sabato 24 novembre 2018

Il Vangelo con commento di domenica 25 novembre 2018.

Chiesa del Santissimo Redentore - Levico Terme. 
... rispose Gesù: “Il mio regno non è di questo mondo”. Gesù non sta contrapponendo il cielo alla terra, non due mondi differenti, sta dicendo che il suo regno non è di questo mondo, perché non assomiglia ai sistemi di questo mondo... 

Il Vangelo con commento nel seguito.

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 18, 33b-37)

In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?».
Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». 
Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».

Il commento al Vangelo.

Il vangelo di Giovanni ci presenta il primo interrogatorio di Pilato nei confronti d Gesù. Pilato già conosceva Gesù, aveva contribuito al suo arresto mandando le sue guardie. Leggiamo il vangelo.
Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: “Sei tu il re dei Giudei?” La domanda di Pilato sembra esprimere tutta la sua sorpresa perché gli hanno detto che questo Gesù è l’atteso messia, il re dei Giudei, colui che mediante una rivolta avrebbe dovuto buttare via tutto il sistema di potere, avrebbe dovuto cacciare via i romani, ma evidentemente la persona di Gesù non dà l’idea di un bellicoso rivoluzionario per cui Pilato esprime tutta la sua sorpresa.
Ebbene Gesù non gli risponde. Gesù, l’imputato, fa lui le domande al giudice che lo deve giudicare. Infatti Gesù rispose: “Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?”
Gesù non risponde ma invita Pilato a ragionare con la propria testa. Come già ha fatto con la guardia che lo ha schiaffeggiato – Gesù gli ha detto “Se ho fatto del male dimostrami dov’è il male, se non ho fatto del male perché questa violenza?” – così Gesù cerca di convincere Pilato a ragionare con la propria testa. Ma la domanda di Gesù provoca la reazione furibonda di Pilato che reagì dicendo: “Sono forse io Giudeo?” In questa espressione c’è tutto il disprezzo del procuratore verso questo popolo che lui doveva governare.
Ed ecco la denuncia: “La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?” Sono tutti contro Gesù. Giovanni nel su prologo l’aveva scritto: venne tra i suoi ma i suoi non lo hanno accolto. Ma non solo coloro che detengono il potere - i sommi sacerdoti si può capire perché il messaggio di Gesù toglie il potere perché il Dio di Gesù non è un Dio di potere, ma amore che si mette a servizio degli uomini – ma anche la gente perché sono dominati e questo dominio dell’istituzione religiosa dà loro sicurezza.
Quindi sono tutti contro Gesù. Ed ecco la domanda: “Che cosa hai fatto?” Pilato già lo sa perché le autorità gli hanno detto: “Se non fosse un malfattore non te lo avremmo consegnato”. Ed ecco che finalmente Gesù risponde alla prima domanda (Sei il re dei Giudei?), rispose Gesù: “Il mio regno non è di questo mondo”. Gesù non sta contrapponendo il cielo alla terra, non due mondi differenti, sta dicendo che il suo regno non è di questo mondo, cioè non assomiglia ai sistemi di questo mondo.
Questo non significa che il suo regno non sia in questo mondo, quindi Gesù non sta contrapponendo il cielo alla terra. E lo dice. “Se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di qui”.
Gesù non ha servitori in quanto lui è servitore. Il suo regno è quello dal quale è esclusa ogni forma di potere, di dominio, e quindi di violenza e di sopraffazione. Quindi in regno di Gesù non di questo mondo, è in questo mondo, ma è una società alternativa.
Pilato, ancora più sconcertato, gli chiede: “Dunque tu sei re?” Ebbene Gesù tronca questo argomento della regalità che non gli interessa e risponde: “Tu lo dici: io sono re”, cioè “questo è il tuo parere”. Poi Gesù tronca perché non è interessato a parlare della regalità, ma riprende a parlare di quella che è la sua missione.
“Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità ascolta la mia voce”. Nel discorso con Nicodemo Gesù aveva contrapposto chi fa la verità con chi fa il male. Quindi essere nella verità, fare la verità, significa fare il bene. Se nella propria vita non si mette come valore assoluto il bene dell’uomo e non si orienta la propria vita per procurare questo bene dell’uomo, la voce del Signore non può essere compresa. Si può ascoltare ma senza comprendere.
Quindi Gesù non dice: “Chi ascolta la mia voce si mette poi nella verità” ma il contrario. Per ascoltare la voce del Signore bisogna fare una scelta: orientare la propria vita al bene dell’uomo. Naturalmente tutto questo è incomprensibile per Pilato perché rappresenta il potere. Infatti Pilato, come Gesù non è interessato al discorso della regalità, lui non lo è a quello della verità.
E chiude dicendo: “Che cos’è verità?”

sabato 17 novembre 2018

Il Vangelo con commento di domenica 18 novembre 2018.


E’ una pagina di grande speranza, di grande consolazione quella che Marco ci presenta questa domenica:
anche se la comunità cristiana si vede schiacciata da enormi poteri, sappia che la sua azione, nella misura in cui è fedele al vangelo, sarà efficace, perché ogni regime basato sul potere ha già in sé il germe della distruzione.

Il Vangelo con commento nel seguito.

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 13, 24-32)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo.
Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte.
In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre».

Il commento al Vangelo. 

E’ una pagina di grande incoraggiamento per la comunità cristiana quella che Marco ci presenta in questa domenica. Vangelo di Marco, capitolo 13, versetti 24-32. Un capitolo molto difficile, tant’è vero che l’evangelista all’inizio annota E colui che legge veda di capire bene, cioè l’interprete del testo alla comunità cerchi di fare attenzione.
Vediamo cosa ci dice l’evangelista. In quei giorni, sono i giorni che seguono la distruzione del tempio di Gerusalemme, quindi dopo quella tribolazione, e qui Gesù adopera il linguaggio tipico dei profeti, che aveva compreso nella cultura del tempo. Infatti Gesù dice: “Il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce”.
Sole e luna erano adorati come divinità dai popoli pagani, allora Gesù sta annunciando che, grazie alla diffusione della notizia del messaggio di Gesù, le false divinità perderanno il loro splendore. Quello che si credeva vero si dimostra che è falso, quello che veniva contrabbandato per sacro si dimostra che è impuro.
Questo grazie all’annunzio della buona notizia di Gesù. Quindi il sole si oscura, la luna non darà più la sua luce. Le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Quei poteri che proprio sulla divinità basavano la loro forza e il loro prestigio, uno dopo l’altro cominceranno a cadere. Era tipico della cultura dell’epoca per principi, re e imperatori considerarsi di condizione divina.
E nel linguaggio biblico erano chiamati “stelle”. Quindi tutti coloro che detengono un potere basato su queste divinità, che il vangelo dimostrerà false, uno dopo l’altro cadranno. E’ un annunzio bellissimo, di grande incoraggiamento, quello che Gesù sta dando. E’ l’annunzio della caduta di tutti quei poteri che si oppongono alla venuta del regno di Dio.
Tutti quei poteri che sfruttano l’uomo, tutti quei poteri che sottomettono l’uomo, specialmente se lo fanno in nome di Dio, uno dopo l’altro cadranno. Questa che Gesù annunzia è una catastrofe che non minaccia il mondo, ma minaccia il cielo, il cielo dove queste persone pretendevano risiedere, perché si consideravano di condizione divina.
Allora vedranno… ma chi è il soggetto? Gesù non dice ai discepoli “vedrete”, non sono infatti i discepoli che vedranno, ma queste stelle, queste potenze nella misura in cui cominceranno a cadere, vedranno il Figlio dell’uomo. Mentre questi falsi poteri, queste false divinità, perdono la loro luce e cominciano a cadere, emerge quella vera, il Figlio dell’uomo, cioè il trionfo dell’umano sull’inumano, l’uomo con la condizione divina.
Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi, le nubi sono immagine della presenza di Dio, con grande potenza. Le potenze nei cieli, cioè quelle che determinavano la vita e la morte delle persone, con l’annunzio del vangelo vengono sconvolte. Ma la potenza di Gesù – e la potenza di Gesù è una forza che comunica vita – emergerà sempre di più.
E mentre il sole si oscura e la luna non darà più la sua luce, in Gesù splende la sua gloria, si manifesta la sua divinità.
Egli manderà gli angeli, gli angeli nel vangelo di Marco sono i collaboratori di Gesù quindi sono persone fisiche, e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo. Cosa ci sta dicendo l’evangelista? Che la caduta dei persecutori sarà il trionfo di coloro che sono stati perseguitati. Quindi le sofferenze causate dall’oppressione vedranno la fine.
Poi Gesù sembra cambiare discorso. Dalla pianta di fico … Il fico è stato usato come immagine del tempio, tutto foglie ma senza frutti. E Gesù ne aveva annunziato al fine. Quindi sta parlando della fine del tempio di Gerusalemme. Imparate quella parabola. Quale parabola? Quella che Gesù aveva detto ai sommi sacerdoti dei vignaioli omicidi, ai quali sarebbe stata tolta la vigna.
Quindi distruzione del tempio, e la vigna, immagine del regno, che sarà data ad altri popoli. Quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi … Gesù dirà che altri hanno capito e anche loro devono capire, ma sono i discepoli che fanno resistenza a comprendere questo.
Quando vedrete accadere queste cose, si parla dell’invasione della Palestina da parte dei Romani che assedieranno Gerusalemme e distruggeranno il tempio, sappiate che … qui la traduzione dice “egli è vicino”, ma “egli” non c’è. Sappiate che è vicino alle porte. Cos’è che è vicino? Gesù l’aveva detto, il regno di Dio è vicino. Quindi il regno di Dio finalmente viene compreso che non è soltanto un’offerta per il popolo di Israele, ma è per tutta l’umanità.
E con la distruzione del tempio di Gerusalemme questo comincerà ad essere vero. E poi l’affermazione importante, solenne di Gesù: “In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga”.
Sappiamo storicamente che fu nell’anno 70 la presa di Gerusalemme, la distruzione del tempio, quindi i contemporanei di Gesù vi hanno potuto assistere. Il cielo e la terra, cioè tutto, passeranno, ma le mie parole non passeranno.
Cioè tutto passerà, ma il mio messaggio, quindi il contenuto della buona notizia, non passerà. Gesù assicura la realizzazione del suo messaggio nella storia. Poi Gesù continua dicendo: “Quanto però a quel giorno”, i termine “giorno” è stato adoperato da Marco per indicare la morte di Gesù e quella dei suoi seguaci. “O a quell’ora”, è l’ora nella quale i discepoli di Gesù verranno portati di fronte ai tribunali, quindi si tratta del momento della persecuzione e della morte.
“Nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre”. Cosa vuol dire Gesù con questa espressione? Non è importante conoscere il momento, ma sapere che è nelle mani del Padre, quindi fidarsi pienamente del Padre. E’ una pagina di grande speranza, di grande consolazione, anche se la comunità cristiana si vede schiacciata da enormi poteri, sappia che la sua azione, nella misura in cui è fedele al vangelo, sarà efficace, perché ogni regime basato sul potere ha già in sé il germe della distruzione.
Ogni gigante, come scrive il profeta Daniele nel suo libro, ha i piedi d’argilla e prima o poi si autodistruggerà. E’ un invito, come dice Giovanni nel suo vangelo, a non combattere le tenebre, ma a splendere in mezzo ad esse. Quindi la comunità cristiana, nella misura in cui sarà fedele all’annunzio del vangelo permetterà la caduta delle divinità false, e su questa i regimi che si appoggiano.

sabato 10 novembre 2018

Il Vangelo con commento di domenica 11 novembre 2018.

Chiesa Santa Maria Assunta - Pieve Tesino (TN). 
Gesù che non condanna i peccatori, condanna i massimi rappresentanti dell’istituzione religiosa: gli scribi.

Questi scribi, questi teologi, tutto fanno per loro interesse, per la loro convenienza.

Il tempio, simbolo di un’istituzione che, anziché proteggere le persone le sfrutta, anziché aiutare le vedove le dissangua, non ha diritto d’esistenza, perché è contrario alla volontà del Padre amante di ogni sua creatura. 

Il Vangelo con il commento nel seguito.

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 12,38-44)

In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».
Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo.
Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».

Il commento al Vangelo.

Dopo la cacciata nel tempio dei venditori e dei compratori, si è scatenato contro Gesù l’attacco dei rappresentanti dell’istituzione religiosa. Dai sommi sacerdoti ai farisei, gli erodiani, i sadducei, gli scribi, e adesso è Gesù che passa al contrattacco. E’ quanto leggiamo nel vangelo di Marco, capitolo 12, versetti 38-44.
E’ una pagina terribile per la violenza verbale con la quale Gesù si scaglia contro i massimi rappresentanti dell’istituzione religiosa. Scrive l’evangelista: Diceva loro. Gesù si rivolge alla folla, quindi quello che sta per dire è molto importante e interessa tutto il popolo.
Nel suo insegnamento viene adoperato il termine che indica la “dottrina”, quindi questo fa parte dell’insegnamento di Gesù. “Guardatevi”, è imperativo e significa “attenti”; Gesù invita a stare attenti ad una certa categoria di persone. Da chi Gesù invita a stare in guardia? Dai peccatori, dai miscredenti, dai fuorilegge? Invece, incredibilmente, Gesù dice di stare attenti perché sono persone pericolose, “Guardatevi dagli scribi”.
Gli scribi – lo sappiamo – erano i teologi ufficiali del magistero di Israele, il loro insegnamento era equiparato alla parola di Dio, godevano di grande prestigio ed erano i detentori della dottrina. Ebbene Gesù dice: “attenti a questa razza di gente”. E siccome il vangelo non è cronaca, ma teologia, l’evangelista pone tre elementi per distinguere gli scribi di tutti i tempi. Vediamoli.
Gesù dice che questi scribi “amano passeggiare in lunghe vesti”. Ecco, la prima caratteristica dalla quale si riconoscono le persone dalle quali bisogna stare alla larga perché sono pericolose, vestono in maniera diversa dagli altri. Indossano degli abiti che vogliono indicare il loro grado, la loro importanza e la loro relazione con il Signore.
Quindi la prima indicazione che Gesù dà è: “attenti a queste persone che vestono diversamente perché sono pericolose”.
“Ricevere saluti nelle piazze”, cioè amano essere ossequiati, amano che questa loro importanza venga riconosciuta, venga stimata dalla gente. “Avere i primi seggi nelle sinagoghe”. Nelle sinagoghe i primi seggi erano quelli più in vista, quelli al di sopra della gente, quindi sempre in modo da distinguersi da tutti gli altri.
“I primi posti nei banchetti”, che era quello vicino al padrone di casa, dove si viene serviti prima e meglio. E quindi sono non soltanto di una vanità insaziabile, ma anche di un appetito insaziabile; praticamente occupano tutto lo spazio della vita, dalle sinagoghe, alle piazze ai banchetti.
Il loro dominio si estende a tutta la vita dell’uomo. Ma Gesù continua: “Divorano le case delle vedove”. La vedova nella Bibbia è immagine della persona che, non avendo un uomo che si prende cura di lei, un uomo sul quale si può appoggiare, è una persona indifesa. Quindi la vedova non è tanto quella donna a cui manca il marito, ma la vedova rappresenta gli indifesi, le persone senza alcuna difesa nella società.
E qui l’evangelista non scrive, come vedo scritto nella traduzione, pregano a lungo per farsi vedere, ma dice Fanno vedere di pregare a lungo. Gesù non riconosce ad essi neanche la preghiera, la loro preghiera è soltanto una finzione, è una recita, perché – come vedremo – il loro Dio è ben altro. Il loro Dio è l’interesse.
Ebbene questa è l’unica volta in cui Gesù condanna una categoria di persone, Essi riceveranno una condanna più severa. Gesù che non condanna i peccatori, condanna i massimi rappresentanti dell’istituzione religiosa. E quale sarà questa condanna? L’aveva già espresso nella parabola dei vignaioli omicidi, aveva tolto loro la vigna.
Ma Gesù continua. Seduto di fronte al tesoro, il vero Dio del tempio ecco chi è, il tesoro, mammona, l’interesse, la convenienza. Questi scribi, questi teologi, tutto fanno per loro interesse, per la loro convenienza. Osservava come la folla vi gettava monete. E’ un Dio che continuamente chiede e richiede sempre di più.
Tanti ricchi ne gettavano molte. Sappiamo che il tempio di Gerusalemme era la più grande banca del Medio Oriente. Ma, venuta una vedova povera, ecco che torna di nuovo la vedova, quelle vedove che Gesù ha appena descritto, quelle che sono state divorate nei loro beni dall’avidità insaziabile degli scribi, vi gettò due monetine, che fanno un soldo, cioè praticamente nulla.
Allora, chiamati a sé i suoi discepoli. Ancora una volta Gesù deve chiamare i discepoli. Ma perché in questo vangelo Gesù deve sempre chiamarli? Perché sono lontani. I discepoli lo accompagnano, ma non lo seguono. Loro seguono un’idea di messia trionfatore e non possono capire la novità portata da Gesù. Allora Gesù ancora una volta li deve chiamare. Attenzione, questo che adesso Gesù rivolge alla vedova non è un elogio o una lode, ma un pianto di compatimento nei confronti di una vittima dell’istituzione religiosa, vittima e complice.
Vittima di un Dio vampiro che succhia il sangue dei suoi figli. E disse loro: “In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro”, per la terza volta torna il termine “tesoro” che indica che è questo il vero Dio del tempio, “più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva”, letteralmente “la sua vita intera”.
Per comprendere il lamento di Gesù bisogna rifarsi alla legge. Nella legge, nel libro del Deuteronomio, si stabiliva che con le offerte del tempio bisognava mantenere le vedove e gli orfani. Ebbene gli scribi, con la loro teologia e la loro insaziabile voracità, avevano trasformato questo. Non solo con le offerte del tempio non si mantenevano le vedove, ma erano le vedove che dovevano mantenere il tempio offrendo anche la loro stessa vita.
Quindi quella di Gesù non è una lode, ma un lamento. Quello che è conosciuto nei salmi come il difensore delle vedove qui diventa un vampiro che succhia la vita.
E per comprendere meglio la reazione di Gesù bisogna aggiungere un paio di versetti che mancano alla versione liturgica. Gesù sta uscendo dal tempio e viene richiamato da uno dei suoi discepoli: “Maestro guarda che splendide pietre e che splendide costruzioni”. Il discepolo si riempie la bocca nel testo greco, potapoi litoi, e potapai oikodomai. Si riempie la bocca di queste magnificenze. Ma Gesù risponde: “Non rimarrà qui pietra su pietra che non sia distrutta”.
Il tempio, simbolo di un’istituzione che, anziché proteggere le persone le sfrutta, anziché aiutare le vedove le dissangua, non ha diritto d’esistenza, perché è contrario alla volontà del Padre amante di ogni sua creatura.

sabato 3 novembre 2018

Il Vangelo con commento di domenica 4 novembre 2018.

Chiesa di San Giuseppe (Trento). 
Gesù risponde a tono alla domanda insidiosa dello scriba che gli chiede quale sia il primo comandamento:
"Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore... ma perché l'amore verso Dio sia autentico, deve poi tradursi in amore verso il prossimo." 
E Gesù conclude dicendo: “Non c'è altro comandamento più importante di questi”. E il decalogo (i dieci comandamenti)? Per Gesù non sembra avere questa importanza. Questo perché l'insegnamento è per i giudei, non per la comunità cristiana.

Il Vangelo con commento nel seguito.

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 12,28-34)

In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».
Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici».
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

Il commento al Vangelo.

Nel vangelo di Marco è per lo meno sconcertante l'atteggiamento disinvolto che Gesù ha nei confronti dei comandamenti, il decalogo. Quando il ricco gli chiese quali comandamenti osservare per avere la vita eterna, Gesù, nella sua risposta, ha ignorato i tre comandamenti – i più importanti – che prevedevano gli obblighi nei confronti di Dio e ha elencato soltanto alcuni doveri nei confronti degli uomini.
Quindi lascia perplessi l'atteggiamento di Gesù nei confronti dei comandamenti. E' quanto ci scrive Marco nel capitolo 12, versetto 28-34. Leggiamo.
Allora, l'allora si riferisce alla disputa che Gesù ha avuto con i sadducei sul tema della risurrezione. Si accostò uno degli scribi. Gli scribi, ricordiamolo, in questo vangelo hanno già deciso di eliminare Gesù perché lo vedono come un pericolo per la loro istituzione.
Comunque uno degli scribi, che li aveva uditi discutere. Scribi e sadducei erano rivali, quindi, vedendo la sconfitta che Gesù ha inflitto ai sadducei, questo scriba si avvicina con atteggiamento positivo. E, visto come aveva loro ben risposto, gli domandò: “Qual è il primo di tutti i comandamenti?”
Può sembrare strana questa domanda anche perché lo scriba doveva sapere la risposta. Il decalogo era composto di dieci comandamenti, ma poi i rabbini e i farisei avevano estrapolato da tutta la legge ben 613 comandamenti da osservare. 365 come i giorni dell'anno erano le proibizioni e 248 i comandamenti, come le componenti del corpo umano. Per un totale di 613 precetti da osservare.
Qual è il primo di tutti i comandamenti? La risposta si sapeva. Il primo comandamento, cioè il più importante è quello che anche Dio osserva. E qual è il comandamento che anche Dio osserva? Il riposo del sabato.
Per cui l'osservanza di questo unico comandamento equivaleva all'osservanza di tutta la legge. La trasgressione di questo unico comandamento equivaleva alla trasgressione di tutta la legge e per questo era prevista la pena di morte.
La domanda che lo scriba fa a Gesù, che ha sempre ignorato questo comandamento e ha curato, guarito, anche nel giorno di sabato, è quindi in qualche maniera scontata. La risposta di Gesù è sconcertante. Gli ha chiesto qual è il primo dei comandamenti, Gesù nella sua risposta ignora i comandamenti. Lui è venuto a proporre una nuova alleanza e non gli interessa la vecchia, quella imposta da Mosè al popolo di Israele.
Gesù è venuto a proporre una nuova alleanza e nella sua risposta ignora i comandamenti. Il primo è e si rifà a quello che possiamo definire il Credo d'Israele, con le parole ebraiche “Shemà Israel”. Era la preghiera contenuta nel libro del Deuteronomio che al mattino e alla sera il giudeo recitava. “Ascolta Israele, il Signore Dio nostro è l'unico Signore. Amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima”, il termine adoperato dall'evangelista è psychè, anima, “con tutta la tua mente e con tutte le tue forze” e qui l'amore verso Dio è assoluto.
Ma, per essere autentico, questo amore verso Dio deve poi tradursi in amore verso il prossimo e quindi Gesù, inaspettatamente, unisce un altro comandamento. Gesù prende un precetto dal libro del Levitico: “E il secondo è questo: amerai il prossimo tuo come te stesso”. Cioè, perché l'amore verso Dio sia autentico, deve poi tradursi in amore verso il prossimo.
E Gesù conclude dicendo: “Non c'è altro comandamento più importante di questi”. E il decalogo? Per Gesù non sembra avere questa importanza. L'insegnamento è per i giudei, non per la comunità cristiana, cioè un amore a Dio totale e un amore al prossimo che è relativo. Poi l'insegnamento di Gesù ai suoi specificherà che non è più l'uomo che deve dare a Dio questo amore totale, ma è Dio che si dà all'uomo.
Il Dio di Gesù non assorbe le forze e le energie degli uomini, ma comunica loro le sue. Il comandamento dell'amore, che poi ritroveremo nel vangelo di Giovanni, è Amatevi l'un l'altro come io ho amato voi. Ma questo è l'insegnamento per la comunità giudaica.
Allora lo scriba disse: “Hai detto bene, Maestro”. Stranamente lo scriba, quando si è rivolto a Gesù, non lo ha chiamato Maestro, ma lo chiama così solo adesso, perché ora si riconosce nel suo insegnamento. Quindi è uno scriba di grande apertura. “E secondo verità che Dio è unico e non vi è altri all'infuori di lui”.
“Amarlo con tutto il cuore, con tutta le mente e la forza, e amare il prossimo come se stessi”, ma ecco l'apertura dello scriba., “val più di tutti gli olocausti e i sacrifici”.
Quindi questo scriba ha compreso quello che già il Signore aveva annunciato attraverso i profeti e che viene formulato attraverso i profeti. Nel libro di Osea dice: “voglio amore non sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocausti”.
Il Signore vuole l'amore, non tanto verso sé ma verso gli altri. Mentre i sacrifici sono rivolti al Signore. Quindi lo scriba arriva a comprendere tutto questo. E allora Gesù, vedendo che aveva risposto saggiamente, gli disse: “Non sei lontano dal regno di Dio”. E' un invito che Gesù fa, quando vede che uno scriba, un uomo della legge, comprende che l'amore è la cosa più importante, più importante del culto , dei riti e dei sacrifici, pensa che possa essere una persona adatta e disposta ad accogliere la novità del regno di Dio.
E quindi Gesù implicitamente gli fa un invito “Non sei lontano dal regno di Dio”. Ma per entrare nel regno di Dio ci vuole la conversione. Gesù aveva detto “Il regno di Dio è vicino, convertitevi e credete al vangelo”. Quindi Gesù lo sta invitando a far parte di questa nuova realtà. Ma non c'è nessuna reazione da parte dello scriba.
Non accoglie l'invito a far parte del regno. La sua era soltanto una domanda teorica, un'opinione scolastica, teologica. Rimane all'interno della sua tradizione, senza alcun desiderio di novità. La sua era soltanto una questione intellettuale , ma nulla che riguardasse il cuore o la vita. Per lo scriba Gesù è un esperto da consultare per un problema tecnico, ma non una guida da seguire.
E la conclusione: nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo. E' la fine degli attacchi contro Gesù e adesso Gesù passerà lui al contrattacco.