venerdì 26 aprile 2019

Il Vangelo con commento di domenica 28 aprile 2019.

Duomo di Ravello (SA). 
"Perché mi hai veduto, tu hai creduto..."

I credenti di tutti i tempi non sono svantaggiati nei confronti di coloro che hanno fatto quest’esperienza, ma addirittura avvantaggiati, perché hanno la beatitudine che non è stata detta per i discepoli, “Quanti crederanno senza aver bisogno di vedere”, Gesù li proclama “beati”.

Il Vangelo con commento nel seguito.

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 20, 19-31)

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Il commento.

Le prime parole che Gesù pronuncia ai suoi discepoli che si erano nascosti per paura di fare la stessa fine del loro maestro - il mandato di cattura era per tutto il gruppo di Gesù – sono: “Pace a voi”. Non sono un augurio, un invito, Gesù non dice: “La pace sia con voi”, ma sono un dono, Gesù dona loro la pace.
Nel termine “pace” viene racchiuso tutto quello che concorre alla pienezza di vita dell’uomo, in una parola alla “felicità”, quindi Gesù si presenta con il dono di una pienezza di felicità. E poi mostra loro subito il perché devono essere felici, infatti mostra le mani e il fianco, cioè mostra la permanenza dei segni dell’amore, con il quale Gesù ha dato la vita per i suoi discepoli.
Infatti al momento dell’arresto Gesù aveva detto alle guardie “Se cercate me lasciate che questi se ne vadano”. E’ il pastore che ha dato la vita per le sue pecore. Poi Gesù torna di nuovo a ripetere questo dono della pace, ma questa volta è perché la comunichino all’umanità. Infatti, dopo aver ripetuto “Pace a voi”, Gesù aggiunge: “Come il Padre ha mandato me…”, il Padre ha mandato il figlio a dimostrare un amore sino alla fine, “… così anch’io mando voi”.
Gesù invita i suoi discepoli a prolungare nel tempo l’offerta di vita di Gesù. E per questo comunica loro la sua stessa capacità d’amare, cioè comunica lo Spirito Santo. L’attività di Gesù, che in questo vangelo è stata descritta come quella dell’agnello che toglie il peccato del mondo, e toglie il peccato del mondo effondendo sulle persone lo Spirito Santo, viene prolungata dalla sua comunità.
Deve proporre e offrire ad ogni persona una pienezza di vita, una pienezza d’amore. E poi Gesù continua dicendo: “Coloro ai quali cancellerete i peccati saranno cancellati, a coloro ai quali non cancellerete, non saranno cancellati”, questo è il verbo adoperato dall’evangelista. Cosa vuol dire Gesù? Non dà un potere per alcuni, ma una capacità, una responsabilità per tutti.
La comunità deve essere come la luce che splende nelle tenebre. Quanti vivendo nelle tenebre se ne sentono attratti ed entrano a far parte del raggio d’azione di questo amore, hanno il passato completamente cancellato. Quanti invece, pur vedendo brillare questa luce, si ritraggono ancora di più nelle tenebre – Gesù l’aveva detto: “Chi fa il male odia la luce” – rimangono sotto la cappa dei loro peccati, sotto la cappa delle tenebre di morte.
A questo incontro di Gesù con i suoi discepoli non c’era Tommaso. Come mai Tommaso era assente? I discepoli erano nascosti per paura di fare la stessa fine di Gesù. Tommaso non ha paura; Tommaso è colui che al momento della risurrezione di Lazzaro aveva detto: “andiamo anche noi a morire con lui”. Ecco perché Tommaso è chiamato “il gemello”, quello che più assomiglia a Gesù. Tommaso non è presente e quando gli dicono che Gesù è apparso, lui non esprime la sua incredulità, ma il disperato bisogno di credere.
E lo fa con quell’espressione: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi … “, è l’equivalente dell’italiano, quando di fronte ad una notizia, noi diciamo “Non ci posso credere! Non è possibile!”
Non stiamo negando il fatto, significa che è troppo bello. Otto giorni dopo, il ritmo è quello della celebrazione eucaristica. E’ nell’eucaristia che Gesù si fa presente e comunica il suo amore. Gesù si manifesta a Tommaso che si guarda bene dal mettere il dito nelle piaghe di Gesù, ma prorompe nella più alta professione di fede di tutti i vangeli.
Gesù era stato descritto dall’inizio del vangelo, come il Dio che nessuno aveva mai visto e che in lui si era manifestato. Tommaso lo comprende, si rivolge a Gesù chiamandolo “Mio Signore e mio Dio”. Il brano si conclude con una beatitudine. I credenti di tutti i tempi non sono svantaggiati nei confronti di coloro che hanno fatto quest’esperienza, ma addirittura avvantaggiati, perché hanno la beatitudine che non è stata detta per i discepoli, “Quanti crederanno senza aver bisogno di vedere”, Gesù li proclama “beati”. Quanti chiedono un segno da vedere per poter credere, Gesù li invita a credere per essere loro segno che gli altri possono vedere. Questa è la buona notizia di Gesù che la comunità dei discepoli è chiamata a portare.

sabato 20 aprile 2019

Il Vangelo con commento di domenica 21 aprile 2019.

Chiesa di Sant'Anna - Sorrento (NA) 
La preoccupazione di Giovanni è che si possa credere alla risurrezione di Gesù solo vedendo i segni della sua vittoria sulla morte. No!

Non si crede che Gesù è risorto perché c’è un sepolcro vuoto, ma soltanto se lo si incontra vivo e vivificante nella propria vita.

Il Vangelo con commento nel seguito.

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 20, 1-9)

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti

Il commento. 

Se Maria di Màgdala si fosse recata al sepolcro un giorno prima, avremmo celebrato la Pasqua un giorno prima. Scrive Giovanni nel capitolo 20  “Il primo giorno della settimana”, letteralmente “nel primo dopo il sabato”, “Maria di Màgdala si recò al sepolcro”. Perché Maria di Màgdala non si è recata al sepolcro subito dopo la sepoltura di Gesù, ma ha atteso il primo giorno dopo il sabato? Perché è ancora condizionata dall’osservanza della legge del riposo del sabato.
E quindi l’osservanza della legge ha impedito di sperimentare subito la potenza della vita che c’era in Gesù, una vita capace di superare la morte. L’evangelista, attraverso questa indicazione, vuole segnalare ai suoi lettori che l’osservanza della legge ritarda l’esperienza della nuova creazione che viene inaugurata da Gesù.
L’espressione “il primo della settimana” richiama infatti al primo giorno della creazione. In Gesù c’è una nuova creazione, quella veramente creata da Dio non conosce la morte, non conosce la fine. Ma la comunità, rappresentata da Maria di Màgdala, è ancora condizionata dall’osservanza della legge. Per questo ritarda l’esperienza della risurrezione.
“Si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio”. Le tenebre sono immagine dell’incomprensione della comunità che ancora non ha compreso Gesù, che si è definito “luce del mondo”, il suo messaggio, la sua verità. “E vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro”. Ebbene la prima reazione di Maria di Màgdala è correre da Simon Pietro e “dall’altro discepolo”. Gesù aveva detto: “«Viene l’ora in cui vi disperderete, ciascuno per conto suo»”.
Ebbene, l’evangelista attribuisce a questa donna, Maria di Màgdala, il ruolo del pastore che raduna le pecore che si erano disperse. “E annunciò loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!»”Non parla di un corpo, ma parla del Signore. E quindi già c’è l’allusione che è vivo questo Gesù. Ebbene, Pietro e l’altro discepolo cosa fanno? Si recano al sepolcro, l’unico posto dove non dovevano andare.
Nel vangelo di Luca sarà espresso molto chiaramente dagli uomini che frenano le donne che vanno al sepolcro, “«Perché cercate tra i morti colui che è vivo?»” Ebbene Pietro e l’altro discepolo vanno in cerca del Signore nell’unico posto dove lui non c’è, cioè nel luogo della morte. Come Maria, per l’osservanza del sabato ha ritardato l’esperienza di una vita più forte della morte, perché Gesù non può essere trattenuto nel sepolcro, luogo di morte.
Lui è vivente. Così i discepoli vanno al sepolcro, l’unico posto dove non si può trovare Gesù. Se si piange la persona come morta, cioè se ci si rivolge al sepolcro, non la si può sperimentare viva e vivificante nella propria esistenza. Corrono tutti e due i discepoli, giunge per primo il discepolo amato, quello che ha l’esperienza dell’amore di Gesù.
Pietro, che ha rifiutato di farsi lavare i piedi e quindi non ha voluto accettare l’amore di Gesù espresso nel servizio, arriva più tardi. Ma l’altro discepolo si ferma e permette che sia Pietro il primo ad entrare. Perché? E’ importante che il discepolo che ha tradito Gesù e per il quale la morte è la fine di tutto - e questo era il motivo del tradimento – faccia per primo l’esperienza della vita.
E poi entra anche l’altro discepolo, “vide e credette”. Ma il monito dell’evangelista molto importante è che “non avevano ancora compreso le scritture che cioè egli doveva risorgere dai morti”. La preoccupazione di Giovanni è che si possa credere alla risurrezione di Gesù solo vedendo i segni della sua vittoria sulla morte. No!
La risurrezione di Gesù non è un privilegio concesso a qualche personaggio duemila anni fa, ma una possibilità per tutti i credenti. Come? Lo dice l’evangelista. “Non avevano ancora compreso le scritture che cioè egli doveva risorgere dai morti”. L’accoglienza della scrittura, la parola del Signore, nel discepolo, la radicalizzazione di questo messaggio nella sua vita, e la sua trasformazione, permettono al discepolo di avere una vita di una qualità tale che gli fa sperimentare il risorto nella sua esistenza.
Non si crede che Gesù è risorto perché c’è un sepolcro vuoto, ma soltanto se lo si incontra vivo e vivificante nella propria vita.

sabato 13 aprile 2019

Il Vangelo con commento di domenica 14 aprile 2019.

Parrocchia Sacro Cuore - Trento. 
... l’ordine di Gesù: slegatelo! Questo verbo ‘slegare’ sarà ripetuto in questo brano per ben quattro volte.
Gesù è venuto a sciogliere quella profezia che era rimasta legata, quella di un messia di pace, perché questo messia di pace nessuno lo voleva.
Volevano un messia violento, un messia potente, ma di un messia di pace non sapevano che farne.

Il Vangelo con commento nel seguito.

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 19, 28-40)

In quel tempo, Ges6ù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme. Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due discepoli dicendo: «Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale non è mai salito nessuno. Slegatelo e conducetelo qui. E se qualcuno vi domanda: “Perché lo slegate?”, risponderete così: “Il Signore ne ha bisogno”».
Gli inviati andarono e trovarono come aveva loro detto. Mentre slegavano il puledro, i proprietari dissero loro: «Perché slegate il puledro?». Essi risposero: «Il Signore ne ha bisogno».
Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù. Mentre egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada. Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia, cominciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo: «Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!».
Alcuni farisei tra la folla gli dissero: «Maestro, rimprovera i tuoi discepoli». Ma egli rispose: «Io vi dico che, se questi taceranno, grideranno le
pietre»

Il commento. 

È il capitolo 19 del vangelo di Luca, versetti 28-40. “Dette queste cose Gesù camminava davanti a tutti”. Gesù sta conducendo ormai la tappa finale del suo esodo, come il pastore davanti al gregge, cammina “salendo verso Gerusalemme. Quando fu vicino a Bètfage e a Betània…”, caratteristica degli evangelisti è non accennare mai alla morte di Gesù, senza alludere anche alla risurrezione. Ecco perché l’evangelista ha messo la tappa finale dell’esistenza terrena di Gesù, Gerusalemme, dove troverà la morte, ma subito dopo ci mette Bètfage e soprattutto Betània, che è il monte della risurrezione e il monte dell’ascensione. Quindi l’evangelista, ogni volta che annunzia la morte di Gesù, allude anche alla sua risurrezione. “…E invia dei discepoli dicendo: «Andate nel villaggio»”, il villaggio è un termine tecnico presente nei vangeli che indica il luogo della tradizione, un tradizione restia alle novità portate da Gesù.
    “«Entrando troverete un puledro»”, letteralmente un asinello. Per comprendere questo brano bisogna rifarsi alla profezia di Zaccaria al capitolo 9 versetto 9, dove il profeta annunziava l’arrivo di un re, di un messia, completamente diverso da quelli attesi. Non un messia con la forza, con le armi, non con i carri o con i cavalli, ma un messia di pace. E per indicare questo messia di pace, anziché farlo vedere vittorioso sopra la mula, la cavalcatura regale, il profeta Zaccaria lo fa vedere che cavalca un asino, un puledro, figlio di asina. Allora bisogna tener conto di questa profezia per comprendere quello che l’evangelista ci dice.
    «Troverete un puledro legato, sul quale non è mai salito»”, esattamente “«nessuno degli uomini»”. Cosa ci vuole dire l’evangelista? Questa profezia è rimasta legata, è rimasta minoritaria, perché, tra le tante attese di un messia trionfatore, di un messia vendicatore contro i pagani, questa era rimasta emarginata, non era stata accolta. Era stata come legata.
    Ebbene, l’ordine di Gesù: slegatelo! Questo verbo ‘slegare’ sarà ripetuto in questo brano per ben quattro volte. Gesù è venuto a sciogliere quella profezia che era rimasta legata, quella di un messia di pace, perché questo messia di pace nessuno lo voleva. Volevano un messia violento, un messia potente, ma di un messia di pace non sapevano che farne.
    Dice: “«E se qualcuno vi domanda ‘perché lo slegate?’»”, ecco il villaggio che è il custode della tradizione, e non accoglie le novità, “«Risponderete: ‘il Signore ne ha bisogno’»”. Qui l’evangelista gioca nel contrasto tra “il Signore”, e poi viene tradotto con ‘proprietario’, e ‘i signori’. Il Signore è colui che slega la profezia, colui che libera, i signori sono i capi del popolo che invece la tenevano legata.
    “Mentre slegavano il puledro, i signori dissero: «Perché slegate il puledro?»” Ecco l’insistenza su questo slegare e su questo puledro d’asina. “Gli risposero: «Il Signore ne ha bisogno»”. Quindi Gesù slega questa profezia che era rimasta legata perché a nessuno interessava un messia così. E vince la resistenza dei signori del popolo.
    “Lo condussero allora da Gesù”, e qui ci sono due azioni diverse, “e, gettati i loro mantelli sul puledro”; gettare il mantello indica la persona, gettare il mantello sull’asinello scelto da Gesù come espressione di un messia di pace, significa condivisione del suo stesso ideale di un messianismo di pace. “Ma altri invece”, scrive l’evangelista, “stendevano i loro mantelli sulla strada”.
    Era tipico nell’investitura regale, che il popolo, come segno di sottomissione, stendesse il mantello sulla strada e il re vi passasse sopra, come segno di dominio. Quindi c’è un’ambiguità in questo brano, da una parte ci sono dei discepoli che condividono questo messia di pace; dall’altra ci sono i discepoli, o la stessa folla, che invece attende un messia dominatore, ed è pronta a sottomettersi a questo re. Sarà l’ambiguità tragica che poi porterà al rifiuto di Gesù da parte del popolo di Israele, perché non lo accetterà come messia di pace.
    “Era ormai vicina la discesa del monte degli Ulivi, e tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia, lodano il Signore per i prodigi che avevano veduto”, e, citando il Salmo 119, dicono: “«Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore»”. Il re è questo messia di pace, come Gesù sta manifestando. Infatti, subito dopo l’evangelista aggiunge “«Pace in cielo»”, che significa la provenienza di questa pace, dal cielo.
    Cos’è questa pace che giunge dal cielo? Questa pace è Gesù, messia di pace, cioè Gesù come dono che Dio ha dato a Israele e all’umanità e questa è “«la gloria di Dio nel più alto dei cieli!» Di fronte a questa novità, che non è accettata dal popolo, i rappresentanti religiosi, i farisei, reagiscono.
    “Alcuni farisei tra la folla gli dissero: «Maestro, rimprovera…»”, il verbo ‘rimproverare’, adoperato dall’evangelista, veniva usato – letteralmente ‘sgridare’ – per liberare le persone dai demoni, nell’esorcismo. Per i farisei, quello che i discepoli stanno dicendo, acclamando un messia di pace, e non il messia violento, è qualcosa di demoniaco, che non corrisponde al piano di Dio e loro, i farisei, che sono i zelanti custodi della legge, sanno tutto e conoscono tutto sul piano di Dio.
    Ecco la risposta di Gesù: “«Io vi dico, se questi taceranno, grideranno le pietre»”. Qual è il significato di queste pietre? Quali sono queste pietre che gridano? La discesa del monte degli Ulivi, all’ingresso di Gerusalemme, passa attraverso la valle di Giosafat, chiamata anche la valle del giudizio, che era disseminata di pietre tombali. Allora Gesù dice “anche se questi vivi taceranno, i morti, cioè gli israeliti che hanno vissuto prima di loro e che da sempre hanno vissuto e costruito questa attesa di un messia, saranno loro che grideranno”.
Quindi l’evangelista assicura che, anche se si mettono a tacere i discepoli, la forza della vita che è insita anche in quest’ambito di morte, proclamerà il dono di Dio all’umanità, cioè un messia che porta la pace.

sabato 6 aprile 2019

Il Vangelo con commento di domenica 7 aprile 2019.

Chiesetta Maso Colpi - Levico Terme (TN). 
Gesù non perdona la donna adultera, la donna è già perdonata, ma Gesù le comunica la forza per tornare a vivere.

Ebbene questi undici versetti "scandalosi", per secoli, nessuna comunità li ha voluti; e forse è difficile da comprendere questo perdono, questa accettazione e quest’amore da parte di Gesù.

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 8, 1-11)

In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.
Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.
Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.
Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».

Il commento. 

Il brano che oggi commentiamo non ha avuto vita facile. Per secoli nessuna comunità l’ha voluto; alla fine questi undici versetti hanno trovato ospitalità nel Vangelo di Giovanni, ma in realtà il brano è di Luca: lo stile, la tematica, la grammatica, sono di Luca. Se infatti lo togliamo da Giovanni, vediamo che la narrazione di Giovanni fila più liscia, e se, al contrario, lo inseriamo nel Vangelo di Luca al capitolo 21, versetto 38, vediamo che quello è il suo contesto.
Perché questo brano non ha avuto vita facile? Ancora S. Agostino si lamentava che alcuni lo toglievano dai loro vangeli, per paura di che cosa? Che l’atteggiamento di Gesù nei confronti dell’adultera, perché di questo si tratta, il perdono dell’adultera, e che le parole di Gesù «d’ora in poi va’ e non peccare più» fossero il permesso di peccare.
Ma vediamo questo episodio. “Gesù si avviò verso il monte degli ulivi” – termine che non appare mai nel Vangelo di Giovanni – “Ma all’alba”, non al mattino come viene tradotto, ed è importante questa indicazione dell’evangelista, “si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui”; quindi c’è un’adesione del popolo a Gesù, un’adesione che irrita la casta sacerdotale e i leader spirituali.
“Egli si sedette e si mise ad insegnare”. L’insegnamento di Gesù non si basa sull’osservanza della legge, ma sull’offerta del suo amore. Per questo il suo insegnamento non viene imposto, ma offerto. La reazione qual è? “Allora gli scribi” – il termine ‘scriba’ non appare mai nel Vangelo di Giovanni – “e i farisei”, come reazione a questo entusiasmo della folla che ascolta Gesù – e se ascolta Gesù non può più ascoltare loro – gli preparano una trappola.
“Gli condussero una donna sorpresa in adulterio”, e per comprendere l’atteggiamento dei farisei nella situazione ricordiamo che il matrimonio in Israele si compone di due tappe; la prima è lo sposalizio, quando la ragazza ha dodici anni e un giorno e il ragazzo diciotto, e si tratta della contrattazione del valore della sposa e del pagamento della dote, poi ognuno torna a casa sua. In questo periodo non è consentito avere alcuna relazione sessuale.
Un anno dopo sarà la sposa che viene portata a casa dello sposo e avvengono le nozze. Ebbene, la legislazione prevedeva che, se la donna era adultera, o scoperta in adulterio, nella prima fase del matrimonio, veniva lapidata, se era nella seconda, strangolata.
Quindi qui abbiamo una donna, nel senso di una ragazzina fra i dodici e i tredici anni, sorpresa in adulterio. E dissero a Gesù: “«Maestro»”, ecco l’ipocrisia delle persone religiose, loro non vogliono imparare, ma hanno teso una trappola, vogliono condannare. “«Questa donna è stata sorpresa in flagrante»” – ecco il perché dell’alba, quindi era un agguato premeditato, probabilmente avevano degli indizi – “«adulterio»”.
E loro si rifanno alla legge. Il tema di questo brano è: in quale Dio credere? Nel Dio legislatore, quello che stabilisce le leggi e che punisce con la pena di morte? O nel Dio creatore, quello che crea la vita, la ama e la difende a oltranza? “«La legge a noi ci ha comandato di lapidare donne come questa»” – profondo il disprezzo –. “«Tu che ne dici?»”
Non è una richiesta, è una trappola. Come Gesù risponde si danneggia; se Gesù dice “e va bene lapidatela”, tutta questa grande folla, che ha sentito in lui un messaggio nuovo d’amore e di dolcezza, lo abbandonerebbe; se invece dice “no, lasciamola andare”, siamo nel tempio, c’è la polizia, e Gesù verrebbe subito arrestato.
L’evangelista, che ripeto è Luca e non Giovanni, dice: “Dicevano questo per tentarlo”, non per metterlo alla prova. Il verbo ‘tentare’ nel Vangelo di Luca appare tre volte, la prima volta è stata nelle tentazioni del diavolo. Quindi queste persone tanto pie, tanto spirituali, in realtà sono emissari e strumenti del satana, del diavolo, “per avere motivo di accusarlo”. Quindi vogliono eliminare Gesù.
La reazione di Gesù è sorprendente: “Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra”. Perché Gesù scrive per terra? La risposta l’abbiamo nel profeta Geremia, al capitolo 17, versetto 13, dove il profeta scrive: “O speranza di Israele, Signore, quanti ti abbandonano resteranno confusi, quanti si allontanano da te saranno scritti nella polvere”, scritti per terra. Una maniera per indicare che sono già polvere, cioè sono già nel regno dei morti, “perché hanno abbandonato il Signore, fonte d’acqua viva!”
Chi non ama rimane nella morte, chi nutre sentimenti di morte è già morto. Allora l’azione profetica di Gesù di scrivere per terra indica che li iscrive nel regno dei morti, sono già dei morti. “Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo una pietra»” – non ‘la pietra’ – “«contro di lei»”.
L’evangelista si rifà alla maniera di eseguire le condanne per lapidazione. Il condannato, in questo caso la condannata, veniva gettata in una fossa, e uno dei testimoni dell’accusa doveva lanciare una pietra per colpirla al cuore e normalmente questa pietra la uccideva. Era una pietra abbastanza pesante.
Quindi Gesù dice “chi se la sente di ammazzarla”, chi è senza peccato, esegua la sentenza. Si tratta quindi di eseguire la sentenza. “Gesù, chinatosi di nuovo, scriveva per terra”, si vede che la lista era lunga.
È interessante, in tutto questo, un’assenza. L’uomo dov’è? La legge, il libro del Deuteronomio – queste sono persone zelanti per la difesa della legge – prevedeva che, in caso di adulterio, anche l’uomo venisse condannato e lapidato, ma l’uomo in questo caso non c’è. L’uomo la scampa: in una legge fatta da maschi gli uomini hanno sempre la possibilità di scamparla.
Quindi Gesù si china di nuovo e scrive per terra. “Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno”; all’inizio erano compatti quando si trattava di accusare, adesso che si tratta di scappare se ne vanno via alla chetichella, uno per uno, “cominciando dai più anziani”.
Questo ‘anziani’ non significa ‘i vecchi’. Il termine greco presbitero indica i componenti del sinedrio, il massimo organo giuridico di Israele, “Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo”. Ed ecco l’atteggiamento sorprendente e scandaloso di Gesù, che le comunità cristiane non hanno accettato. “Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ella rispose: «Nessuno, Signore»”.
Agostino, commentando questo brano ha un’espressione bellissima, dice: “rimangono la misera e la misericordia”. Ed ecco Gesù, l’unico nel quale non c’è peccato, che le dice: “«Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più»”. Gesù non perdona la donna, la donna è già perdonata, ma Gesù le comunica la forza per tornare a vivere.
Ebbene questi undici versetti scandalosi per secoli nessuna comunità li ha voluti; e forse è difficile da comprendere questo perdono, questa accettazione e quest’amore da parte di Gesù.