sabato 13 luglio 2019

Il Vangelo con commento di domenica 14 luglio 2019.

Antica Pieve di Santa Maria Assunta - Baselga di Pinè (TN). 

«E chi è mio prossimo?»

Perché non basta leggere la Bibbia, bisogna anche capirla. Se non si mette come primo valore il bene dell’uomo, la Bibbia può essere letta, riletta, predicata, annunziata, ma non si capirà.

Il Vangelo con commento nel seguito.

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 10, 25-37)

In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».
Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».

Il commento.

    Gesù ha cambiato radicalmente il concetto di “prossimo”. Prossimo, nel mondo ebraico, era colui che era oggetto dell’amore. Per Gesù, prossimo è colui che ama, quindi prossimo non è colui al quale dirigo il mio amore, ma sono io. Quindi non colui che viene amato, ma colui che ama. E l’evangelista Luca lo presenta nella parabola molto conosciuta e molto amata del Samaritano.
     “Un dottore della legge – cioè un esperto, negli altri vangeli si chiamano scribi, sono i teologi ufficiali del magistero di Israele –  si alzò per...”, non è per metterlo alla prova, ma “per tentare Gesù”. Il verbo è lo stesso che l’evangelista ha adoperato per le tentazioni di Gesù da parte del diavolo nel deserto. Quindi il grande difensore della legge, in realtà per l’evangelista non è altro che uno strumento del diavolo.
    E gli chiede: “Maestro”, ecco la falsità tipica delle persone religiose, lui non vuole apprendere, lui vuole condannare, vuole mettere una trappola a Gesù. E chiede cosa deve fare per avere la vita eterna. Gesù gli risponde in maniera molto distaccata, molto ironica. Immaginiamo che questa persona abbia dedicato tutta l’esistenza alla conoscenza, alla lettura e all’interpretazione della sacra scrittura. E gli chiede “Che cosa sta scritto nella legge”, e poi, soprattutto, “Che cosa vi leggi?”, cioè che cosa capisci?
    Perché non basta leggere la Bibbia, bisogna anche capirla. Se non si mette come primo valore il bene dell’uomo, la Bibbia può essere letta, riletta, predicata, annunziata, ma non si capirà. Il dottore della legge risponde con quello che era il credo di Israele, tratto dal Libro del Deuteronomio, cap. 6, e ci aggiunge il precetto del Levitico. Quindi all’amore a Dio con tutta l’anima, un amore assoluto, l’amore al prossimo che è relativo, “come te stesso”.
    E Gesù dice: “Hai risposto bene; fa’ questo è vivrai. Ma quello, volendo giustificarsi…”. Perché giustificarsi? All’epoca di Gesù c’era un grande dibattito tra le scuole rabbiniche su chi fosse il prossimo. Si andava dalla concezione più ristretta, “il prossimo è soltanto colui che appartiene al mio clan familiare o alla mia tribù”, a quella più larga che includeva nel prossimo anche lo straniero che abitava dentro i confini di Israele.
    E quindi il fatto che voglia giustificarsi significa che questo dottore della legge è per l’interpretazione più restrittiva. Ed ecco stupenda la parabola di Gesù. “Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico”, da 800 e più metri d’altezza sul livello del mare, Gerico è a 258 metri sotto il livello del mare, in pochi chilometri; è un percorso difficile, disagiato e un luogo pericoloso.
    L’uomo cade in mano ai banditi che lo lasciarono moribondo. In quella strada, in quelle condizioni la morte è certa, a meno che non capiti provvidenzialmente qualcuno. Infatti, provvidenzialmente – questo che qui è tradotto con ‘per caso’, significa fortunatamente e Gesù aumenta l’attenzione nei suoi ascoltatori – “un sacerdote scendeva”, è importante l’indicazione che sta scendendo. Gerusalemme era la città dove c’era il tempio e Gerico una città sacerdotale.
    I sacerdoti salivano a Gerusalemme per entrare in servizio presso il tempio e per una settimana dovevano essere pienamente puri per officiare di fronte al Signore, quindi non abbiamo qui un sacerdote che sale a Gerusalemme, ma che scende. È stato a contatto con il Signore per una settimana. È pienamente puro; meglio non poteva capitare.
    “Scendeva per quella medesima strada e quando lo vide…”, la salvezza è imminente. Ed ecco la doccia fredda, “passò oltre”. Perché? È insensibile? È disumano? No, peggio: è una persona religiosa, e secondo la sua religione, la sua legge, il libro del Levitico e dei Numeri gli impedivano di toccare un morto. A lui, che era sacerdote, impedivano di toccare anche il cadavere dei propri genitori.
    Quello che Gesù sta mettendo in questione è una faccenda molto seria. La legge va osservata anche quando è causa di sofferenza per gli uomini? Quando c’è conflitto tra la legge divina e il bene dell’uomo, cosa si fa? Il sacerdote non ha dubbi: viene prima la legge divina e poi il bene dell’uomo. Ugualmente un levita, cioè gli addetti al culto.
    E quindi per l’uomo, poveretto, non c’è più nessuna speranza. Non solo non c’è nessuna speranza, ma cosa succede? “Un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide”, i Samaritani erano nemici dei giudei. Ogni volta che si incontravano c’era la lite, ci scappava il morto. Qui, figuriamoci, c’è un Samaritano che vede un suo nemico mezzo morto, cosa farà? Lo accopperà.
    “Lo vide – ed ecco, clamoroso – ne ebbe compassione”. Il verbo «avere compassione» è un verbo tecnico che indica un’azione divina con la quale il Signore restituisce vita a chi non ce l’ha. Si distingue tra «avere compassione», azione divina, e «avere misericordia», azione umana.
    Avere compassione in questo Vangelo appare tre volte: quando Gesù vede il figlio morto della vedova di Nain, ne ebbe compassione e lo risuscita; quando il Padre del figliol prodigo vede il figlio ne ha compassione e gli restituisce la vita. Ebbene, l’unico personaggio al quale viene attribuita un’azione divina è proprio quello che è considerato il più lontano da Dio, un nemico di Dio, un rivale di Dio.
    Gesù sta rispondendo alla domanda “chi è il credente”? È colui che obbedisce a Dio osservando le sue leggi o colui che assomiglia al Padre praticando un amore simile al suo? La risposta è molto chiara.
    “Lo vide. Gli si fece vicino”, se ne prende cura in maniera addirittura esagerata, si fa servo di quest’uomo. Ed ecco la domanda finale di Gesù al dottore della legge: “Chi di questi tre – allora abbiamo un sacerdote, un levita e un Samaritano – ti sembra sia stato prossimo?”
    Lui aveva chiesto “chi è il mio prossimo?” Invece Gesù gli chiede “chi sia stato prossimo”. Non fino a dove deve arrivare il tuo amore, il prossimo, ma da dove deve partire il tuo amore. Quindi ricordo che il prossimo non è colui che viene amato, ma colui che ama. “Chi sia stato il prossimo di colui che è caduto”.
    Quale può essere la risposta? Il Samaritano, ma il dottore evita di pronunziare l’orrido nome di un nemico, allora dice: “Quello…”, non accetta di dire “quello che ha avuto compassione”, e dispiace qui vedere la traduzione che traduce così, il verbo greco è differente, ma dice “chi ha avuto misericordia”. Lui infatti, l’uomo del culto, non tollera – è inaccettabile per lui – che l’uomo possa comportarsi come Dio.
    Ebbene, Gesù gli dice: “Va’ e anche tu fai così”.

sabato 6 luglio 2019

Il Vangelo con commento di domenica 7 luglio 2019.

Chiesa di San Giacomo Maggiore - Orosei (NU). 
Il Regno di Dio si prende cura dei bisogni e dei mali dell’umanità; il Regno di Dio è venuto ad alleviare i mali e le sofferenze che ci sono negli uomini e questi vanno curati. Cioè si cerca di alleviare la loro sofferenza. 

Il Vangelo con commento nel seguito.

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 10, 1-12. 17-20)

In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.
In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra.
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”. Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: “Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. Io vi dico che, in quel giorno, Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città».
I settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. Non rallegratevi però perché i si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».

Il commento.

    Il brano che ora commentiamo è esclusivo di Luca, l’unico evangelista che ce l’ha. “Dopo questi fatti”: quali sono questi fatti? Gesù, visto l’insuccesso dei Dodici che, inviati a liberare le persone, non solo non riescono a liberarle ma vogliono addirittura impedirlo, ha chiamato i Samaritani al suo seguito. Ecco, dopo questi fatti, il Signore – titolo con il quale nella comunità si chiama il Gesù risorto –  “designò altri Settantadue”. Perché Settantadue? Perché, mentre Dodici è il numero che riguarda le tribù d’Israele, quindi un messaggio è per Israele, Settantadue, secondo il computo che si trova nel libro della Genesi al cap. X, sono le nazioni pagane.
    È quindi una missione universale per la quale Gesù manda i Samaritani, cioè quelli che non provengono da Israele. “Li inviò a due a due” – perché siano una comunità, ma soprattutto perché il numero due era quello indispensabile per essere testimoni –  “in ogni città e luogo dove stava per recarsi. E diceva loro: «La messe è abbondante»”, cioè la risposta alla buona notizia sarà abbondantissima, Gesù ce lo assicura.
    Quando quello che si proclama è la buona notizia, il risultato sarà straordinario, “però sono pochi gli operai”. Questa richiesta di Gesù “pregate il Signore della messe perché mandi operai nella sua messe”, non riguarda soltanto le categorie – come a volte si pensa – dei preti, frati e suore, ma è un invito rivolto a tutti quanti, affinché ognuno prenda coscienza dell’urgenza di questa missione.
    Poi Gesù dà delle indicazioni molto chiare: non si può smentire con il proprio comportamento il messaggio che si va ad annunziare. Per cui dice: “Vi mando come agnelli in mezzo ai lupi”, l’opposizione della società, che si vedrà minacciata nelle sue basi dell’avere, del salire e del comandare, sarà tremenda.
    Gesù dice: “Andate indifesi perché il Signore, lo Spirito, sarà la vostra difesa”. E poi: “Non portate borsa, né sacca, né sandali”, cioè non pensate al vostro sostentamento, non preoccupatevi di quello che mangerete o berrete, perché il Signore provvederà; quindi andare in una maniera che non smentisca la fede che viene annunciata.
    “Non fermarsi a salutare”, è perché il saluto orientale era tipicamente interminabile. Poi il Signore dà delle indicazioni molto chiare: “In qualunque casa entriate –  quindi in qualunque casa si entra – prima dite «Pace a questa casa»”, questo è l’augurio. Pace significa l’invito alla pienezza della felicità.
    “Se vi sarà un figlio della pace”, cioè se ci sarà qualcuno che ha dentro di sé questo desiderio di pienezza di vita, “la pace scenderà su di lui”. Poi Gesù avverte: “Restate in quella casa mangiando e bevendo di quello che hanno”. Perché questo particolare? Perché si sapeva che nel mondo ebraico, e anche quello samaritano, si stava attenti a non mangiare nulla, a non toccare nulla che fosse classificato come ‘impuro’; per questo non si andava nelle case dei pagani che erano impure.
    Gesù dice: “Non abbiate di questi scrupoli”. Gesù già aveva detto altrove che non è quello che entra, ma quello che esce che rende impuro l’uomo. “E chi lavora ha diritto alla sua ricompensa”, quindi “andate senza preoccuparvi perché vi sarà dato”. “E non passate da una casa all’altra”. C’è negli Atti degli Apostoli Pietro che dice che non è lecito per un Giudeo unirsi o incontrarsi con persone di altra razza. Gesù dice: “Non abbiate di questi scrupoli, di questi problemi. Quindi, quando andate in una casa, non fate gli schizzinosi, i difficili, per motivi religiosi”, “ma lì rimanete”.
    E di nuovo insiste, questa insistenza si vede che portava una resistenza da parte di questi inviati, “«mangiate quello che vi sarà offerto»”, quindi “non state a fare i difficili, questo è puro, questo è impuro, questo sì può e questo non si può”, e poi, ecco, “Curate”, non ‘guarite’, come traduce la cei. “Curate i malati che vi si trovano, e dite loro – cioè ai malati – è vicino a voi il Regno di Dio”.
    Il Regno di Dio si prende cura dei bisogni e dei mali dell’umanità; il Regno di Dio è venuto ad alleviare i mali e le sofferenze che ci sono negli uomini e questi vanno curati. Cioè si cerca di alleviare la loro sofferenza. Se non vi accolgono, dice Gesù, non insistete, si vede che l’ambiente non è pronto, quindi “non perdete tempo”.
    Poi (è eliminato nel testo liturgico) Gesù dice che la risposta dei pagani sarà superiore a quella di Israele. Ed elenca tre città pagane contrapposte a tre città di Israele, che sono Cafarnao, Corazin e Betsaida, che non lo hanno ricevuto. Il risultato è che “I Settantadue tornarono pieni di gioia dicendo: «Signore, anche i demoni si sottomettono a noi nel tuo nome»”, cioè grazie al messaggio di Gesù gli uomini sono stati liberati da quelle false ideologie che li rendevano refrattari, ostili a questa buona notizia.
    Ma, naturalmente, solo chi è libero può liberare, ecco perché i Dodici non ci sono riusciti. Ed ecco, importantissima, l’affermazione di Gesù: “Vedevo satana cadere dal cielo come una folgore”. Nella concezione dell’epoca Satana stava nei cieli, era un funzionario della corte divina, era un ministro di Dio. Basta leggere il libro di Giobbe, dove Dio riceve i suoi figlioli e fra questi c’è anche il Satana. Era l’ispettore generale di Dio, quello che curava i suoi interessi e il suo compito era sorvegliare gli uomini, e poi accusarli presso Dio per poi infliggere loro la pena per i loro peccati.
    Dunque, con l’annunzio dei Settantadue, la Buona Notizia ha avuto successo. E qual è la Buona Notizia? La Buona Notizia è che Dio non è buono, ma è esclusivamente buono; il Dio di Gesù non è il Dio della religione che premia i buoni e castiga i malvagi, ma a tutti comunica amore. Allora il ruolo del Satana è finito; è inutile che accusi presso Dio, perché egli comunica il suo amore a tutti quanti, indipendentemente dal loro comportamento.
    Già Gesù in questo vangelo aveva detto: “Perché il Padre è buono verso gli ingrati e i malvagi”. Allora Satana viene cacciato dal cielo, il suo ruolo è terminato. E nell’Apocalisse è importante la definizione che viene data di questo episodio: “È stato precipitato l’accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusava davanti al nostro Dio giorno e notte”.
    Poi l’assicurazione finale, “nulla potrà danneggiarvi”, quindi le forze ostili non potranno farvi male perché la luce è più forte delle tenebre e la vita è più forte della morte. E per ultima cosa Gesù dice: «Rallegratevi, non tanto per i vostri successi», “Rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli”, cioè l’esperienza di sentirsi amati da Dio.
    Quindi, dai due discepoli che chiedevano un fuoco dal cielo che distruggesse i Samaritani, sono i Samaritani che riescono a far cadere dal cielo il Satana, il nemico dell’umanità.