sabato 16 giugno 2018

Il Vangelo con commento di domenica 17 giugno 2018.

Panoramica su Levico Terme. 
Gesù è contrario a tutte le guide spirituali, a questa tendenza di farsi guidare da qualcuno, o a delegare a qualcuno il proprio movimento, il proprio modo di comportarsi.
E chi fa il lavoro come Gesù chiede, deve soltanto diffondere il messaggio, ma una volta che il messaggio è stato accolto, basta! Non dobbiamo più intervenire nella vita dell' altro.

Il Vangelo e il commento nel seguito.

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 4, 26-34)

In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».
Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».
Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.

Il commento.

Gesù << diceva: <Così è il Regno di Dio: come un uomo che getta il seme sulla terra, e dorme o si alzi, di giorno o di notte, il seme germoglia e si sviluppa senza che egli sappia come.> >> (Mc 4,26-27) Gesù sta spiegando alla folla il regno (sono le parabole del Regno): il regno di Dio che non guarda all' aldilà, come una volta si pensava. Ma il Regno di Dio è questa società nuova che Gesù inaugura con la Sua persona, con il Suo messaggio: una realtà pienamente umana che ovviamente supererà la storia. Non sarà neanche limitata alla stessa, possiamo dire, dimensione terrena.
Ebbene Gesù parla del regno e la cosa curiosa, come abbiamo sentito nella prima parabola, è che, per parlare del regno, Gesù non adopera mai immagini prese dal sacro, dal culto della religione, bensì immagini che sono state prese dal mondo quotidiano. Dal mondo anche dei contadini, per una cultura contadina, com' era quella della Galilea: Gesù adopera questa immagine. Allora è curioso che, per parlare di cose importanti, Gesù  non adoperi mai gli schemi della religione, un linguaggio religioso, o immagini appunto prese dal mondo del sacro, del culto. Gesù sta presentando, adesso con questa parabola, l'aspetto individuale del regno: il Regno composto da uomini e donne che vogliono accogliere la proposta di Gesù. Allora accogliere questa proposta comporterà una trasformazione ed una crescita progressiva e continua della persona. E Gesù presenta questa crescita e trasformazione, attraverso la parabola di un uomo che getta il seme sulla terra e che, questo seme, fa la cosa più normale quando si semina. Cioè che trovata una terra che può accogliere questo seme, comincia a germogliare e nessuno si domanda il perché: è così che avviene.
Allora la semina (questo fatto abituale, tipico del mondo contadino della Galilea), il soggetto che la realizza in questo caso, si dice che è un uomo qualunque, e la qualità che viene esercitata non è tanto quella del seminare (non si dice "un uomo che semina"), ma "un uomo che getta il seme", come per dire che costui semina a spaglio: che getta e lancia questo seme in modo abbondante. Per la prima volta si parla di seme nel Vangelo di Marco, identificandolo anche, come già nel capitolo IV, con la parola, il messaggio di Gesù come quando ha spiegato la parabola dei quattro terreni, dicendo: la parola è il seme (Mc 4,14). Però adesso si parla di questo seme e la differenza (il fatto che un uomo getta il seme) di questa parola è che non è esclusiva di Gesù, ma toccherà anche ai discepoli, ai suoi seguaci, di fare questa diffusione della buona notizia, del Suo messaggio. E quando si getta sulla terra, allora il messaggio e' destinato a tutti, non è una terra particolare, ma tutta l'umanità potrà usufruire di questa proposta.
Per cui dice Marco, finisce il particolarismo di Israele, il Regno di Dio non si identifica con un popolo, una nazione in particolare, ma come una proposta di pienezza di vita che non conosce frontiere, che si rivolge a tutti. E l'attività di questo uomo è quella soltanto (interessante!) di "gettare il seme", e poi la vita di quest'uomo continua: <<...che dorma o si alzi>>  dice <<il seme farà il suo lavoro.>>  Per cui l' uomo non si deve preoccupare di altro, non deve intervenire, non deve andare lì ad indagare, cercando di scavare la terra per vedere se sta crescendo.
Quindi Gesù sta dicendo che la parola si identifica con la vita stessa dell' uomo: l'uomo è questa terra che accoglie la parola. Se questo viene fatto, subito la parola fa germinare, fa crescere la vita che è in quest'uomo. Quindi l'uomo ha garantita la sua crescita, la sua maturazione, quando noi accogliamo il messaggio di Gesù. Quando noi ci identifichiamo con questo messaggio, allora non si possono più separare queste due cose: l' uomo e la parola diventano una sola cosa (come questo seme che si intreccia con la terra e diventa una sola cosa con la terra stessa), e permette all'uomo (questo è importante!) di sviluppare le sue potenzialità. Il processo di crescita sfugge, dicevamo prima, alla conoscenza: "senza che l' uomo sappia come", è una cosa naturale. Succede così, ma nessuno si interroga come sta crescendo, già questa cosa è data per scontata. Allora è importante che nella comunità si sappia che così agisce la parola, nella vita di chi la accoglie: non ci vuole nessuno che stia ad importunare, a controllare, che stia a dirigere la vita di questa persona. Gesù è contrario a tutte le guide spirituali, a questa tendenza di farsi guidare da qualcuno, o a delegare a qualcuno il proprio movimento, il proprio modo di comportarsi. E chi fa il lavoro come Gesù chiede, deve soltanto diffondere il messaggio, ma una volta che il messaggio è stato accolto, basta! Non dobbiamo più intervenire nella vita dell' altro.
Per cui non ci vuole nessuno che guidi, che controlli, che diriga, ma ci vuole soltanto che questo seme trovi accoglienza nella vita di ogni persona, di fare proprio questo messaggio. Per cui è un processo di crescita nel quale nessuno può permettersi di intervenire.
Perché ogni intervento produce solo danno: se un contadino andasse a grattare sulla terra per vedere se il seme sta crescendo, sicuramente rovinerebbe la pianta stessa. Continua la parabola dicendo: <<automaticamente la terra porta frutto, prima poi lo stelo, poi la spiga, poi il grano pieno...>> (v28). Quindi la terra libera da ostacoli, accoglie bene la parola, garantisce che il seme possa dare le sue potenzialità. Quindi il seme agisce anche da catalizzatore delle potenzialità umane.
Vuol dire che quando noi accogliamo le parole di Gesù, il Suo messaggio, la nostra vita incomincia a svilupparsi in una maniera tale, che a noi ci sembra ancora difficile da capire, con un processo progressivo.
Qui si parla dello stelo, della spiga e poi del grano pieno. Questo comporta la piena maturazione della persona, non ci sono eccezioni quando uno accoglie la parola di Gesù: se questa terra lo rende capace di germinare, di crescere, la sua maturazione è garantita. E' uno sviluppo appunto graduale, ciascuno richiede il suo tempo: l‘assimilazione del messaggio non è cosa di un giorno come non lo è la trasformazione dell'uomo. Anche questo comporta un invito alla pazienza, dobbiamo aspettare che ogni persona, che accoglie il messaggio di Gesù, faccia il suo processo di crescita, senza imporre un ritmo determinato, senza violentare questo processo.
<<Quando poi>> continua Gesù <<il frutto si consegna, subito invia la falce perché è giunta la mietitura.>> (v29). Ecco, qui Gesù sta parlando di questa maturazione dell'uomo, della persona che ha saputo fare suo il messaggio. Questa storia della falce, della mietitura, non bisogna intenderla come un giudizio, come un momento di verifica, se non che la persona finalmente è pronta per essere come quel seme che si è trasformato in grano, e che poi si può trasformare in pane.
Cioè la persona è pronta già per dare vita, è pronta per lavorare per il regno, come Gesù chiede, dando vita agli altri, orientando tutte le proprie forze, le proprie energie, perché questa vita si possa diffondere e possa anche raggiungere altre persone. La mietitura in quella cultura contadina, era sempre un momento di grande festa, quindi noi non associamo la mietitura al giudizio, quanto al momento che già possiamo dire idoneo, opportuno, perché la persona possa date se stessa a favore di questo regno, di questa società nuova che Gesù inaugura.

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