? Perché nel culto sinagogale la celebrazione poteva iniziare soltanto quando erano presenti dieci maschi adulti; la sinagoga poteva essere piena di donne e bambini, ma finché non c’erano dieci maschi adulti non si poteva iniziare il culto.
Allora dando questa indicazione “senza contare le donne e i bambini”, che è una maniera di contare i partecipanti alla sinagoga, l’evangelista vuol far comprendere che con Gesù, in questo episodio della condivisione dei pani, è nato il nuovo culto. Il nuovo culto non si esercita più in una sinagoga, ma ovunque esista la pratica delle beatitudini, la condivisione generosa. Il nuovo culto non parte più dagli uomini rivolta a Dio, ma parte da Dio ed è rivolto agli uomini, perché il Gesù di Matteo è il Dio con noi, che chiede di essere accolto perché con lui e come lui l’umanità vada ad essere alimento di vita, di forza, verso ogni uomo che ne ha bisogno.